AL LETTORE
PER INTRODUZIONE AL
MICROCOSMO DELLA PITTURA
L’AUTORE
Egli è talmente svogliato il gusto di chi legge, che fiuta a guisa di vivanda prima di leggere (non che il titolo) l’autore del libro, con far caso anche del semplice nome d’esso autore, e sovente il rigetta senza pure assaggiarlo, vuo’ dire senza leggerne, non che altro, intero il frontispizio. Ora che intraverrà a me (o discretissimo) che sono almeno per professione medico fisico, e mi son posto a scrivere di pittura? Certo che questa mia fatica verrà stimata come una vivanda da malato, cioè a dire sciapita e senza verun gusto. Ma vaglia poi il vero, che non corre fra il medico e’l pittore quella cotanta differenza, che potria forsi qualcheduno a prima vista dirsi a credere, posciaché la stessa medicina, e la pittura hanno di molta confacevolezza fra di loro. Prende il medico il corpo umano come sanabile; il pittore come pingibile; anzi oltre il soggetto hanno amendue commune il fine: il medico per conservare l’umana spezie, e’l pittore per maggiormente moltiplicarla coll’imitazione. Il pittore per esprimere gli abiti interni dell’animo n’impara i colori dalla medicina, e’l medico per rappresentare l’anatomiche dimostrazioni prende le linee, e le simetrie della pittura. Ma che più? Concorrono anche insieme nella medesima professione, cioè a dire nella fisionomia, mentre il medico ne tragge l’interno dell’umane inclinazioni, e talora il pittore ha dimostrato un ritratto così al vivo espresso, che il medico n’ha potuto traggere la naturalezza naturalezza del figurato.
Altre non poche convenienze potrei qui addurti c’ha la medicina, la quale arte muta si noma, con la pittura che pure muta poesia s’appella, se non credessi di recarti noia1. Solo concedimi, che intorno al particolare di me medesimo io qui teco così discorra. Chi sapesse [s.i.p] discernere quanto possa la simpatia degli uomini sopra le cose di natura, saprebbe ancora rinvenire la simpatia delle stesse cose infra di loro. Una pietra sola tiene lapidati gl’ingegni tutti in guisa, che prostesi al suolo non dovrebbero prendere ardire di sollevarsi per più contemplare le cose del cielo, come che sì poco comprendano quelle della terra. Questa nasce gravida di maraviglie, e col nome di calamita partorisce calamitadi alla messe degli umani pensieri in modo che restano egualmente atterriti, ed atterrati per non saper rinvenire la cagione ond’ella sì mirabilmente a sé tiri il grave del ferro, né comprendere come immota s’accompagni co’ moti della stella polare per regola de’ naviganti a reggere, e ben condurre i loro legni sui vasti e perigliosi campi del mare2. Alcuni de’ più famosi antichi mirando chiari gli effetti esterni, restarono come del tutto confusi per non intendere la forza delle recondite qualità. Ma vari moderni3 e più laudabili hanno risolutamente determinato ciò nascere da virtù occulta derivante dalla propria sostanza della calamita, ancorché mostrino altri diversi qualificati soggetti4 non acconsentire, stimando sentimenti di tal sorte superflue innovazioni. Ma sia come si voglia, certo è quello c’ha per prova la continuata evidenza, ed ora a me pare che potranno esser credute le cause occulte finché notificherà più eccedente giudizio quello che al presente non viene che imperfettamente dimostrato. Io però aderisco al parere de’ più saggi5 per riconoscere in tal caso l’oscurità assai più lucente della stessa non apparente chiarezza; mentre stimo per causa occulta qualità che operando di nascosto n’alletta, e con modo incognito di maniera simpatica a sé tira, e quasi ne violenta la materia del misto. Eccone del tutto l’esempio in chiaro nella propria mia persona, la quale, se bene mancante di cause sufficienti in ordine alla particolar professione, posso nondimento per vero asserire essere stato in ogni età straordinariamente nell’animo stimolato per l’osservazione della bella bella pittura; ed in fatti, o lettore, t’assicuro, ch’avrei come dato principio, altresì proseguito nella degna operazione, e mi sarei sin ad ora al pari dell’animo consegrato per vittima a virtù tanto famosa, e meritevole da me in estremo pregiata, quando fossi stato per la buona riuscita sufficiente; ma, fatto di già il paralello tra le molte scoperte difficultà di questa difficilissima professione, e i miei deboli talenti, ho riconosciuto come repugnante il sortimento eguale alla transcendenza del desiderio: e però se bene non poco lusingato, acconsendendo [s.i.p] nondimeno alla cognizione del ragionevole, ho lasciato l’attuale esercizio a persone più di me nell’operare disposte, come maggiormente spiritose, conoscendo a mio mal grado, che a tutti non viene concesso dal cielo i fini desiderati, e che d’ogni legno non si forma Mercurio, e così proseguendo in ordine a’ primi studi, non gran fatto alla pittura lontani, ho procurato in vari modi al meglio possibili sodisfare me stesso coll’applicazione di cose naturali, e benché ad altro applicato, portando però del continuo nell’animo come connaturali i gustosi talenti di questa virtù, non ho tralasciato in ogni tempo, e luogo di frequentare la pratica de’ buoni virtuosi, e de’ più eccellenti maestri di tal professione, e con esso loro allo spesso secondare, osservando col mezo della vista, come del discorso, la continuata avidità; e dopo avere scorso i luoghi più famosi e degni dell’Italia, e considerato le differenti e migliori operazioni, che si conservano al presente per trofeo, e maggior gloria di così pregiata virtù, pensarei mancare a me stesso, quando non procurassi a tutto potere di palesare sinceramente a’ gustosi della pittura i miei deboli, ma puri, ed affettuosi sentimenti, affine di rincontrare, se non l’intiera sodisfazione de’ particolari interessati, almeno della maggior parte de’ buoni e sinceri virtuosi, insieme colla desiderata verità.
So (ed è vero) che in vari luoghi publici si ritrovano pitture di rara bellezza, ed anco appresso a’ particolari opere molto eccellenti e pregiate, potendo pure della maggior parte testificare di vista, come appresso prencipi grandi d’Italia, e signori di vaglia; essendomi parimente noto quello che talora palesa la stessa sperienza, mentre benespesso le copie de’ quadri sortiscono indebitamente il nome d’originale, servendo ad esse l’oscurità, che portano seco annessi per lo più su l’asse dipinti di qualificato carattere per passare francamente al nome di buon maestro; e le copie dal tempo e diligenza accreditate, e per aver alle volte estinto il primario originale, o trasportato in parti lontane, ottengono il primo posto, ed anco ritrovandosi gli studi per lo più ripieni coll’opere di certi maestri, l’attività de’ quali per non aver occupato in alcun tempo luogo fuori della circonferenza delle proprie parti, in esse similmente il loro nome, come mal nato se ne muore.
Molti al certo vengono osservati gl’imitatori, e vari sono gli artefici degni in questa professione; ma tra quantità quasi innumerabile s’additano soli in essenza, e come singolari nella virtù, così impareggiabili [s.i.p] nel merito Rafaello da Urbino, Tiziano da Cadoro e Antonio da Correggio, e successivi ad un tal numero altri chiari e qualificati maestri, l’opere de’ quali in buona parte svanite, ed altre pur tuttavia se ne corrono del continuo alla total rovina, e perciò le più belle e ben conservate operazioni de’ migliori, che alla giornata si rappresentano all’occhio del riguardante, si riducono in fatti altrettanto diminuite di numero, quanto accresciute di pregio; ed opere di tal sorte appaiono poi sempre le rare, e più pregiate maraviglie della pittura, e fra le più qualificate dell’Italia quelle che al presente possiede il Serenissimo Duca di Modana, Prencipe singolarmente magnanimo e virtuoso, diligentissimo custode e primo protettore di questa nobilissima virtù, che per aggiungere continuamente al gran cumulo qualificata operazione, discernendo in occorrenza con straordinario gusto le vere bellezze, e le più recondite perfezioni, non tralascia mezo d’ogni maggior riconoscenza per ottenere l’eroico intento: onde non sia maraviglia, se in un tal luogo si vedono campeggiare l’opere de’ maggiori maestri della professione, ed anco le più esquisite; e tali dipinti non sono già soli quadri di teste, e di meze figure per l’ordinario sufficienti ad illustrare l’altrui radunanze: ma quivi si vengono a godere, con estremo contento de’ virtuosi, stupende composizioni di vastissime istorie, le quali contengono in copia figure per ogni parte come naturali. E chi sarà co’ gustosi sentimenti di bellissima pittura nell’intendere, che vi sia in un tal luogo tre grandi operazioni della maggior eccellenza d’Antonio da Correggio, ed altre più qualificate de’ primi e maggiori maestri di pittura, che non resti invogliato ed impaziente di sodisfare con tali, tanti oggetti il nobilissimo senso della virtù? Io per me confesso, dopo frequentata considerazione, scoprire mai sempre in opere tali la moltiplicità degli stupori, che soprafanno i sentimenti de’ riguardanti. E quando il delicato di gusto differente nel leggere questa mia fattica formasse opinione, che nel menzionare il singolar maestro da Correggio, ed altri primi, e più degni professori, forsi per la troppa diceria intorno all’opere di tal sorte n’apparisse di parziale l’indizio e quel vero, che solo pretendo palesare in ordine al giusto, e pura verità, fosse stimato per troppo ed iperbole, sappia che in tal caso, come fisico, non pretendo punto allontanarmi dalla meta del conveniente, e perciò il discreto virtuoso potrà, prima scoprire quello, c’hanno palesato vari scrittori di questi più famosi ed eccellenti [s.i.p] maestri della pittura, e poscia dopo aver ponderato i meriti dell’opere col debito rincontro ne dia la propria sentenza. Non avrà egli che dubitare di quanto li viene qui asserito, mentre siano le più degne difficultà di questa professione il far conoscere nelle figure di conveniente simetria l’espressione maggiormente propria degl’interni affetti in ordine a’ più scielti composti dell’umana natura, le dimostrazioni sopranaturali di lumi divini, gli splendori celesti, l’espressione dell’umanata divinità, l’istorie per ogni parte sufficienti, ignudi d’ogni sorte della più esquisita naturalezza, e paesi vari, vaghi e di piena verità, con animali di corrispondente perfezione. In altri luoghi, si può dire che la copia eccede d’alcuni principali maestri. Quivi però l’opere del divino da Correggio, e di Paolo da Verona trionfano al maggior segno nel numero, ed eccellenza, insieme colla qualità de’ primi capi, Rafaello e Tiziano, come anco d’altri non pochi degni successori. Ed in fatti non essendo che tali, non posso, né devo in questo caso in altra guisa manifestare il mio sentimento, stimando bensì affettato, e dal vero lontano chi a tanto merito contende i dovuti applausi, e posso affirmare con ogni sincerità aver ottenuto in occasioni diverse fortuna al genio uniforme per la vista d’opere dipinte da’ più eccellenti maestri, e non so aver incontrato pitture maggiormente qualificate, né ridotte con più gusto e perfezione di quelle che sono le più esquisite di Antonio da Correggio, ed a proporzione d’altri sopracitati maestri, e quando anco di tal sorte non avessi scoperto un commune sentimento de’ più saggi professori ed eruditi intelligenti, facilmente diffidando della mia debolezza, non avrei osato (ancorché difeso in buona parte da probabili ragioni) di far conoscere senza il consenso di buone autorità un così fatto sentimento.
So, per essere pianta sterile ed incolta, non potere in conseguenza riuscire se non privo de’ fiori di ben coltivate parole, mancamento in vero a’ nostri giorni tanto più considerabile, quanto maggiormente si riconosce all’ultimo segno di perfezione l’arte della bella dicitura; e perciò questi miei sconcertati accenti potranno facilmente offendere le temperate orecchie de’ più delicati ingegni. Al contrario non deve anche arrogarsi all’occasione impropria sufficienza, chi non ha fatto particolar studio in ordine alle regole della buona lingua, né tampoco far pompa del talento che non possiede. Stimarei però, quando non vada errato, scrivendo particolarmente a’ pittori, e a’ [s.i.p] discreti gustosi della professione, e non a’ correttori della stampa, e a’ particolari della pittura parziali, che quando si compiacessero di scorrere ordinatamente il tutto del Discorso (come gli prego) che fossero per assaggiare qualche frutto, contuttoché venga rappresentato dallo stile ordinario, che forsi in riguardo della novità, e più probabile opinione verrà a sodisfare in qualche parte l’intelletto del virtuoso.
Vari veramente hanno scritto de’ pittori, e anche di pittura, ma però a mio credere poco, e confusamente intorno a quei particolari, che professo accennare, dimostrandosi alcun di questi scrittori per lo più sospinti dalla brama eccedente di magnificare la virtù e i virtuosi delle proprie parti, i quali proveduti di sufficienza al proposito avranno forsi ottenuto di facile quello, che io per ogni parte lontano non posso, né devo sperare, perché, sì bene anco mi dassi a credere, come abituato in un tal connaturale affetto, cioè, che la mia patria fosse eguale, e maggiore di Cadoro, Correggio ed anco d’Urbino; non può però offuscarmi in maniera la traboccante affezione di questa il conoscimento, che non discerna, e non confessi ad un tempo gli stessi pittori di Forlì, ed anco di tutta la Romagna (benché alcuni siano riusciti nelle particolarità degni e considerabili) non essere stati in effetto di longa mano corrispondenti nell’universale della maggiore eccellenza di pittura, a’ primi capi, e più perfetti maestri, e perciò goda pure la singolar città d’Urbino con gli altri due fortunati luoghi il vanto sopra d’ogni altra più famosa città, per aver partorito al mondo come uniche madri i più singolari, ed egregi pittori, che ne’ tempi moderni, ed anco forsi negli antichi abbiano illustrato al maggior segno una tanta professione. E si concluda pure finalmente col dire, che mentre sia quella buona veduta, che per autorità del filosofo viene lo spettatore ad ottenere debitamente collocato dall’oggetto lontano6, la mia persona (con tuttoché per altro insufficiente) in riguardo nondimeno del ritrovarsi in debita distanza all’opere, e a’ paesi de’ più degni maestri, non dovrà co’ suoi disinteressati discorsi apportare sospetto veruno d’affettata parzialità, come quella, che il tutto non riconosce, se non con senso indifferente, e solo in ordine a quel tanto, che si manifesta alla vista dell’autorità, e dal ragionevole corroborata, affine di raccogliere per beneficio commune la pura e desiata verità; il che pare, che per avventura non si possa asserire di quegli scrittori, che già furono [s.i.p] improporzionati alla buona veduta, e come troppo vicini non hanno potuto, che imperfettamente distinguere l’opere ed i soggetti delle proprie patrie.
Accettarai dunque una tal fatica quantunque non sia, che improporzionata al tuo merito; se non per altro, almeno per la brama, che tengo sopra d’ogni altri di sodisfarti. Se vi scoprirai di molti errori incolpane più, che lo stampatore, me stesso, e quel fiero contagio, che in quest’anno co’ suoi rumori ha impedito il darci mano l’uno l’altro, e che con una cotal sbarra ha quasi anche questo mio mondo sbarragliato affatto.
Restami solo di soggiungere, che dovrai avvertire nell’opera, che quando si nominano gli antichi vengono intesi quelli della professione di pittura, che furono dagli Egizi primi inventori fino a quei Greci, che l’hanno restituita all’Italia, e da Cimabue fino a quelli dell’ultimo secolo essere detti moderni, e quelli, che furono dopo fino a’ pittori de’ nostri giorni, gli odierni.
E per fine restarai avvisato, che in tal occasione devi prendere le parole di celeste, immortale, divino, divinità, divinizzato e simili, attribuite a soggetti caduchi, come dette per appunto in proposito di pittura tutta finzione, e non mai per contrariare quell’infalibile verità, che io, come buon cattolico, professo, e confesso altrettando colla penna, quanto colla bocca e col cuore. Compatisci, e vivi felice.
DEL MICROCOSMO DELLA PITTURA
DI FRANCESCO SCANNELLI
LIBRO PRIMO
LA PITTURA A’ NOSTRI GIORNI SOPRA OGNI ALTRO TEMPO PREGIATA DAR MOTIVO A’ OGNI GUSTOSO DI TAL VIRTÙ A SCRIVERE PER PALESARNE A GLORIA DEL VERO I PIÙ ECCELLENTI MAESTRI DELLA MODERNA
CAPITOLO PRIMO
[p. 1] Fu sempre il proprio degli oggetti grandi e straordinari il rendersi cospicui e considerabili a soggetti anche talora d’infima capacità. E quello che non conosce gli estremi, e partecipandone non sente gli eccessi, ne sopravive come morto, quando non si ritruovi fra gl’infelici con sentimento depravato. Quindi è che il famoso Colosso di Rodi7 movea per se stesso immoto a’ passeggeri sensi di maraviglia, non potendosi celare gli eccessi a’ sentimenti, ancorché deboli ed imperfetti, e perciò gli efficacissimi raggi del sole vengono a communicarsi anco in qualche parte ne’ luoghi rinchiusi, e il gran rimbombo de’ suoni si rende parimente partecipe a’ sordastri e dormigliosi8. E se bene solo all’aquila, come ad animale più nobile e generoso, è concesso dalla natura [p. 2] l’affissarsi nel maggior lume, non vien denegato per questo ad altri, con tutto che vile, il raggirarsi intorno alla bellezza de’ lumi, conforme alla propria naturale inclinazione, e in quella già del tutto innamorato consumarsi9. Così è, chi non ha, né può dimostrare al mondo le forze ed i talenti degli uni, pare che non debba celare in occasione l’affettuoso e connatural genio degli altri.
Là dove io, sospinto da’ gridi della gloriosa pittura, non men che costretto dal proprio, benché debil talento, non posso non rivoltarmi, almeno con affetto ossequioso, alla considerazione di virtù al pari d’ogni altra celebre e sublimata, la quale scoprendosi giornalmente all’ultimo segno della più suprema gloria, rapisce anco gl’insensati, e parimente alletta soggetti ordinari alla sua osservazione, e fin ad ora so non esser mancati degni osservatori odierni, che pronti per natura, e spiritosi, non hanno tralasciato d’aricchirla in vari modi con dovuti encomi di lodi10.
Nientedimeno anco per rilievo di queste vivaci chiarezze fa di mestieri l’oscuro dell’altrui insufficienza, in quella guisa appunto, che la nobilissima virtù di comendata pittura campeggia a maraviglia col mezo di tale necessaria varietà, così talora mediante il nero delle mie imperfezioni verrà ad apparire perfettamente rilevata la risplendente chiarezza de’ più purgati spiriti, e l’evidenza di ciò verremo sempre maggiormente a conoscere, perché se bene in vari modi s’incontrino i debiti encomi vulgati per le carte, vedesi però alla giornata in guisa di fonte incessabile oltrapassare gli angusti limiti de’ fogli, avvengaché di già gravida la fama all’ultimo segno n’ha partorito per ogni parte effetti di maraviglia e di tal sorte che, nel considerarsi quello che dimostra a’ nostri giorni la stessa esperienza, pare non resti infine che il concludere una così pregiata virtù essere fra le cose rare più preziose, non mai a bastanza commendata, e di già divenuta non solo in quella maniera, che ne vantò a’ tempi andati la superba antichità per l’equivalenza dell’oro, ma resa impareggiabile, e sopra le più care, anco di vantaggio apprezzata11, si vede talora non senza maraviglia con tesori, e stati medemi contracambiata da Prencipe straordinario12, e anco sopra d’ogn’altro [p. 3] vivente dotato di prudente e generosa magnanimità, e però indarno bene spesso da’ mezani s’apprezza, e custodisce, perché resa nella sua gloria sommamente fastosa, sdegna per l’ordinario i privati ricetti, e coll’ali del merito se ne vola da se stessa a’ palagi de’ grandi, dove al presente l’opere più rare risplendono di continuo, come in proprio centro in guisa di risplendenti stelle, mediante l’eccellente vaghezza delle sue rare perfezioni, quivi del continuo sospendono egualmente col corpo anche la mente del risguardante, e vengono ad arrestarlo in modo che sequestrato, e già confuso, ed instupidito nel più cupo di violenta applicazione, è forzato a confessare opere simili di trascendenti prerogative quasi affatto divine, veramente degne d’eternità, richiedere infine luogo convenevole e proporzionato, e solo conservarsi da’ Grandi fra primi e maggiori tesori, e nella maniera che si ritrovano in esquisita eccellenza senza pari, e sempre stupende, dover esser parimente equilibrate con prezzo inarrivabile e supremo.
A questa gran professione, che oggidì è cinta di tanti lumi, non resta de’ tempi antichi altro che barlumi, che sono le memorie tramandate dagli scrittori13. Là dove, illuminati di riflesso, alcuni del secolo decorso non tralasciarono in trattando delle sue magnificenze di rappresentare ordinatamente i più degni e sublimi pregi, e considerandola con tal occasione fino da’ primi esordi la palesarono leggiadra imitatrice delle naturali perfezioni, e come tale asserirono che ella fino da’ primi antichi Egizi vantasse i proprio natali, ed in tal maniera in risguardo del primario oggetto e delle antichità, godesse degnamente fra le più nobili i meritati onori, e ciò stimano che allora venisse a dimostrare, quando che del continuo ricevea avantaggiati gradi di compitezza, in guisa tale che fu veduta al colmo della suprema perfezione ne’ tempi celebratissimi della stupenda pittura non meno d’Apelle che di Protogene, Zeusi, Aristide14 ed altri coetanei, che tutti fiorirono al tempo delle maggiori virtù, le quali risplendettero in un secolo felicissimo, che a perfezionarlo di fatto non mancò un Alessandro, prudente altrettanto, quanto magnanimo e grande, al comparire del quale come di fecondissimo sole s’animarono le virtù al più perfetto grado, e [p. 4] in modo che si può dire che egli n’apportasse all’universo il vero secolo dell’oro, non più per l’avanti osservato, e dopo da’ virtuosi in estremo compianto, e gustando in particolare tra l’altre virtù la stessa pregiatissima pittura, si vide nel medemo tempo perfezionata ed immortale15.
E così proseguendo, mostrano ne’ successivi secoli non restasse priva di simili ed anco più qualificati onori, massime nel tempo delle più famose magnificenze di Roma16, quando per dar saggio quei prudentissimi del gran concetto che avevano di professione straordinaria, volsero che fosse ricevuta nel primo grado dell’arti liberali, proibendo per pubblico editto l’incamminamento ed essercizio ordinario d’una tal virtù alle persone di mezzana condizione, dove pratticata solamente da soggetti per ogni parte meritevoli, fu ben presto nobilitata in maniera che venendo riconosciuti con istraordinari onori quelli che l’esercitavano, sentiamo perciò che da così degno esercizio ne traesse nome la famosissima famiglia de’ Fabi romani, per essere il primo di questi cognominato pittore, e nella professione eccellentissimo, e leggiamo essersi dimostrato cotanto ambizioso nella gloria di pittura, che dopo aver dipinte le pareti al Tempio della Salute n’inscrivesse in un tal luogo il nome, come quello il quale, con tutto che dotato d’ogni sorte di nobiltà e virtù militare, stimava però anco accrescere splendore ed ornamento alle romane grandezze il lasciar viva la memoria d’esser stato eccellente fra’ professori della pittura. Altre mille encomi si raccogliono della pittura in risguardo degli eminenti soggetti dell’antichità, come regi, imperatori ed altri, che l’essercitarono in quei tempi17, e tralasciandosi, come per ogni parte noti simili motivi, proseguiron col dire, che giunta al sommo delle maggiori sublimità, né restando conforme all’ordine solito di natura che la declinazione, per soggiacere non poco all’umane vicendevolezze, dimostrano che ricevesse dalla guerra e dagli altri disgraziati accidenti la distruzione, la quale sicome non tralasciano gli scrittori mentuare, non mancano anco del pari ridurre alla memoria l’origine e vero rinascimento all’Italia di questa nuova ed immortalFenice18, che mediante gl’ingegni della Toscana stimasi [p. 5] dalla maggior parte rigenerata.
COLL’ESEMPIO DEL MICROCOSMO DELL’UOMO DIMOSTRARSI L’ALTRO DELLA PITTURA, E FRA LE PARTI PRINCIPALI ESSER SOMIGLIANTE AL fegato RAFAELLO, AL core TIZIANO, E AL cerebro ANTONIO DA CORREGGIO
CAP. II
[p. 11] Per dar a conoscere le buone e differenti qualità che si possono considerare ne’ particolari dipinti, come in un gran corpo di pittura, e far scielta delle più degne e maggiormente adeguate, vagliami l’occasione analogica del perfettissimo Microcosmo dell’uomo, il quale se bene in ordine ad un tall’essempio non si scopra al minuto ogni determinata parte con la stessa puntuale situazione, riconoscerà però lo studioso assai chiaramente nel nostro Microcosmo della Pittura le prime e più nobili parti, che vengono a dar con la forma il nutrimento, la vita e l’intelligenza, come il senso, moto e conservazione, ed altri effetti di successiva corrispondenza, e tutte insieme concorrere all’adequato compimento d’un tanto composto19. Diremo adunque di mostrare concordemente i dotti naturali il fegato col core e cervello ottenere nel Microcosmo dell’uomo, come parti più degne ed eccellenti il principato, per derivare da questi principi, come da vera fonte, la virtù del nutrimento, calore ed intelligenza; e benché oltre le dette parti, altre diverse ancora si manifestino di considerazione, le quali mai sempre riescono alle prime inferiori, e devono ragionevolmente ad esse soggiacere, come derivanti ed inserventi, così del pari per certo penso che non sia persona mezanamente erudita di questa professione, che non conosca e confessi, in occasione del fabbricarsi l’immenso corpo d’una tanta virtù, al segno della maggior compitezza esser concorso l’esattissimo Rafaello in guisa di parte primaria, [p. 12] e come per appunto nel corpo umano lo stesso fegato, perché di già ritrovandosi l’essordio di bonissima disposizione, non mancò fra l’altre cose sciegliere di vantaggio con ogni possibile diligenza, per studio molto a se stesso confacevole, le perfette reliquie dell’antichità.
O come bene s’addatta al dignissimo Rafaello la somiglianza del fegato nel Microcosmo della Pittura! Il fegato, già ottenuta la formazione de’ primi lineamenti, riceve poscia dal sangue della madre il compimento e perfezione del suo essere; e Rafaello tragge dalla madre antichità, come da vene a pro della pittura per confacevole umore la sostanza del sapere. Il fegato succhia da’ prefati sangui la parte più sottile e proporzionata; e Rafaello cava a proporzione dalla durezza de’ sassi e bronzi nelle statue il sottile e delicato dell’artificio, tracangiato nella propria delicatezza di buona pittura. Il fegato, quindi formato e riformato che ha se stesso, serve di fonte per tramandare il sangue a tutte l’altre membra del corpo, e con esso gli spiriti necessari; e Rafaello col di suo straordinario giudicio e continuato studio, compisce in se stesso la vera forma del ben dipingere, e mediante l’opere sue in guisa di prima scaturiggine, e buona minera participa incessantemente agli altri pittori la sostanza più convenevole, con lo spirito annesso del perfetto modo d’operare; e però con gran ragione dovrassi determinare per degna parte primaria, nella maniera che vien riconosciuto in fatti per tale dalla commune de’ buoni intelligenti, et anco seguito et immitato in varie parti, massime nell’alma città di Roma, dove persiste di così rara sostanza il maggior tesoro, in modo tale che quivi si viene continuamente a conoscere aver il proprio seggio con la virtù parimente la frequenza de’ buoni virtuosi, che vivono applicati con particolar gusto a questa dignissima professione. E se bene venga come ad un tempo a principiarsi il fegato insieme coll’altre parti conforme a quello che n’attesta maestro sempre grande, il quale primiero si dimostrò studioso degli effetti dell’umana natura20, dopo però altri maggiormente versati nella prattica [p. 13] dell’anotomiche dimostrazioni hanno chiaramente dato a conoscere con la ragione e chiara evidenza che il fegato, per essere il primo a ricevere la più immediata sostanza delle viscere materne, pria nodrito, communica poscia al core, ed egli al cervello, et in un tal modo non cessa di participare ad amendue il nutrimento21, et insieme con l’altre viscere principali lo spirito e calore per la conservazione del nuovo composto. E sicome il core non resta dopo aver ricevuto l’umore dal fegato di perfezionarlo e d’accrescerlo coll’eccedente calore degli stessi spiriti vitali, così parimente si dà a conoscere lo spiritoso Tiziano , come proporzionato a viscere di tanta eccellenza, che per aver ricevuto in parte da questo fegato e da vari coetanei ed antecessori diversi buoni alimenti, per i cui mezi invigorita la natura del proprio composto, poté poscia dimostrare effetti gagliardi e straordinari di più vigoroso spirito, e rilevante attività, di maniera tale che in quella guisa che vien riconosciuto il fegato per la vera prima fonte del nutrimento, così il secondo, formato di più intense qualità, e d’effetti se non megliori d’origine, e sodo principio almeno di particolarità eccedenti et assai più uniformi alla vera naturalezza, e sicome persiste il core parte principale dell’uomo, e vera origine del calore e della vita, così vengono, del pari gli effetti d’una tal parte sempre maggiormente a dimostrarsi nel mentoato Tiziano , il quale con la forza del più natio colore, e vera imitazione, che in qualunque altro tempo venghi osservato de’ corpi naturali, ne fa derivare la vita di questa professione, fondata sopra la più gagliarda e vera maniera, che fa vivere continuamente l’unico modo di ben dipingere, non meno per vivificare sé stesso, che rendere gli stessi seguaci vitali e famosi, i quali in forma di ramuscelli riuniti coll’imitazione al primo tronco e real radice vitale, pare non possino che restar animati mediante una tanta maniera, e quelli, che pe’l contrario si ritrovano separati non participanti dello spirito e vita di così eccellente operazione, restano languidi e perduti; dove al presente per far palese al mondo un tal centro e core di pittura, non credo farà di mestieri il dilongarmi di [p. 14] vantaggio per rimostrare quel vero, che di già vien supposto a tutti palese, il quale in riguardo delle singolari, e come animate sue operazioni, che sono sopra l’altre moventi e vivificanti, fanno perciò vivere alla posterità in ordine alla loro suprema eccellenza la dignissima pittura, dal cui valore avendo participato eccellente forza, e più vivace spirito, durerà per consequenza nella memoria de’ mortali quanto la gran naturalezza dell’opere e la fama di queste restaranno al mondo per attestazione di virtù rara ed immortale.
Che poi insieme col fegato e core venga ancora il capo mediante il cervello a sortire condegno il principato, pare che in ciò non sia difficoltà di momento, ma venendosi all’odioso paraggio fra di loro per far scielta della principalissima, sentiamo il filosofo22 con opinione assai radicata dimostrare che debba ad ogni altra parte soprastare il core , come fonte del calore e della vita dove, seguito da buon numero di straordinari soggetti, hanno dimostrato non curando maggior evidenza d’approvarlo per attestato d’infallibile verità. Contuttociò ritrovasi finalmente meglio scrutinato da più reali osservatori23 dell’umana corporatura, che determinarono con la ragione e chiara evidenza esser in tal caso più nobile e principalissima quella parte, nella quale si manifestano gl’instrumenti maggiormente immediati per l’operazioni sopra dell’altre nobili ed eccellenti, che sono le ragionevoli, al cui ministerio concorre col sangue dello stesso core parimenti gli spiriti vitali in servizio di più degno composto, cioè degli spiriti animali24, instrumenti maggiormente immediati dell’intelligenza, i quali perfezionano il capo e poscia le parti degli stessi sentimenti25, alle quali successivamente si diffondono e vengono, come in istante, a communicare in ordine alla loro disposizione il senso e moto, e perciò così degna parte in certo modo divinizzata, come real stanza delle più degne e sopra naturali operazioni, sarà per conseguenza anco sopra l’altre tutte meritamente principalissima, et a questa nobilissima parte dell’instrumento dell’intelligenza non sarà che molto uniforme l’unico pittore [p. 15] Correggio, il quale con tutto che in effetto non fosse che un chiaro sole di pittura, non conobbero però a’ suoi giorni i raggi di così risplendente virtù, in quella guisa, appunto, che molti per altro dotti, insieme con lo stesso filosofo26, stimaranno non fosse dalla natura composto il cervello, che in ordine al solo refrigerio del core; giudicarono altresì imperfettamente gli scrittori, e coetanei dello stesso pittore da Correggio, mentre a quei giorni non fu dichiarato che considerabile in risguardo di qualità anco debili della particolar maniera del proprio dipingere, essendo in fatti quel singolar maestro ch’è stimato a’ nostri giorni da migliori intelligenti, e più degni professori mediante le di lui come sopranaturali operazioni degno al pari, e forsi sopra d’ogni altro di lode, ed immortalità, se bene per esser vissuto come particolar essempio di soggetto più disgraziato, i propri paesani e circonvicini, come privi della cognizione di pittura, non lo videro che coll’occhio di poca stima, et in tal modo non conoscendo che le parti puramente superficiali, vennero a stimare ignobile e vile quella parte, che con gli effetti di suprema e non intesa virtù dovea in breve tempo tramandare, come da scorza stimata vile, l’interna sostanza, che al pari del nettare o d’altro celeste liquore potè dopo, mediante la vista, inebriare i sensi de’ maggiori professori e mantenerli non poco nell’estasi della maraviglia, attesoché furono anco in breve riconosciuti a proporzione gli effetti come divini di così eminente soggetto, et in guisa del capo dell’umano Microcosmo il vero seggio delle più eccelse operazioni, dove si ritrova del pari contribuire Rafaello il naturale alimento di ben fondato sapere, mediante il quale scopronsi invenzioni d’istorie straordinariamente rappresentate e disposizioni spiritosamente rare, con attitudini insolite e stupende, ed immediatamente Tiziano lo spirito con forza e gagliarda naturalezza, accoppiato a fiero ed impetuoso moto, tali ed altre simili qualità, talvolta in parte eccedenti, et anco in qualche maniera mancanti si ritrovano dalla temperie di così egregia parte esattamente represse ed attemperate. E ponderata, come si conviene, opera tanto [p. 16] eccellente, viene a dimostrare una tal verità, che divinizando, medianti qualità impareggiabili, palesa con insolita gloria, non solo la puntuale espressione di bellissima naturalezza, ma la stessa bella idea di più degna pittura, dove si può dire per una tal formazione essersi distillati come per lambicco gli spiriti più rari, che sono i puri estratti, e vere quinte essenze di bella e buona pttura e gli effetti di così eccellente e soprafina operazione potremo riconoscere di vantaggio ogni volta che essaminaremo il particolar modo, col quale i più degni maestri palesarono, al sentimento di Giovanni Paolo Lumazzi, le maggiori eccellenze della pittura. Posciaché, egli racconta «che per acquistar gloria Tiziano e gabbar gli occhi de’ mortali, poneva più chiaro che non è la luce, e così nell’oscuro suo contrario, sì come Michelangelo nel rilievo de’ muscoli e ne’ corpi, che la natura aveva assottigliato, come di Cristo, e simili»27. Quindi appare che mediante un tal artificio abbia dato sopra d’ogni altro a conoscere saggio di buona prattica, e gran fondamento dell’arte. Nientedimeno considerandosi il tutto più adeguatamente, ritroveremo poi sempre più compito e perfetto l’artificiato composto, che espresso esattamente dentro a’ limiti della pura naturalezza non fa conoscere eccedenza di veruna sorte, quali sono le singolari operazioni d’Antonio Allegri da Correggio e questa verità, come scordato del proprio detto, mostrò parimente autenticare il medemo Lumazzi, quando disse in tal proposito, «che Rafaello per aver con avantaggiata prudenza ascoso molto più l’arte ne’ suoi dipinti di quello avesse fatto il Bonarota, aveva perciò dato sicuro contrasegno di più fino artificio»28 essendo in effetto sempre vero, che tanto è meglio il dipinto, quanto maggiormente si ritrova uniforme e simile al bello di natura. Ond’è, che le stesse più degne azioni dell’uomo, come molto sensatamente lasciò scritto il dottissimo Castiglione29, riescono sempre più riguardevoli, e belle, quanto maggiormente sono riconosciute lontane dall’affettazione dell’arte, ed in fatti riescono quelle fra l’altre, che vengono espresse con moderanza, facilità e gloria, e come egli dice con sprezzatura, la quale, con [p. 17] tuttoché in se contenga eminentemente il tutto dell’arte, asconde però l’attuale artificio in modo che mostra esser il tutto con innata facilità, quasi senza pensarvi, e da se stesse, e (per dir quello che sentiamo all’improviso esprimere da coloro che vengono ad incontrare soggetti talmente alla natura et all’occhio proporzionati) sono così belli, che sembrano mandati dal cielo. E di tal sorte di rappresentati pare che insieme con la vista virtuosa goda parimente ogni altro spettatore, e questo si può facilmente credere in riguardo della simpatica inclinazione di natura, la quale uniformando in quel punto simili oggetti al proprio gusto, gode perciò in estremo di restar ingannata, e riescono anco a’ professori ordinari così grati alla vista, che nel gustare opere tanto confacevoli, mediante un’intensa osservazione, come se in un tal punto fosse in essa tracangiata la medema virtù, s’immaginano pure di potere nello stesso tempo esprimere opere così facili ed eccellenti, e così ne segue per l’ordinario al professore il profitto dall’osservazione d’opere tanto eccellenti, come la perdita dalla vista di quelle che si ritrovano espresse da gusto sconcertato, e sono veramente dipinti affettati ed imperfetti. E l’opere in fatti de’ primi e maggiori maestri sono quelle, fra l’altre, che palesano a’ nostri tempi, sopra altre non poche compitezze, quella tal sprezzatura30 che fa conoscere essere realmente il bello e buono in eccellenza. E però dirassi col soprascritto Castiglione essere la vera arte quella che il tutto contiene in eminente grado, senza punto dimostrarsi; e sicome l’uomo dotato di buona corporatura e migliori costumi non deve in altro porre maggior studio, che nell’ascondere l’arte delle proprie azioni, così del pari l’adeguato imitatore dell’opere di natura, attesoché venendo poscia scoperta disgraziatamente e con affettazione, leva il credito e fa l’artefice poco stimato. Dove Antonio da Correggio (come i suoi dipinti ne vengono a dimostrare) è stato di tale e tanta eccellenza, che con modo d’insolita e più fina operazione ha saputo temperare per ogni parte i viziosi eccessi, e comporre soggetti di così esquisita naturalezza, animati dal più vivo spirito [p. 18] d’allegrezza, dolore ed a proporzione d’ogni altro più proprio affetto, con tanto di gloria e natural facilità, che agevolmente si può credere sia stato quello fra’ moderni più eccellenti di pittura, che ha colpito maggiormente il bersaglio della bella naturalezza.
Dimostrano parimente i fisici31, che sia il cervello membro nobilissimo e maraviglioso nell’umano Microcosmo per contenere dentro a se stesso i ventricoli e stupende cavità, et in questi la prodigiosa fabbrica di quella rete, che in risguardo degli effetti riconosciuti da’ più dotti partecipi di divinità viene communemente per mirabile e stupenda denominata; nella quale si fabbricano gli spiriti per l’intellezione, quando non vogliamo dire che di vantaggio si venghino a perfezionare gli stessi vitali, i quali poscia coll’artificio e lor rara temperie si rendono convenevoli per immediati mezi della ragione. In modo tale che sopra le sufficienti dimostrazioni il raro composto di questa parte, come sopranaturale, dimostrando la chiara evidenza del fatto, non lascia occasione di contrastare il primo e supremo merito a così nobile e qualificata parte. Concorrono anco del pari corrispondenti operazioni nel gran soggetto di Antonio da Correggio, come in vero capo del Microcosmo di Pittura; e da chi osserva egualmente le parti più recondite di maggior virtù e maraviglia, si riconoscono con simili parti anco gli spiriti del più sublime sapere. Eccoti in questo proporzionato capo di pittura per le già dette stupende cavità le corrispondenti due cuppole espresse maravigliosamente nella città di Parma; e se il virtuoso desidera vedere la rete mirabile, e la fabbrica del supremo intendimento, potrà osservare la maggior cuppola del Duomo, che in questa ad una sol veduta verrà tantosto ad iscroprire in eccellenza epilogato ciò che in altre parti è stato da’ migliori maestri disperso, ed era ben di dovere che la parte fabbricata in ordine al motovirtù, e perciò ella, oltre il ritrovato di straordinaria espressione egregiamente disposto, et il far conoscere l’attitudine di stravagante ed insolita bellezza [p. 19] con le parti al tutto corrispondenti, dovendosi rendere a proporzione agli altri suprema in così gran corpo di pittura, diede a vedere in un tal composto benissimo espresse le più disastrose difficultà le quali con tutto che riuscissero pe’l passato per lo più insuperabili e repugnanti, quivi animate con suprema intelligenza le cose, che per l’avanti et anco dopo non furono rappresentate da’ professori, si può dire che l’unico Antonio Allegri abbia espresso con divina idea quello che nemmeno fu concepito dall’umano pensiero.
E nell’altra cuppola, o cavità, detta di S. Giovanni pare che s’osservino conservarsi le spezie più adeguatamente formate dalla stabilita bellezza, come nel vero erario di proporzionata memoria.
E desiderando lo stesso studioso similmente come al vivo godere di stessi annessi sentimenti, che sono nella principalissima parte di questo mistico Microcosmo di Pittura senza punto allontanarsi dalla detta Lombardia, potrà sciegliere cinque principali tavole dello straordinario maestro a’ stessi sentimenti corrispondenti, e fra queste non manchi ricorrere immediatamente coll’occhio per moltiplicare a maraviglia la vista alla tavola del Serenissimo Duca di Modana, che esprime stupendamente l’istoria della Natività di Cristo, e nello scoprire tra l’altre singularità d’artificioso componimento un raggio più puro di raffinato sapere che rende la notte chiara e l’ombre luminose, e con didivine vine rappresentazioni e celesti apparenze, come animati i medemi splendori, avrà occasione di riconoscere in chiaro il primario e più nobile sentimento della vista.
Et in un tal luogo rimirando parimente la bellissima tavola, e varia detta di San Pietro Martire, e sopra non poche singolarità egregiamente espresse, nel riconoscere in questa tremenda operazione la carne al vivo palpitante, come animata da più veri spiriti muovere ad un punto l’immaginazione al desiderio del tatto, sarà verisimilmente creduta per lo real senso del tangibile, et in somigliante modo essaminate l’opere di questo supremo maestro, a proporzione [p. 20] scoprirà mai sempre da questa mirabil parte esser derivato il sommo della perfezione nella pittura, avendo in fatti accresciuto supreme qualità, però meritamente dovrà prevalere come parte più nobile e principale intelligenza di così degno artificio.
Veda pure l’intelligente, e poscia ne dia il giudicio, perché riconosciuta in fatti una tal realtà, non ardirà come altri divulgarla, con modi indecenti et impropri, mentre stimarono solo convenire l’osservazione e lode ad una tal gloria, e particolar formazione de’ capegli et a simili inferiori qualità, tralasciando nel silenzio i veri stupori che danno in ogni tempo a conoscere chiari effetti di poca gratitudine verso la virtù di un supremo pittore, et anco di non aver veduto bellezze in estremo manifeste, quando offuscati nella mente dal continuo affetto e particolar passione, non abbiano ingiustamente operato contro alla ragione et alla stessa verità; dove defraudando per ogni parte al merito, non hanno lasciato a’ posteri che memoria di confusione.
Ma taccia pure le lodi meritate dal gran Correggio autore d’eccedente affettazione, e nella pittura d’imperfetto e vacillante giudicio, accioché non perdano di credito gli effetti indubitati di così chiara virtù, perché comparendo fra dubiosi racconti32 il vero espresso, non potria che rendersi difficultoso ed incerto, e perciò prevaglia pure meritamente a tutte l’improprie descrizioni ed imperfetti racconti l’autorità e testimoni d’ogni eccezione maggiori, quali sono quelli del celebratissimo Tiziano, lume principale e fra tutti sommamente meritevole nella professione della pittura, che accoppiato al molto conoscimento di Giulio Romano potrà illuminare, ed eternare il tutto, attesoché eglino dopo longa e repetita osservazione già ritornati, come dal ratto, e molto intenta applicazione d’artifici quasi divini, si raccoglie da sicura tradizione, concludessero infine aver un tal Semideo con la propria sua straordinaria virtù oltrepassato le migliori operazioni, dimostrando l’opere di questo supremo artefice per le rare maraviglie della professione fino a quei giorni [p. 21] non vedute, e solo doversi ammirare per l’ultimo termine della più esquisita bellezza, ed essere come repugnante non poco il giungere al segno di tanta sublimità; onde i gustosi e gli stessi professori della pittura fondati nell’autorità di tanti e tali maestri non mancarono, ed anco continuamente non cessano d’incontrare con la vista oggetti di cotanta bellezza, venendo sempre ad iscoprire con senso assai più di quello che n’apporti la fama col grido, perché in effetto convengono in buona copia, ed in particolare quelli di migliore e più purgato intendimento, in palesare tali dipinti pe’l non plus ultra della professione; et in ordine a così degne autorità predicano incessantemente queste operazioni impareggiabili.
ALLE TRE PRIME AGGIUNGERE I MIGLIORI FISICI PER LA QUARTA PARTE LA FACULTÀ GENERATRICE, CORRISPONDENTE, ALLA QUALE SI DIMOSTRA ESSERE NEL MICROCOSMO DI PITTURA PAOLO DA VERONA, E NON RITROVARSI ALTRE PARTI, CHE IN ORDINE ALLA CONFUSIONE DEL COMPOSTO
CAP. III
[p. 22] Alle tre prime e più nobili parti dell’umano composto aggiunsero già i prattici ed eccellenti investigatori de’ più degni parti della natura con buone e fondate ragioni, anco la quarta, che stimarono essere fra l’altre quella ove risiede la virtù genitale33, la quale ancorché non si ritrovi nel tutto, al pari dell’altre tre, nobile e necessaria, in riguardo però degli effetti stupendi che da questa riconoscono derivare, dichiararono meritamente una tal virtù generatrice dopo l’altre tre sopra d’ogni altra la più immediata e susseguente. Il che similmente vien riconosciuto con egual sorte da’ buoni intelligenti di pittura, proporzionatamente nel qualificato e straordinario Paolo da Verona, fra copia di soggetti, che furono nella professione della pittura non poco laudabili ed eccellenti, la cui compitezza e multiplicata virtù fa conoscere chiaramente un tanto soggetto per vero propagatore della pregiatissima pittura. E sentimento di tal sorte pare che alla giornata sia come indubitato appresso alla maggior parte degli eruditi e saggi professori che hanno a sufficienza osservato coll’occhio di buono e sincero giudicio l’opere copiose ed eccellenti di questo gran maestro, il quale in effetto con la sua dotta, facile e multiplicata operazione si palesa molto eccedente ed abbondante dell’opere, come delle più eccellenti qualità di pittura, dandosi [p. 23] a conoscere per lo più ne’ propri dipinti così compito in ogni parte che mostrano in ogni tempo accoppiata a ricca e bella invenzione la facile e rara naturalezza, nel che si rende facilmente anco ad ogni altro nel proprio merito pareggiabile, osservandosi con talenti sommamente qualificati e supremi conservare ed aggrandire sopra d’ogni altro il dignissimo Microcosmo di Pittura, e però verrà degnamente acclamato fra numero quasi infinito di buoni professori il solo Paolo da Verona, come quarta parte fra le principali di tanto composto.
E sicome in oltre si ritrovano diversi filosofanti, che procurano molte volte dimostrare con superflua sottigliezza novità insolite, e fuori del ragionevole, per l’ordinario abbondando nel proprio senso e gusto, che si conosce imperfettamente purgato, i quali pur tuttavia non mancano oltre le già dette prime e maggiori parti, aggiungerne parimenti altre diverse senza il debito fondamento di ragione; in somigliante modo ancora fra gli stessi professori e gustosi di pittura, alcuni si dimostrano tal volta di genio e sentimento diverso alla commune de’ buoni e sinceri intelligenti, resi di soverchio parziali del proprio affetto, e pare che non cessino anco di seminare varie, differenti e nuove opinioni, et in una tal guisa accrescono, come a caso, la multiplicità de’ pareri, i quali affinché non confondano l’ordine convenevole del nostro Microcosmo di Pittura per esser di già a sufficienza formato, ed assai ragionevolmente stabilito, medianti i veri e sodi fondamenti delle prime più degne e necessarie parti, per maggiormente confirmarlo resterà in tal caso l’incontrare la diversità di quelle opinioni, che per lo più si ritrovano casualmente divulgate, accioché si possa finalmente conoscere, che dopo varie agitazioni e multiplicati contrasti, che vengono bene spesso ad eccitarsi da flutti di contrarie opinioni, deve poi meritamente trionfare in ogni tempo l’immutabile del vero.
E però dovendosi investigare con dovuta sincerità i primi veri capi, che furono in fatti agli altri tutti supremi, per levare ogni dubbio di confusione da corpo così degno, stimo [p. 24] in tal proposito molto conveniente il dimostrare con ragionevole eccedenza non ritrovarsi sopra i tre sopracitati primi capi, e quarto susseguente, altro equivalente soggetto nella professione di pittura, che in effetto si palesi col mezo dell’opere per ogni parte eccellente, e di merito eguale per essere veramente quelli supremi maestri, i quali col moto delle di loro eccedenti e copiose buone qualità alimentano a’ nostri tempi, e vivificano ed insieme danno intelligenza e mantenimento alla gloriosa professione, e tali sono gli effetti delle supreme operazioni non meno di Rafaello, Tiziano e di Antonio Allegri da Correggio, che del susseguente Paolo da Verona: e se in oltre verranno osservate da’ studiosi e dotti34 le qualità considerabili ed eccellenti, come tali però per lo più nel tutto, e tallora in parte si scopriranno a’ primi e maggiori maestri inferiori, e come s’è detto, benespesso da primi derivanti et ad essi inserventi, che furono in effetto prima e maggior scaturiggine del vero e sodo fondamento di buona pittura. Quindi è che non deve essere creduto superiore, nemmeno del detto eguale, chi non fu prima a conoscere, e di maggior intendimento, né riuscì in effetto di più esatta espressione, e perciò il quarto susseguente, e non altrimenti il primo, nemmeno ad essi del tutto eguale per non avere contenuto in epilogo il tutto dell’altrui adeguatezze, potendosi in oltre verisimilmente stimare, che abbia ricevuto dal maestro, e da buoni antecessori e coetanei la participazione ed efficace influenza della Tiziano e suoi antecessori; di maniera che discendendosi col discorso a più unita e forte riflessione per rintracciare più sicura probabilità, pare che non si possa se non concludere che egli in effetto non fusse a’ tre primi maggiore per non ritrovarsi il tutto delle maggiori qualità al pari de’ primi e supremi più universali ed eccedenti, attesoché se bene in facilità naturale con varia e copiosa invenzione si manifestasse come impareggiabile, con tutto ciò nel rilievo e maggior forza e naturalezza non fu che al primo Tiziano [p. 25] inferiore, come nella più fondata invenzione, disposizione e prospettiva con studio più compito a Rafaello, et in grazia, delicata unione con maggior compimento, e più bella idea nel tutto, e parte in paragone di Antonio da Correggio ritroverassi mancante. A questi però meritamente susseguente si dovrà per ogni rispetto stimare, e non maggiore, ne meno del tutto eguale.
COME SI DEBBA INTENDERE IL SENTIMENTO DELL’ARIOSTO, DEL TASSONI, DEL CAVALIER MARINI E DI GIOVANNI PAOLO LUMAZZI IN ORDINE ALLA DIMOSTRAZIONE DE’ PIÙ DEGNI PITTORI, E ESSERE POI SEMPRE I TRE PRIMI E QUARTO MENTUATO I PRIMI ELEMENTI NEL MICROCOSMO DI PITTURA
CAP. IV
[p. 26] Già posti i veri fondamenti, che con le debite perfezioni mostrano comporre e conservare il vastissimo corpo della rinomata pittura, intanto per istabilirlo di maggior permanenza stimo molto opportuno in tal coniettura l’incontrare di buona voglia ogni machina, che gli studiosi potessero in tal caso apportare con ragioni ed autorità per indurre sconcerto a quello che fin ad ora abbiamo ragionevolmente stabilito. Dove per conoscere la diversità de’ soggetti e ’l maggior numero, ritrovaremo con apparente consenso anco l’autorità de’ più dotti e famosi moderni, e come primo ad autorizzare in tal proposito la suprema e varia sufficienza potrà essere il celebratissimo Lodovico Ariosto, che in occorrenza di palesare l’antico e moderno valore de’ maggiori virtuosi di questa dignissima professione, dopo aver fatto la debita rimembranza degli antichi, dimostra i più degni moderni col dire:
E quei, che furo a’ nostri dì, e son ora,
Leonardo, Andrea Mantenga, e Gian Bellino,
Duo Dossi, e quel, ch’apar sculpe, e colora
Michel, più che mortale, Angel divino,
Bastiano, Rafael, Tizian, ch’onora.
Non men Cador, che quei Venezia, e Urbino35.
Ed a questo molto uniforme ritrovasi parimente l’eruditissimo [p. 27] Tassoni ne’ suoi pensieri36, quando ancor esso in tal proposito contrapone una simile differente copia de’ migliori moderni e più famosi antichi; così ancora il Cavalier Marini nel suo particolar discorso che fa di pittura, ed altri simili autori celebri ed universali, i quali se bene dimostrano fra di loro qualche diversità ne’ soggetti, tutti però concorrono nella maggior quantità, e quello pare che debba sempre maggiormente confirmare lo studioso nel sentimento contrario, sarà l’autorità degli scrittori particulari della pittura, massime di Giovanni Paolo Lumazzi e Giorgio Vasari. Il primo per aver formato l’Idea del Tempio della Pittura composto e sostenuto da sette colonne, equivalenti a’ sette maggiori maestri, ed a’ sette pianeti del cielo37; e similmente l’altro, che nel descrivere le vite de’ pittori fa conoscere, che Rafaello fosse più tosto inferiore, e seguace del Bonarota, e del Vinci. Quindi è che forsi sopra simili autorità venne fondamentata l’opinione altretanto celebre, quanto vulgare, che allo spesso si sente anche da persone per altro di buon giudicio, asserendo che l’eccellentissimo e supremo Rafaello per ispiegare i suoi voli alle maggiori sublimità rubasse l’ale a questo nuovo Dedalo.
Nientedimeno misurandosi il tutto più distintamente col compasso della ragione, ritrovaremo andar a voto quei colpi, che appaiono minacciar lo sconcerto al di già composto sopra il fondamento di buona probabilità, non essendo al di certo se non ombra di difficultà l’immaginarsi che il celebratissimo Ariosto venga in tal caso ad ostare a più particulare determinazione; posciaché egli non fa che al suo proposito conoscere i soggetti al mondo maggiormente famosi; e però non dovrà punto repugnare l’esserne riconosciuti altri anco differenti da chi viene ad osservare più al minuto, oltra i maggiormente celebri citati dal medemo Ariosto, come il ritrovarsi fuori del detto numero soggetto ad ogni altro eguale, e forsi migliore, che vien stimato il gran maestro da Correggio, il quale verisimilmente non vivea in un tal tempo, che a se stesso privo al solito d’ogni fortuna, ed intento come per necessità all’esercizio della professione, conservando la fiamma di tanta [p. 28] virtù non poco offuscata dal denso fumo del suo povero stato, e però anco incognita a’ primi letterati. Illuminava bensì in quei giorni ogni luogo la virtù eccedente del famosissimo Tiziano, ed altri dallo stesso Ariosto commemorati, ed egli in particolare venne in quei tempi assai più desiderato di quello potesse coll’opere sattisfare fortunatamente dipingendo a’ maggiori regnanti, con tutto che nella professione operasse del continuo per lo spazio circa d’un secolo intiero, e però non fu che facile ad esso autore la conoscenza di così famoso ed eccellente soggetto, massime in quel tempo che venne richiamato, ed assai trattenuto, nella città di Ferrara, degna patria di Lodovico Ariosto appresso il Magnanimo Alfonso, raro germoglio della Splendidissima casa d’Este, dove ebbe tempo d’aggradire al genio di tanto prencipe, il cui animo, come di tutta questa Serenissima prosapia fu in ogni secolo solo rivolto agli eccessi di quelle virtù, che hanno per propria meta l’immortalità, sollevando mai sempre con doni et onori i più degni e maggiori virtuosi: quindi non sia stupore se parimente Francesco d’Este dignissimo odierno Duca di Modana, operando per natura, mostra anch’egli in abbondanza simili gli spiriti, come propri e conaturali di questa antichissima Casa; e così Lodovico Ariosto favorito meritamente in quella Corte ebbe agio di conoscere ed ammirare col pittore anco le bellissime pitture, et in tal modo celebrarle sopra d’ogni altro nel suo pregiatissimo poema, col dire.
Non men Cador, che quei Venezia, e Urbino38.
Si dirà similmente dimostrarsi erudito con proposito il sopracitato Tassoni nel paralello ch’egli fa fra gli antichi e moderni pittori, dichiarando veramente la scielta de’ più famosi e sufficienti, ma perché l’uno e l’altro parla solo in ordine a quello che occorre alla commune e più universale considerazione, non resta poi che in caso di scielta più distinta e particolare, i primi da me proposti non siano con ragione riconosciuti agli altri eguali ed anco migliori. Lo stesso Tassoni39 però non manca meritamente proporre al pari d’ogni altro Antonio da Correggio, e forsi [p. 29] in tal caso avria anco dimostrato maggior gusto e più adeguata conoscenza di questa dignissima professione, quando fra gli altri in comparazione de’ primi e maggiori dell’antichità avesse contraposto per eguale ad ogni più straordinario talento il dignissimo Paolo da Verona, ed altri a proporzione.
Dirassi parimente che, in ordine alle stesse ragioni, abbia sattisfatto al proprio intento il Cavalier Marini40 nel proporre la soprabondanza e maggior numero de’ buoni soggetti, nemmeno però ritrovasi veruna ripugnanza nella più particolar elezione. Ed ora riconosceremo le ragioni che fino da principio furono proposte per dimostrare d’onde succeda, che i veri primi maestri di pittura si ritrovino allo spesso mischiati e confusi fra gli altri di poco e niun merito; perché l’esser proposti in occorrenza da famosi scrittori solo i maestri in risguardo di quello che n’apportano i tempi, i luoghi ed i fortunevoli accidenti pare di poi che, come tali, siano per lo più accettati dal mondo per norma d’infallibile verità. Ma chi sarà proveduto di qualche prattica ed intelligenza di buona pittura, verrà a conoscere esser veramente sublimati Rafaello, Tiziano ed anco in parte Sebastiano, come primi e degni maestri, ancorché fra di loro siano differenti, e questi come tali in conformità della somma virtù e loro rare qualità, così dovrassi stimare Andrea Mantenga in risguardo della molta intelligenza e più esatto fondamento dell’arte; e Giovanni Bellini, con tutto che sufficiente e laudabile nella pittura, però molto più celebre per esser stato maestro del gran Tiziano.
Et in tal modo discorrendosi, ritrovaremo Gaudenzio dal Lumazzi et i Dossi dall’Ariosto venir essaltati, al pari di ogni altro, come laudabili suoi concitadini, e riconoscerassi esser proposti altresì dal mentuato Tassoni41 gli eccellentissimi Antonio da Correggio e ’l Parmegianino in paragone de’ migliori per ogni parte di merito e dovuta ragione, e se bene lo studioso ritroverà la scielta del sudetto Cavalier Marini per i migliori della moderna pittura molto al vero, et al di lui proposito confacevole; scoprirà poi [p. 30] in altre occasioni il nome di pittori diversi, che viene a menzionare indiferentemente42, ed assai più in risguardo dell’amicizia, ed altri affetti, e particolari interessi essaltati, che in ordine alla real distinzione della virtù e proprio merito. Licenza che già dimostrò il poeta lirico43 debitamente convenire a’ poeti ed a’ pittori, e simili autorità essere tanto più decenti agli scrittori di tal sorte, quanto disdicevoli a chi pretende con modi istorici e ragionevoli di ricercare a tutto potere la desiderata verità. Dove in occorrenza per distinguere gli uni dagli altri sarà come necessaria la più ristretta e distinta ponderazione; stimando per opportuno, prima di maggiormente inoltrarmi nel componimento di un tal Microcosmo, entrare con i passi della considerazione in quel tempio di pittura, che già circa cent’anni sono fabbricò Giovanni Paolo Lumazzi alla memoria de’ virtuosi, il quale veramente al primo aspetto in risguardo della nuova idea, capricciosa formazione, e straordinari colossi che al di dentro danno forma e sostentamento, pare non poco laudabile e degno dell’immortalità: ma venendosi ad iscoprire lo stato e qualità di quei soggetti che lo compongono, per sciegliere in ordine al determinato Microcosmo44 le parti proporzionate e sufficienti, ritroveremo, diretti dal ragionevole, e dalla stessa evidenza del fatto, essere realmente i maggiori e più degni soggetti quelli che vengono riconosciuti all’occasione di buon scrutinio in guisa di materia maggiormente disposta e sufficiente, e però sentiamo il medemo Lumazzi, che nell’espressioni delle Deità e del formare le più belle idee et altre maggiori difficultà della pittura non tralascia di proporre al pari d’ogni più eccellente maestro della professione lo stesso Antonio da Correggio col dire «che l’eccellenza e differenza della forma, statura, colore, collocazione, lume dagli altri corpi che si fingono intorno a lui, cosa tanto difficile, che lo stesso Leonardo da Vinci non potè conseguirla nel Cristo, che dipinse nel Refetorio delle Grazie di Milano, ma con tutto ciò non ha da rimanere alcuno di non procurarla a tutto suo studio, sicome tra gli altri hanno spiegato Antonio da Correggio e Gaudenzio»45. Et in altro luogo nel dimostrare gli effetti che fa la luce [p. 31] con i colori soggiunge parimente «che simili effetti, come difficultosi e rari fra gli altri hanno miracolosamente osservato nell’opere Rafaello, Leonardo, il Correggio e Tiziano»46. Similmente pure nel medemo libro trattando di formare opere di tutta perfezione, come del dipingere un Adamo et Eva, parla in tal guisa: «chi volesse fare quadri di perfezione, cioè un Adamo et Eva, corpi nobilissimi, bisognarebbe che l’Adamo si dasse a Michelangelo a dissegnare, et a Tiziano a colorire, e l’Eva si dissegnasse da Rafaello, e si colorisse dal Correggio»47. Asserendo ancora in altra occasione «che il Correggio ad imitazione d’Apelle esponeva i quadri per esser notato, con tutto che fosse eccellentissimo recando a dispetto l’onore che veniva a lui fatto, e perciò stimava l’opere sue a vil prezzo, e diede per satisfar lo speciale, a cui dovea, un quadro di Cristo nell’Orto per quattro scudi, che fu poscia venduto cinquecento».
Dove appare in chiaro da tante e tali premesse, che lo straordinario Antonio da Correggio debba per conseguenza meritamente concorrere fra maggiori e più degni maestri della moderna pittura, e come soggetto eccedente e supremo, non potrà esser creduto insuficiente, venendo pria confessato eccellentissimo. E però non sarà se non che ragionevole il credere, che in ogni tempo il compitissimo, e molto qualificato Antonio da Correggio debba ritrovarsi fra primi pittori nella composizione di così degno edificio, e come uno de’ più nobili pianeti per illustrare il cielo di tanta virtù, nella maniera che serà degnamente riconosciuto nel presente Microcosmo. E quando questo non concorra a sostenere et ad illustrare un Tempio di tal sorte, come suppliranno poscia Gaudenzio, Andrea Mantenga, Polidoro et altri simili, i quali se bene nella professione ben fondati, ed anco in alcune particolarità eccedenti, con gli effetti però dell’opere per lo più vengono a palesarsi in diverse parti mancanti, e per conseguenza inferiori alla suprema operazione del più qualificato e perfetto da Corregio.
Non si deve porre in dubbio quello che del continuo fa conoscere a’ sensi virtuosi l’opere di così stupendo maestro, le quali palesando in fatti più compita naturalezza, maggior [p. 32] idea, grazia e più conveniente decoro, si devono stimare come in estremo qualificate al pari de’ più eccellenti, e per tali, benché riconosciute in effetto della maggior parte de’ professori, vengono nondimeno solamente dichiarate da’ più sinceri intelligenti, laonde ne segue che sia azione giusta del pari e conveniente il far palese all’occorrenza alcuni di supremo valore, quanto lo stimare Andrea Mantenga, soggetto veramente degno in risguardo a’ fondamenti della professione, molto valevole per mantenere con la proporzione e rara intelligenza di prospettiva il nobilissimo Tempio della PitturaGaudenzio abbondante nell’invenzione, intelligente della buona simetria, diligente e studioso ne’ panni, et in ogni sorte d’operazione ben fondato, prattico ed universale. Nondimeno, in comparazione de’ primi e più eccellenti, come n’appare il saggio nella Chiesa delle Grazie di Milano, dove facilmente si vedono l’opere migliori, le quali se bene per se stesse siano laudabili e sufficienti, non riescono però appieno corrispondenti alla tavola della Coronazione di Spine fatta dal gran Tiziano, il che anco si vede in chiaro nelle più famose Galerie, ove stanno in paragone l’opere de’ maggiori maestri. In maniera che per formare a proporzione un corpo di pittura, che in effetto contenga le migliori e più perfette parti, si conoscerà mai sempre, dopo la debita ponderazione, non concorrere fra il numero de’ moderni a segno di maggior merito, che gli stessi mentuati più compiti et universali maestri, come quelli che in fatti furono solo a loro stessi simili, et anco in ogni tempo sopra d’ogni altro perfetti e degni, cioè Rafaello da Urbino, Tiziano da Cadoro, Antonio da Correggio e susseguentemente Paolo da Verona, come anco dopo questi altri, se bene inferiori, però non poco qualificati, e laudabili, ma solamente i mentuati, come in eminenza tali, saranno i veri primi e più perfetti elementi, sopra di tutti meritevoli per intravenire alla formazione e mantenimento di così degno Microcosmo.
SI DÀ A CONOSCERE COME VANO IL SENTIMENTO DEL VASARI, IN CREDERE CHE RAFAELLO SIA STATO SCOLARE DI MICHELANGELO E DI LEONARDO DA VINCI, E NON SIA GIUNTO ALL’ECCELLENZA DE’ MEDESIMI MAESTRI: PER ESSERE STATO IN FATTI PIÙ ECCELLENTE E PERFETTO
CAP. V
[p. 33] Intanto proseguendo in ordine a quello che ci resta a conoscere, per rintracciamento della maggior probabilità, vedremo, già ponderato il senso de’ più degni autori, non apportarsi in tal proposito ostacolo di momento. Quali poi siano le ragioni del Vasari, e del volgo insieme, che mostrano almeno in apparenza impedire le glorie di Rafaello48, considerandosi l’asserto di esso Vasari, verremo facilmente a conoscere essere assai più confacevoli al di lui genio, che alla probabilità del ragionevole, asserendo che Rafaello sia stato seguace particolare del Bonarota e dell’altro da Vinci, né mai giungesse alla loro sufficienza. Ma lasciamo chi si sia ne’ pareri più uniformi a’ propri gusti et alle naturali inclinazioni del senso; dandomi finalmente a credere che solo quello debba prevalere appresso i discreti amatori di questa virtù, che sarà in tal caso assicurato da più verisimili ragioni come dalla stessa evidenza del fatto. È molto ben noto ad ogni scrittore della moderna professione l’esser uscito Rafaello al mondo con le più immediate disposizioni all’eccellenza di pittura; imperoché egli, nato di padre pittore, s’intende che, a pena fuori dell’infanzia, venisse fomentato da’ paterni indrizzi altrettanto debili, quanto affettuosi, massime in risguardo del di lui supremo talento, e richiedendo, in oltre il calore di tanta attività, avvantaggiato nutrimento, [p. 34] si raccoglie fosse sostentato primieramente da Pietro detto da Perugia, e poscia alimentato dalla vista e prattica di Fra’ Bartolomeo da S. Marco, da’ Zenghi, e simili coetanei e maggiori pittori di quei giorni49, e s’osserva che operasse di tal maniera ne’ primi suoi dipinti, che giunto nell’adolescenza, già crescendo col tempo a maraviglia la ben radicata virtù, s’ha da’ scrittori, come da varie tradizioni, che il delicatissimo ed eccedente suo gusto sciegliesse per alimento più abbondante e qualificato il perfetto dell’antichità per non satisfarsi appieno della sufficienza de’ maggiori maestri, dalla quale è fama che formasse la soda perfezione, e con la più bella idea di ciascuna parte il sufficiente studio del tutto; e dopo posto nella gioventù, asseriscono che in conformità dell’occasioni venisse ad incontrare il già ben studiato sopra il vero di bella naturalezza, et in un tal modo diede anco in breve a conoscere aver estratto e formato molto al proposito mediante la proporzionata materia, e ’l caldo di studiose fatiche l’oro purissimo della più fine pittura. In qual tempo poi fosse particolar seguace de’ sopracitati maestri, non so ritrovarsi indizio di veruna certezza, né tampoco scoprirsi probabile autorità, che dimostri in alcun tempo che abbia levato di nascosto Rafaello il cartone al Buonarota per dipingere il profeta nella Chiesa di S. Agostino di Roma, come pare che sia per certo stimato senza fondamento di ragione dalla maggior parte de’ volgari: ma perché lo studioso non può a questi giorni avere che probabile la relazione del fatto, si dovrà almeno satisfare in qualche parte con un somigliante discorso, il quale si forma in tal modo.
Questo straordinario ed eccellentissimo soggetto, ancorché fosse alquanto di tempo inferiore de’ sopracitati maestri, non si ritrova però che egli sia stato particolar seguace, e ciò da’ scrittori non si raccoglie, e contrario lo dimostra la differente maniera dell’operare. Avendo in oltre il seguito del suo dipingere dato a vedere che quello valse per formare il raro profeta, benché debile di corpo e d’età, grande però di giudicio a maraviglia, e nella pittura di straordinaria disposizione, dimostrò poscia col tempo [p. 35] questo operato esser stato suo legitimo parto, e non altrimenti surrettizio et adulterino, perché con esso lui crescendo con gli anni la virtù, diede anco del continuo chiari segni dell’avantaggiata operazione fino all’ultimo dipinto che dalla cognizione de’ migliori intelligenti vien stimato ad ogni altro nella perfezione supremo, e tutti a proporzione, come rari parti d’ingegno insolito e mostruoso, il quale in effetto per se stesso sufficientissimo fabbricò maniera propria di suprema eccellenza con maggior decoro, grazia, leggiadria e total compimento di quello abbia mai dimostrato un moderno professore. E se bene venga riconosciuto il Bonarota aver alquanto anticipato Rafaello nel volto della capella del Giudicio, non resta però ragione, né sufficiente autorità ch’egli abbia potuto scoprire, ed immediatamente raccogliere, massime in ordine alla pittura, il buono dell’antichità, e l’altro che pur anch’egli concorse con talento anco nella stessa pittura maggiore, e forsi con più esatta applicazione, non debba finalmente a proporzione approfittarsi. E perciò ne sentiamo concordi gli scrittori50, e tradizioni della città di Roma, che amendue fossero applicati al dissegno dell’antichità, ma con tal differenza, che il Bonarota venne riconosciuto di gusto assai più uniforme alla statuaria che alla pittura, dove si raccoglie che dopo l’universale suo studio, che infine si palesasse più particolare osservatore dello stupendo torso di Belvedere e dell’Ercole de’ Farnesi, e di simili per ogni parte grandi e più eccellenti, e così da questi dottissimi, e gagliardi operati potè facilmente formare, mediante la propria naturale inclinazione, un modo vigoroso, grande e molto studiato nella solita operazione con forza, rilievo e tal ricercamento, il quale se bene sia riconosciuto come stupendo per ridurre le statue a perfezione, e l’abbiano reso supremo nell’opere di tal sorte, in pittura però non portato egualmente dal talento connaturale, forsi anco non curando e non valevole a sufficienza per occultare i contorni, risalti e gli eccedenti rilievi ne’ muscoli, nervi ed ossatura, né bastando tampoco per aggiungere la debita unione, et ad indurre la susseguente delicatezza, e conservare all’occorrenza [p. 36] il necessario decoro e grazia in ordine alla diversità de’ rappresentanti, venne a dimostrare opera dotta sì, ma in effetto lontana dal più compito e perfetto gusto de’ susseguenti maestri, e come racconta ne’ suoi precetti moderno autore, lo disse il dottissimo Leonardo da Vinci in occasione di vedere a quei giorni l’opera del Giudicio: «Mostrando dispiacersi non poco, che in opera così grande si fosse servito in troppi modi di poche figure, e perciò soggiunse, che gli parea vedere i muscoli nella figura del giovine, come in quella del vecchio, e ’l simile essere de’ contorni»51. Dimanieraché stimo si possa concludere di tal operazione, come d’ogni altra di questo maestro, quel tanto che pur seguita il medesimo autore52, mentre racconta che, dopo ch’ebbe compito il detto Bonarota il rinomato Giudicio, un giorno entrato nella medema capella con un Vescovo suo parziale amico, proruppe finalmente, dopo aver osservato con esso più al minuto il dipinto col dire: «quanti ne farà questa opera ingoffire?»
Quindi possiamo dedurre che la conoscesse buona ma non perfetta, come il Vasari ed altri hanno procurato dimostrarla. Ma Raffaello dato anch’egli allo studio d’ogni più rara antichità sentiamo da’ sopracitati autori53, che applicasse con più determinato gusto all’istorie de’ bassi rilievi, de’ quali si dimostrò esatissimo imitatore, et anco in occasione di bella naturalezza, e di tal sorte si palesarono le sue adeguatissime operazioni, che in occorrenza lo diede a conoscere manifestamente coll’inserire le stesse figure antiche in esse, con tanto di maestria e convenienza, e con tale uniformità fra di loro, che ad un tempo apportano alla vista del riguardante straordinaria difficultà, che pare in tal caso non sappia discernere se Rafaello sia l’artefice antico, o pure l’antichità lo stesso Rafaello. Se poi siano di maggior perfezione i bassi rilievi o pure le famosissime e singulari statue degli Ercoli, ed altre simili, dirò che questo non occorrendo al mio proposito, lascierò ad altri la sufficiente distinzione, dandomi a credere che simili esquisitezze non rieschino in fatti che l’estratto più puro della perfezione, e gli stessi colossi degli Ercoli servire in ogni tempo per lo vero modello del maggiore studio, e più fina [p. 37] bellezza; onde v’appare la vera regola di buona corporatura, e la formazione, e real temperamento del corpo ben quadrato, che dimostra in epilogo una rara idea dell’uomo maggiormente robusto, e questi ed altri simili dignissimi avanzi della passata antichità a proporzione di quello che mostrano esprimere, non sono al certo a’ nostri giorni al mondo che per norma sicura dell’estrema perfezione. Il ritrovarsi però al presente il Torso di Belvedere casualmente esposto in luogo umile, si può dire assai differente da quel sito dove fu collocato dall’artefice nel tempo della propria nascita, e perciò dimostrandosi con impropria vista osservato troppo da vicino, pare che anco mostri di vantaggio di quello farebbe, quando fosse alla vista propria e conveniente; e gli esempi di una tal differenza non mancano negli scrittori dell’antichità54 per dimostrare che simili colossi, ancorché siano per se stessi in ogni tempo sufficienti e rari solo però esposti al luogo per lo quale sono stati fatti mostrano il tutto del proprio essere.
Il che ci diede manifestamente a conoscere pochi anni adietro la statua della miracolosissima Madonna del Fuoco nella città di Forlì, che presentemente sta sopra la publica Colonna nella Piazza di detta città; la quale appena scassata, e poscia al meglio dirizzata sopra il suolo, che osservata da genti d’ogni sorte, le quali stavano ad attenderla per ogni parte devote, et in vederla anco maggiore di quello si erano immaginate, e mancante in alcune parti di piena diligenza, proruppero con la solita libertà del paese in dire che non piacea, nemmeno stimavano che mai fosse per riuscire ad un tal proposito, il che presentito dal prudente artefice, senza il soggiungere cosa in contrario procurò fosse immediatamente con panni ricoperta, e la mattina seguente la fece collocare al proprio luogo, dove del continuo persiste alla vista d’ogni passaggiere, e dopo scoperta verso il mezo giorno alla presenza di tutti, disse: «ora è il tempo di considerarla, e dare il proprio giudicio»; e in effetto riuscì nel tutto confacevole al gusto universale in riguardo della proporzione che ottiene con la Colonna, come della bella simetria e vera naturalezza che la stessa [p. 38] figura mostra in se stessa conservare, e questa è di Clemente Molli soggetto ornato di talenti diversi, et in ogni tempo meritevole, il quale nell’occorrenza di tale statua si conosce aver superato il proprio valore, essendo al certo la migliore che possano in pubblico vedere i passaggieri nelle parti della Romagna.
E però non darà maraviglia se talvolta anco le più esquisite collocate ne’ luoghi inconvenienti non dimostrano il tutto delle somme perfezioni; sicome venendo formata la di loro similitudine in diversa occorrenza, forma e proporzione, con colori indebitamente concertati, e talvolta negli estremi fuori del convenevole espressi, in modo che venghino a dimostrare lontananza dalla bella naturalezza, riescono oggetti eccedenti e viziosi; le quali operazioni dovranno mai sempre schifare quelli che bramano seguire la buona strada, che n’addita egregiamente col perfetto d’antichità la stessa madre natura: commune avertimento a’ professori di questa virtù, che fu parimente confirmato dal medemo Lumazzi allor che disse: «doversi guardare il pittore, che per dimostrarsi perito dell’anatomia non esprima in ogni corpo tutti i muscoli che l’anatomia truova, quando essercita l’arte sua ne’ corpi naturali, come fece Michelangelo Bonarota; ma imitando in ciò il prudentissimo Rafaello seguiti la natura, la quale in Ercole et in un uomo marziale dimostra relevati quasi tutti i muscoli, ma in un giovane, et in una bella femmina, certi muscoli copre e nasconde, altri sucessivamente scopre e dimostra di carne, e di pelle dolcemente coperti con certa armoniosa morbidezza»55. Onde sarà lecito dire che simili operazioni per esser fuori del natural concerto, benché fossero a quei giorni vedute da Rafaello, e da esso stimate in riguardo dell’invenzione, studio, forza ed intelligenza dell’arte, egli però ritrovandosi con gusto più temperato e compito, dimostrò anco in occorrenza degl’ignudi più perfetta cognizione conforme l’attestato del sudetto Lumazzi56; poiché se bene questi meno gagliardi e risaltati, ridotti però con più sufficiente ricercamento e molto al proposito delle proprie azioni composti con eguale et anco maggior fondamento, e con più [p. 39] delicata naturalezza, palesano in fatti, mediante la grazia e decoro, che all’occasione Rafaello eseguiva assai meglio il precetto del dottissimo Leonardo da Vinci nell’espressione de’ suoi dipinti, di quello avesse fatto ogni altro antecessore, il quale era: «che i professori dovessero fuggire l’estremo ricercamento de’ muscoli, accioché non rieschino difficili e disgraziati»57. Perché egli considerava il bello di natura non dar a conoscere, massime negl’ignudi, che un particolar concerto di grande unione e delicatezza, e solamente dimostrarsi fra la diversità delle parti alcune più gagliarde, con altre dolcemente accennate, e tutte dentro a’ limiti della buona unione, e debita moderanza. Adunque espresse in somigliante guisa saranno stimate biasmevoli ed imperfette? E ’l dipinto partecipante di crudo non poco fiero, e fuori della convenevole naturalezza per satisfare al gusto depravato, come di febricitante sarà il bello e il buono? Non è che fuori del ragionevole il pensare che debba in alcun tempo prevalere il gusto viziato ed imperfetto, al temperato, e di buona sanità. Ma oltre l’evidenti ragioni decida pure il tutto la stessa sperienza, che del continuo dimostra la copia de’ buoni studiosi di pittura applicata a’ più degni e perfetti operati di Rafaello, massime nella città di Roma, ove risiede il maggior aggregato dell’opere, e non altrimenti a quelle degli altri, contuttoché dal sudetto autore58 venghino rappresentate di più assoluta perfezione.
SI DIMOSTRA ESSERE STATI MICHELANGELO BONAROTA E LEONARDO DA VINCI PIÙ IMMEDIATI DI OGNI ALTRO PITTORE NEL MERITO E GLORIA A VERI PRIMI CAPI, CHE POI SUCCESSERO MAGGIORMENTE UNIVERSALI PRATTICI E PIÙ PERFETTI
CAP. VI
[p. 40] Già riconosciuto assai in chiaro non ostare alla suprema eccellenza di Rafaello il valore straordinario del Bonarota nella professione di più compita pittura, dimostraremo anco di passaggio che le qualità ammirabili e singolari di Leonardo da Vinci non apportano reale impedimento, con tutto che sia da’ più famosi scrittori59 collocato nella scielta de’ più eccellenti professori, e ’l sottilissimo Cardani fra gli altri lo dimostri sopra di tutti qualificato e perfetto60. Attesoché l’essere degnamente commemorato fra i maggiori soggetti della moderna pittura, come s’è detto, non apporta veruna repugnanza a quelli che vengono in oltre con più esatta ponderazione considerati per far scielta maggiormente al particolare in ordine alla più adequata perfezione de’ più degni pittori. E se il Cardani nel dimostrare le difficultà che sono nella formazione di compito pittore, scelga fra tutt’ i moderni Leonardo da Vinci per maestro maggiormente perfetto, ciò non riuscirà, infine, che sentimento molto ragionevole, ogni volta che lo studioso si compiacerà ponderare i fondamenti di questa opinione, imperoché calcolato il tempo nel quale vivea il medesimo Cardani, si ritrova non esser facilmente che riuscito coetaneo di Leonardo da Vinci, e forsi anco riconosciuto per vista e prattica in occasione d’essersi trattenuto non poco il famosissimo pittore in Milano per operare il tanto celebrato Cenacolo, e altre cose in detta città patria d’esso Cardani che era stimato in particolare [p. 41] a quei giorni sopra d’ogni altro, non essendosi per anco osservate l’opere de’ successori più prattici e adequati; e perciò non segue che si venga punto a levare all’opere de’ susseguenti maestri, le quali appaiono per testimono infallibile di prima e suprema eccellenza: ancorché si riconosca in fatti, che lo stesso Leonardo non fosse in quei tempi che la vera regola della più rara perfezione.
Al cui proposito sarà forse a grado l’inserire qui qual sia l’opera di così rinomato Cenacolo, sendo che si ritrova talmente viva la memoria appresso d’ogni professore e gustoso di quella virtù, che la straordinaria fama di tal nome pare che per se stessa sia sufficente per far conoscere il migliore fra gli operati del famosissimo maestro e un raro prodigio della buona pittura; di maniera tale che io, in estremo stimolato dal commune grido de’ virtuosi, bramoso in ogni tempo d’incontrare le maggiori eccellenze di tal professione, fino all’anno 1642 partii di Romagna per godere una tal opera, come nel centro di Lombardia i più rari dipinti d’Antonio da Correggio, e perciò mi portai fino a Milano, dove appena giunto, reso impaziente di scoprire gli effetti straordinari del commendatissimo Cenacolo, tantosto m’avanzai nel refettorio de’ Padri Predicatori per ritrovare una tanta avidità, e posso attestare in tal caso, che in riguardo d’incontro inaspettato mi restasse il gusto in estremo instupidito, scoprendo opera tale non conservare che poche vestigia nelle figure, e con modo così confuso, che a gran fatica potei distinguere la già stata istoria, e le teste, come mani e piedi, ed altre parti ignude con chiari, lividi e meze tinte, ritrovai quasi affatto anichilate, e al presente stimo non siano che del tutto estinte, e le figure per lo più dal muro divise, e in parte fatte oltramodo oscure davano a conoscere le buone reliquie d’opera già resa del tutto inutile, non restando al riguardante ormai che il credere alla buona fama del passato. E mi potrei anco rammaricare di non aver procurato una tal vista qualche tempo avanti, per ritrovarlo di bramata conservazione, quando nel leggere autore del secolo passato non avessi sentito in questo caso le seguenti parole: «Vidi [p. 42] nel refettorio delle Grazie di Milano ad oglio dipinto il Cenacolo di Leonardo da Vinci mezo guasto, benché bellissimo»61. E però non pensavo che indarno di ritrovare in buon stato l’opera, la quale un secolo prima non era che in parte rovinata. Dove dopo aver considerata la causa di così inaspettata vista, ritrovando opere non poche di pittura, le quali, se bene fatte molti anni prima, si mostrano però di miglior conservazione, in modo che in questo caso non conobbi potersi accusare verisimilmente che la particolar maniera con la quale sono fabbricate opere di tal sorte, essendo cosa minifesta che il solo dipinto a fresco massime sopra a’ muri, come in luogo più adeguato e proprio, riuscire anco di maggior durata, e più maestrevole e ad ogni vista apparente, e ciò lo fa conoscere continuamente la sperienza vera maestra, che l’imprimiture sopra muri, come oli, colle, tempre e simili per l’ordinario non s’incorporano a proporzione, ma bene spesso s’arrestano nella sola superficie e talora anco col troppo dell’efficacia violentano il composto, e poscia ne nasce la rottura in quel dipinto, che viene per lo più a separarsi dal muro, il quale fabbricato allo spesso in tempo differente, per lo più non riceve che nella parte puramente esteriore ed anco inegualmente la propria impressione, così alle volte trasmette poscia col tempo all’estremo la soverchia umidità che si ritrovava all’interno, dimostrandogli su ’l principio alcune vestigia in guisa di bianca rugiada, che vengono detti i fiori, i quali riescono in fatti sicuri preludi per la futura estinzione de’ più perfetti frutti, e se a caso un tal composto non si ritroverà confirmato nella soverchia siccità, attratta in breve dall’eccedente secco, l’umidità de’ colori, vengonsi in un tal modo ad essiccare le parti sottili; finché svaniti i chiari, come lumi, lividi e meze tinte, dopo non rimane che il tutto in preda all’oscurità, e dato ancora che l’inegualità delle materie componenti il misto vengano fra di loro con gli eccessi a contrariarsi, e caso superi per accidente il caldo l’opposte qualità, sono abbandonante le parti continue dall’umido glutinoso, onde si costringono in se stesse e si separano fra di loro, e in somigliante maniera resta parimente [p. 43] offesa in breve la superfice alle crepature, le quali cose pare che verisimilmente si possino stimare cause concorrenti nella ruina di così eccellente operazione, dimostrando in fatti la ragione e prattica non essere il più proprio ed eterno dipinto di quello che vien fatto sopra muri, detto communemente a fresco nella fabbrica ben stagionata, dove siano le mura composte ad un tempo con materia eguale e temperata da maestro sufficiente, il quale procuri in tempo opportuno dar la calce sottile ed uniforme, di già preveduto il luogo di sufficiente umidità.
Intanto, per qual cagione si possa probabilmente credere che un tal virtuoso, come ne dimostrano gli effetti, venisse a dipingere ad olio sopra muri e non a fresco con modo molto più degno e confacevole, si dovrà dire non altronde derivasse che per essere a quei giorni gran fatto in uso il dipingere a fresco, ed anco in risguardo dell’artefice, che non si ritrovava col gusto la prattica e conveniente risoluzione per un tal modo d’operare, il che dopo, come ne diedero a conoscere i chiari effetti dell’opere, vennero ad ottenere i più prattici e compiuti susseguenti maestri, con altri del prossimo ed immediato secolo nel dipingere maggiormente risoluti, raccogliendosi per autentica di ciò dagli scrittori di pittura62, che Leonardo da Vinci, in guisa dell’antico Protogene, fosse nell’operare di così intensa applicazione, che vogliano ad esso per lo più mancasse il tempo e non già mai lo studio, e brama di ridurre il tutto in ordine all’intenta perfezione.
Quindi è che per lo più sentiamo non restasse egli pago della propria operazione, mentre asseriscono unitamente, che si dimostrasse nel dipingere non poco irresoluto, lungo ed insaziabile, massime nella straordinaria del mentonato Cenacolo, non avendo che concepito idee di somma bellezza e per molti rispetti all’esprimere difficultose, non poteva per conseguenza che riuscir tarda, e come infinita una cotal effettuazione, e però risolse dipingere ad olio, che in ordine al ragionevole, ed a quello ne dimostra particolar scrittore della professione: «si possono opere simili maggiormente perfezionare, mediante l’unione delle tinte»63, ma però conclude, [p. 44] «essere il fresco più espediente, come quello che si fa con maggior prestezza, concetto e durevolezza». Dove il medesimo Leonardo, prudentissimo al solito nella pittura, come in riguardo di riconoscere i propri talenti, potrassi credere che scegliesse l’operare ad olio per aver tempo d’esprimere a forza di giudicioso studio, oltre l’altre sufficienze che stimava di necessità convenire anco i propri affetti per animare a tutto potere con più esatto compimento la bella pittura.
Con tutto ciò, se poi i susseguenti principali e maggiori maestri riuscissero anco di vantaggio e con maggiore prattica, l’opere in copia e in ogni maniera dipinte, hanno dopo lasciato la chiara evidenza del tutto; ed io nel ritorno di Milano, fermato in vari luoghi, massime nella città di Parma, e Modana, ebbi occasione di vedere con mio gran contento l’opere maravigliose d’Antonio da Correggio, e in particolare in Parma nella maggior cuppola del Duomo, lavorata a fresco le più belle e maggiori difficultà della professione, dove si riconosce manifestamente, che ha incontrato a bella posta in opera tale il singolar maestro il tutto delle buone e debite vedute, che possono accadere in occasioni di tal sorte.
Vidi opera vasta, e ’l particolare dipinto a fresco con ogni maggior unione di più bella delicatezza; vidi il tutto, e ciascheduna ancorché minima parte dimostrata esattissimamente nel proprio sito in ordine alla conveniente vista del di sotto in sù, dove non resta a desiderare dall’efficacia di buona intelligenza cosa di vantaggio a proporzione degli effetti più degni di natura. Osservai ad ogni aspetto bellissimi e ben intesi scorci, che si vengono a dimostrare con grazia, decoro e convenevole espressione, in ordine a’ più veri e propri effetti. Dimanieraché i Santi con l’Angeliche squadre sono quivi riconosciuti sopra l’umana condizione, e vengono ad accompagnare con debito ossequio la loro gran Regina e Madre di Dio umanato con tale e tanto di giubilo e riso celeste, che al sicuro rassembra una tale allegrezza di Paradiso, né cosa somigliante si ritrova espressa, ed essa conservasi come opera più difficultosa, [p. 45] altresì maggiormente bella, e sempre laudabile, ed in effetto supremamente qualificata e singulare; e ciò ritroverà confirmato lo studioso da particolare scrittore della professione, mentre dice «essere la maggior difficultà, che possa accadere al buon pittore quella del dipingere alla vista le Tribune»64, apportando pe’l più degno esempio la medesima Tribuna, che Antonio da Correggio dipinse nel Duomo di Parma, la quale sopra l’altre eccellenze fa conoscere in atto prattico quel modo di particolare operazione che non cessò il sopracitato Lumazzo predicare per lo più laudabile allora, che nel trattare della diversità del colorire, proruppe in tali detti: «essere in fatti il lavorare a fresco, quello che porta il pregio, con cui i maggiori pittori si sono acquistati tutt’i lor vanti e onori per esprimere», come pur lo stesso soggiunse, «tutte le cose con prestezza, ingegno e velocità di mano, e perciò bisogna che il buon pittore s’appigli a lavorare a fresco, perché in quello si rinchiude la forza della mente, e si determina brevemente la sua difficoltà, e per questo v’ha di bisogno d’intelletto grande e d’una intelligenza di tutta l’arte»65. Di maniera credo che si possa dire con ogni ragione non ritrovarsi opera cotanto maravigliosa, che per tipo d’una bellezza insolita, e come divinizzata, dimostrando in effetto aver i seguaci in occorrenza somigliante tanto di buono dipinto, quanto si conoscano avicinati a questo singolare esempio, e un tale così prodigioso dipinto doversi stimare a proporzione il Paradiso della pittura e l’artefice come un Dio dell’arte.
Ma perché pare che un tanto maestro non fosse nato che alle disgrazie, e per le mali sodisfazioni, che perciò conforme n’apporta la fama delle di lui parti fino dal primo nascimento dell’opera, incontrò da stuolo ignorante spropositate querele e viene anco tal volta al presente calunniato da persone vulgari ed innocenti, le quali non gustando la difficoltà non sanno, né vogliono astraere a proporzione della vista l’azioni delle figure, le quali per ritrovarsi sopra all’occhio, vengono conseguentemente più e meno a celarsi, e alcuni di questi stolidi immaginandosi di scoprire alla propria veduta le figure in modo che da essi incontrata la difficoltà e ignorata la causa, restano ad un punto confusi, [p. 46] e come sepolti nella proprio ignoranza, né volendo accusare l’insufficienza, biasimano a caso, e in un simil modo bestemiando nella professione offendono la suprema virtù; ma questo infine non si dovrà stimare che effetto di pura simplicità, non restando in fatti offese le scienze e virtù, come divine, ancorché vengano casualmente vilipese. Si ritrova però opera tale, per ogni parte degna, non restar anch’essa del tutto libera dalle disgrazie, per essere in una parte alquanto offesa, originato, conforme vien detto, il disordine dall’esser penetrata l’umidità per accidente esterno, venendo trascurata, o, per meglio dire, non osservato da’ superiori il mancamento di detta fabbrica, che ha causato offesa non ordinaria d’alcune figure, difetto non derivante dal particolar modo d’operare a fresco per ritrovarsi il restante di buona conservazione. Quando però il Vasari avesse esaminato con più esatta osservanza dipinto di tal sorte, come gli ultimi e quelli di maggior perfezione che lasciò parimente Rafaello a’ posteri per modello dell’ultima compitezza, avria facilmente scoperto sopra le buone qualità degli antecessori una composizione d’istoria talmente ben disposta, e con atti tanto propri, e così puntualmente ricercato il tutto, ed ogni minima parte della proporzionata figura, che un epilogo di tanta perfezione è ricercato indarno nell’opere de’ sopracitati, per ritrovarsi in fatti le loro operazioni nella copia e qualità inferiori.
Laonde conosceremo non esser detto che invano, e senza fondamento, che Rafaello e gli altri, che a proporzione sono riconosciuti eguali, non siano anco stati sopra gli antecessori, e ad altro susseguente nella pittura, di maggior eccellenza, mentre vediamo in fatti ch’eglino hanno perfezionato gli eccessi, e mancamenti altrui, e dato a divedere con mezo della straordinaria lor prudenza aver ridotto al grado della suprema compitezza quella più difficile e bella imitazione di natura, che per l’avanti non fu tentata, e solo palesata di longa mano inferiore, e però non potrà sodisfare il dire, perché piace talora al gusto viziato l’acerbo ed amaro, qualità per natura propria eccedenti e mancanti, debba perciò essere il dolce per se stesso [p. 47] buono e temperato, vizioso ed imperfetto.
Là dove levata l’ombra della difficoltà si concluda pure che gli autori66 vengano meritamente ad essaltare per singolare e divino nel cospetto dell’universo tutto il degnamente acclamato Michelangelo Bonarota, mostro veramente di natura e raro epilogo di virtù sublimi per aver riunito nell’unico suo composto in eccellente grado la scoltura, architettura e pittura, con altri non ordinari compimenti dell’animo, che rendono un soggetto sommamente degno, e però sarà meritamente per se stesso mai sempre grande ed immortale.
Niente di meno distendendosi al più particolare de’ maggiormente compiti nella professione di pittura, con tutto che egli sia manifestato per dotto ed eccellente, non si dimostra però di aver superato in fatti, nemmeno eguagliato in questa particolar virtù i più eccellenti e maggiori maestri, come indebitamente si danno a credere alcuni suoi parziali, ancorché nella forza del disegno, capricci e studioso ricercamento lo stesso Michelangelo e Leonardo da Vinci nello studio, grazia e bella idea di teste, ed espressiva de’ più propri affetti siano riconosciuti molto degni e qualificati, et anco ad ogn’altro pareggiabile; e però saranno meritamente successori dopo i più compiti ed universali alle maggior glorie della professione, per aver oltrepassato gli antecessori e gli altri più perfetti in alcune parti eguagliato, e veramente straordinari, e rari soggetti in ordine all’investigare le supreme qualità, e a gettare i più sodi fondamenti della pittura.
ESSERE STATO SIMILMENTE RICONOSCIUTO CIRCA AL TEMPO DE’ PRIMI MAESTRI PIÙ CELEBRI ED ECCELLENTI IL PARMEGIANINO, ANDREA DEL SARTO, GIORGIONE,GIOVANNI BATTISTA LICINIO DA PORDENONE, FRA’ SEBASTIANO VENEZIANO,POLIDORO E MICHELANGELO DA CARAVAGGIO, TADDEO ZUCCARI ET ALBERTO DURERO: TUTTI PERÒ IN COMPARAZIONE DE’ PRIMI SOPRACITATI DIVERSAMENTE MANCANTI ET INFERIORI
CAP. VII
[p. 48] Dopo così celebri antecessori, pare che debba seguire alla più immediata considerazione similmente un’altra copia di straordinari soggetti, che di tempo e merito vengono riconosciuti degni successori. Uno de’ quali, e forsi il più spiritoso e qualificato, sarà Francesco Manzuoli, detto communemente il Parmegianino, dotato veramente di supremi e rari talenti: posciaché egli nel capriccioso ritrovato, espresso con insolita grazia, sveltezza e ordinata e rara leggiadria, si palesò nella professione eccedente a tal segno che, dimostrando accoppiate così eccellenti prerogative a buon fondamento, ha fatto credere a molti, sicome per lo più vien palesato da buoni scrittori67, fra i maggiori e più egregi della pittura, che si ritrovi anche ad ogni altro superiore. L’altro pure di questa copia è il delicatissimo Andrea del Sarto,i quali soggetti, come n’apportano gli scrittori in occasione di palesare nella lor vita le proprie azioni, furono riconosciuti amendue, dopo la morte di Rafaello, molto nella virtù, e loro eccellenti qualità uniformi, in modo che ebbero a dire i buoni virtuosi essere in questi rinata la pittura, o trasmigrata dopo la morte di Rafaello, e alcuni al solito amatori in eccesso de’ propri concittadini [p. 49] non dubitarono, in veder opera del medesimo Rafaello68 con andamenti somiglievoli a quelli di Andrea di prorompere immediatamente col dire che un tal pensiero era già stato espresso dal medesimo Andrea Del Sarto per ogni parte susseguente, e essendo ciò accaduto alla presenza di Francesco Albani professore del pari sufficiente e erudito, il quale per non ritrovarsi sofferenza in pregiudicio del vero, non mancò in tal caso far conoscere con vive ragioni che, oltre la maggior eccellenza, era poi anche stato prima dipintoche Andrea medesimo fosse nello stato di conoscere la professione della pittura-. So aver ciascuno per natura annessi i propri sentimenti, e per ciò ritrovarsi bene spesso l’opinioni discrepanti. Ma dicasi pure, a gloria del vero, essere stato il degno Andrea Del Sarto nella pittura facilmente il maggior lume della Toscana, universale e prattico in ogni sorte d’operazione, nell’istoria molto sufficiente, come nella disposizione e attitudine, nel particolar dipinto delicato, grazioso in eccellenza; di maniera, come seguaci nel tempo si può dire esser stati questi due straordinari soggetti, altresì nella virtù più immediati allo stesso Rafaello, e se bene siano detti simili, e in guisa di nuovi Rafaelli, non segue però che la similitudine sia la stessa identità, con tutto che vengano riconosciuti per soggetti qualificati universalmente e di buona eccellenza nella pittura, non avendo però in effetto superato nel fondamento di più compita operazione lo stesso Rafaello, nemmeno nella forza e più vera naturalezza gli altri due maggiori e più eccellenti, e però non dovrà senza l’appoggio della ragione prevalere il gusto particolare al di già probabilmente determinato, e se per l’avanti non gran fatto, e anco dopo furono osservati maestri rari e molto cospicui ad illuminare con i raggi delle loro bellissime operazioni il compitissimo cielo della gloriosa pittura, parimente nello stesso tempo di Tiziano venne prima alla virtuosa conoscenza Giorgione da Castel Franco, grande altrettanto di nome quanto nella pittura eccellente, e per dir il vero, se Tiziano dopo aver ricevuto dagli altri maestri il lume della virtù, non avesse finalmente partecipato da questo straordinario fonte il grande della [p. 50] maniera per lo stabilimento di più vera operazione, forsi non saria per supremo riconosciuto. E però un artefice così qualificato, come maestroe competitore della maggior virtù, se bene non fu nel tutto eguale, essendo però di merito sempre grande e di sufficienza corrispondente, vivrà meritamente nella memoria de’ posteri dopo i principali capi al pari d’ogni altro.
Sicome Giovanni Antonino Licinio da Pordenone, amendue lumi più chiari che risplendano fra quelli della seconda scuola, venne stimato anch’egli maestro universale, similmente arricchito nel tutto di buone qualità, che sono desiderate in eccellente pittore. E per far conoscere al mondo il grande e tremendo operare di Giorgione, e la soda e facile naturalezza del Pordenone, per eguale e forsi anco maggiore ad ogni altro, basta il tralasciare il granTiziano; perché sicome in vita furono emulatori della maggior virtù, così per mancanza dell’altro più degno sariano facilmente creduti ad ogni altro superiori. Non resta però che l’opere di così eccellenti e rari soggetti del continuo non vivano famose all’eternità per sicura attestazione delle più degne pitture, che dopo i primi e maggiori maestri si vengono a ritrovare; e di tal sorte si considera Fra’ Sebastiano dal Piombo oltramodo celebre ed eccellente, il quale ancorché in effetto non riuscisse ancor esso nel tutto adeguato in comparazione de’ sopracitati maggiori e più perfetti maestri, sarà però degno della più immediata concorrenza, come maggiormente meritevole con i più universali e compiti maestri della pittura.
Quanto poi l’uno e l’altro da Caravaggio, cioè Polidoro e Michelangelo, per diversi rispetti vengano considerati conspicui e ricchi delle maggiori qualità e buone prerogative spettanti al grande di questa nobilissimaprofessione, gli effetti straordinari dell’opere testificano il tutto; posciaché Polidoro comparse con eccedente sufficienza, ed anco sopra d’ogni altro nella particolar operazione di chiaro oscuro, si dimostrò nell’istoria adeguatissimo, nel moto e nello spirito senza pari, degli effetti più vivi, e propri raro espressore, ed in somma per tali e tante [p. 51] supreme prerogative stimato singolare. Nientedimeno non essendosi dimostrato nella professione universale, ma solo nel dipingere di chiaro oscuro, per l’ordinario ne’ freschi de’ muri, con genio particolarissimo, derivante dal primo e più copioso fonte Rafaello, se bene di qualità transcendenti, resta però nel tutto inferiore, come inadeguato in ordine a quello che si conviene ad universale e più perfetto pittore, e perciò non primo, né maggiore, ma per aver con rari talenti nobilitato al pari d’ogni altro il riguardevole corpo della pittura, sarà meritatamente stimato dopo i soggetti più compiti ed universali qualificato e degno sopra d’ogni altro. E ’l simile a proporzione si potrà credere di Taddeo Zuccari per ogni parte nella pittura molto eccellente, in comparazione però del maestro Rafaello, mancante ed ineguale.
E per essere il vero ed ultimo scopo del buon pittore l’imitazione de’ corpi naturali , e non altro in fatti il laudabil dipinto che un’espressione del già ben concepito in ordine della piena somiglianza de’ migliori oggetti di natura, conseguentemente ne deriva che quello, il quale mostra animare i colori con artificio più eccellente, venendo a sortire l’effetto del bramato intento, pare che debba raccogliere il frutto della maggior gloria, dove comparendo Michelangelo da Caravaggio nel teatro del mondo, unico mostro di naturalezza, portato dal proprio istinto di natura all’immitazione del vero, e così ascendendo dalla copia de’ fiori e frutti e da’ corpi meno perfetti a più sublimi, e dopo gl’irrazionali, a gli umani ritratti, e finalmente operando intiere figure, e anco talvolta componimenti d’istorie con tal verità, forza e rilievo, che bene spesso la natura, se non di fatto eguagliata e vinta, apportando però confusione al riguardante con istupendo inganno, allettava e rapiva l’umana vista, però fu creduto da vari anco sopra d’ogni altro eccellentissimo.
Ma sia pur detto il tutto con la pace de’ gusti particolari, perché dalle premesse imperfette non si può dedurre se non falsa la conclusione, avengaché un soggetto tale non si dimostrò in effetto, che provisto di particolar genio, mediante [p. 52] il quale dava con l’opere a vedere una straordinaria e veramente singolare immitazione del vero, e nel communicar forza e rilievo al dipinto non inferiore e forsi ad ogni altro supremo, privo però della necessaria base del buon disegno, si palesò poscia d’invenzione mancante, e come del tutto ignudo di bella idea, grazia, decoro, architettura, prospettiva ed altri simili convenevoli fondamenti, i quali rendono unitamente sufficienti e degni i veri principali e maggiori maestri, ed egli quasi del tutto privo si dovrà anco credere in comparazione de’ sopracitati primi capi di pittura inferiore ed imperfetto.
Se poi con i passi dell’intelletto ritornaremo adietro, e vigilaremo con atti di sufficiente considerazione, scopriremo continuamente come la madre natura vicaria stupenda dell’Onnipotente di già fin su i primi albori ed essordi del mondo ricevette per sommo decreto, virtù sempre maravigliosa di produrre e moltiplicare nell’universale quella diversità d’oggetti e forme, le quali, mediante la molta efficacia, copia e vaghezza, dovevano perfezionare a maraviglia l’universo tutto.
E perciò osserviamo ch’ella, come pronta esecutrice di tanti commandi, diede immediatamente principio, sicome del continuo non cessa di trasmettere alla vista de’ mortali corpi, d’ogni sorte con successiva produzione in ordine alla specie di qualunque misto, e tutti nella propria essenza perfetti e maravigliosi, così nelle parti particolari, ed anco nella stessa pura superficie dimostrano il perfetto compimento, estrema vaghezza, alla cui immitazione invitati fino a’ primi tempi gli spiriti virtuosi e laudabili si diedero a vedere con ispecial genio applicati allo studio eterno di quei corpi che porge del continuo alla vista la stessa madre natura; e fra numero quasi innumerabile si palesò d’ingegno non poco perspicace e pronto lo studiosissimo Alberto Durero, il quale nel considerare opere tali, per essere di gusto sommamente compito, venne a conoscere anche nelle parti vedute all’esterno ritrovandosi varie e minutissime le particolarità belle e degne d’osservazione, ed egli aggiungendo allo straordinario ingegno estrema pazienza, [p. 53] penetrò con insolito intendimento le molte difficoltà della pittura al pari di ciaschedun professore, e come vero innamorato della virtù, e virtuoso insieme, ha lasciato per eterno testimonio del suo molto sapere la teorica delle regole, e buone proporzioni, con dignissimi ritrovamenti per incaminare i successori nella professione, avendo similmente propagato con intagli di stampe in estremo compite invenzioni capricciose e mirabili, con pitture a gran sufficienza ridotte, in tal maniera che fra’ primi come soggetto assai meritevole pare, per molti e degni rispetti, potesse concorrere per più sublime, e se l’albero di questo Alberto non poco copioso e riguardevole mercé di tali e tanti frutti, quanti sono per ogni parte di libri, dissegni, stampe, dipinti ecc. ne’ quali ha procurato a tutto potere rendersi famoso e considerabile per maggiormente durare nella memoria de’ posteri, non avesse in fatti procurato il duro nella particolar maniera dell’operare mediante estrema diligenza e soverchia limitazione, come seco portava nel cognome, avria forsi potuto concorrere, essendo in qualità diverse veramente degno e commendato, anco fra’ più meritevoli della pittura.
NEGLI ARTIFICI, ED IN PARTICOLARE NELLA PITTURA DOVERSI FUGGIRE GLI ESTREMI COME VIZIOSI, ET ESSER DA COMMENDARE I PRIMI MAESTRI, CHE HANNO DIMOSTRATO LA STRADA DE’ BUONI PRINCIPI
CAP. VIII
[p. 54] Intanto per maggiormente dichiarare il nostro intento in ordine al presente proposito, potremo ridursi alla memoria quel detto, altrettanto vero quanto volgare, communemente stimato per indubitato appresso gli artefici, ed assai confacevole nella professione della pittura: che l’operare senza veruna regola e idea non sia che un caminare a fortuna, e un ergere la fabbrica senza il debito fondamento. Sicome nel dipingere a forza d’incessabile diligenza, e sminuzzata simetria lo stesso successo ha fatto conoscere, infine, che ogni estremo è vizioso.
Quindi è che i pittori de’ secoli decorsi69, già ritrovando pargoleggiante ed imperfetta la rinata professione, per avantaggiarla con ogni potere la diedero a vedere sollevata sopra regole d’ordinate misure; le quali operazioni, con tutto che apparissero alquanto proporzionate, per l’ordinario però le figure non riuscivano che alla stessa vista prive d’azione, e in un medesimo piano in estremo dure. Il che ponderato da’ susseguenti più spiritosi e dotti professori70, ritrovarono non potersi superare il difficile degli scorzi nell’occorrenza della diversità de’ moti e vedute delle figure e varietà dell’azioni e de’ siti senza la necessaria osservanza di buona prospettiva71, la quale facendo crescere ed ascondere con ordine sufficiente le parti, fa parimente apparire ordinatamente con le figure, architettura e paese anco il tutto di concerto spettante al total compimento della storia; di maniera che, addottrinati questi prudenti [p. 55] artefici nell’intelligenza necessaria, e operando con diligente puntualità, diedero a vedere opere dotte e di buonissimo fondamento, ma però poco uniformi all’ordinata espressione di vera naturalezza, facendo continuamente conoscere la prattica del ben operare, che sopra la conoscenza de’ dovuti fondamenti si richieda al compito pittore lo studio de’ migliori operati, e di più bella naturalezza, verità che già confirmò Alberto Durero, dopo aver dato le regole di buona simetria, col dire: «essere per ritrovare non poca difficoltà quello che nel tutto sarà aderente alle regole, perché, sebene le dette misure n’appaiono nel dissegno maravigliose, non essere però, che per accomodamento della prattica, dove poscia l’ingegno del buon artefice viene il tutto a regolare in ordine al di lui proposito»72. Il che pare dimostri sempre più confirmare nello stesso libro col soggiungere: «esser quasi impossibile che possa l’artefice ad ogni figura e a ciascun membro usar con puntual misura particolar ricercamento, ma venirsi ad acquistare il buon virtuoso con lo studio e diligenza una tal certezza, con la quale può liberamente di poi l’artefice operare col fondamento della ragione, perché gli occhi addottrinati stanno in tal caso nel luogo di buona regola, e così viene poscia la mano a rendersi come a sua prima causa all’animo obediente»73. Al che viene ad alludere quel memorabile raccordo, che lasciò parimente alla posterità il prudentissimo Bonarotaquando disse: «che dovea il buono artefice conservare negli occhi le misure delle parti, per servirsene poscia in occorrenza del bisogno»74, e una tal verità pare che al solito saggio venisse a confirmare in Bologna sua patria Francesco Albani, quando fu richiesto da persona curiosa della pittura, con qual ordine e regola de’ colori avesse composto particolar parte di quadro, che egli pur tuttavia operava con laudabile riuscita, che per ritrovarmi allo studio e casualmente alla degna conversazione di questo maestro, ebbi occasione di sentire per risposta: «che non avea regola, alla quale nel dipingere si ritrovasse obligato, ma solo pria formare nella mente l’idea avanti l’espressione di quella realtà, che poscia procurava con la mano a tutto poter esprimere»75; e perciò ritrovandosi facilmente, a mio credere, convinto dalla continua prattica dell’operare [p. 56] il medesimo Durero mostra determinare verso il fine del sopracitato libro «che non si possa dimostrare per mezo di righe, ancorché espresse con sottigliezza di linee, la rotondità della fronte, naso, occhi, guance, bocca e simili elevazioni, come monticelli ed opposte vallette»76. Con tutto ciò, diede poi anco a conoscere, come nell’opere a vedere, «che non si debba lasciare parte del corpo, ancorché minima, che dall’artefice non venga espressa con ogni diligenza»77. Documento che solo credo laudabile in ordine a quelle parti che vengono a dimostrarsi alla proporzione di buona veduta, palesando in chiaro col maestro delle prospettive la stessa prattica, «che gli oggetti più vicini riescono di necessità alla vista maggiori»78. Dove considerata come assoluta una tal proposizione, benché verisimilmente confacevole al particolar genio dell’autore, pare però non possa che riuscire viziosa ed imperfetta, venendosi quotidianamente a conoscere non meno restar defraudati coloro che coll’eccesso di finitezza indifferente hanno procurato dimostrare contro il dovere ogni minima parte, che gli altri i quali, trascurati ed impazienti, se bene di buono intendimento, tralasciarono ne’ loro dipinti i convenevoli ricercamenti. Essendo in effetto il vero mezo termine, ed anco seguitato da’ migliori artefici l’osservanza de’ buoni naturali a proporzione della vista, il che si ritrova in conformità di quello che fanno conoscere le sicure regole di bene intesa prospettiva79, scoprendosi in simili oggetti debitamente situati alcune parti maggiormente crescere ed altre del tutto celarsi, e fra queste anco osservarsi di quelle che mezanamente si dimostrano, le quali tutte rappresentate con ordine conveniente e ricercate a sufficienza fanno vedere quella verità, che in altra maniera espressa non suole comparire che in estremo affettata e viziosa, sendo che, come n’insegna in tal caso ne’ suoi documenti Leonardo da Vinci: «le cose fornite si debbono far d’appresso, e le confuse, cioè di termini confusi, si fingono in parti rimote», apportando pure in altro luogo la ragione col dire: «che i colori delle cose si perdono intieramente in maggior e minor distanza, secondo che gli occhi, e la cosa veduta saranno in maggior e minor altezza»80; e in altro luogo dimostra: «che deve prima mancare [p. 57] nella pittura la parte di quel corpo, che sarà di minor quantità»81. Adunque come poscia soggiunge: «non dovrai formare i piccioli membri di quelle cose che sono molto rimote»82, ed altrove viene a concludere in tal proposito: «che le figure picciole non devono essere per ragione fornite, perché quelle cose, che paiono di minuta forma, riescono tali per esser lontane dall’occhio, perché conviene, che fra l’occhio, e la cosa sia molt’aria, e la molt’aria impedisce l’evidenza delle forme, ed esso obietto, e perciò si facciano le figure picciole solamente accennate, e non finite, che facendo altrimenti sarai contro gli effetti della natura tua maestra»83. Ed una tal probabilità la stimò tanto conveniente e come necessaria lo stesso Guido Reni84, che già per ritrovarmi nella mentuata città di Bologna con esso lui in questo discorso, sentii non poco maravigliarsi il versatissimo maestro di quelli che stimano potersi ridurre a compimento la buona pitturacon la sola puntualità di ben regolate linee, avendo egli dimostrato con vive ragioni, come il longo faticar nel dissegno ed operare nel dipingere, ed insieme la continua osservazione del bello di natura, gli avea fatto conoscere non aver corrispondenza di proposito la formazione di rette linee per debitamente esprimere l’umano composto, e che scopriva del continuo nel tutto, e parte la figura participante il convesso, e inclinare allo sferico, ed anco ciascheduna azione far conoscere il giro del corpo non poco contrario alla mal pensata rettitudine; venendo infine a determinare esser necessaria la conoscenza delle proporzioni, come delle buone regole di prospettiva, ma in oltre dovea essere lo studio più frequente e proprio quello del continuo dissegno sopra gli operati de’ migliori artefici, e del bello di natura per chi voleva giungere al termine di laudabile maestro.
Con tutto ciò si dovrà meritamente in ogni tempo anco a’ primi la dovuta lode, come a quelli che a tutto lor potere hanno procurato i buoni essordi, essendosi dimostrati in fatti laudabili inventori, e molto sodi nel fondare così degna professione, posciaché medianti questi studiosi [p. 58] e straordinari soggetti, venendo stabiliti i veri fondamenti spettanti alla proporzione delle parti e degradazione de’ siti, hanno facilitata la strada a’ più universali e compiti, per ascendere col mezo di così buona scorta al colmo della più eminente perfezione, non essendo che facile in conformità dell’assioma volgare l’aggiungere massime a’ buoni principiati.
COGNIZIONI UNIVERSALI, LE QUALI SONO COME NECESSARIE AL BUON MAESTRO, ET ALL’INTELLIGENTE DELLA PITTURA
CAP. IX
[p. 59] Diremo adunque richiedersi al buon pittore come necessaria la prescienza de’ buoni fondamenti spettanti alla simetria e alla sufficiente cognizione di prospettiva; perché, oltre le regole di buona proporzione, che si vengono teoricamente a raccogliere da’ precetti e scritti de’ più eruditi e dotti maestri85, ed a pratticare in occorrenza de’ migliori naturali, sarà poi anco convenevole allo studioso della pittura l’aver ferma conoscenza d’alcune regole generali delle più frequenti e necessarie azioni, ed altre differenze che si manifestano per l’ordinario nell’umano composto, dandosi del continuo a conoscere lo studio e prattica, che quantunque si dimostri per lo più convenire alla corporatura dell’uomo ed uniformarsi coll’altra della donna, ritrovandosi però di vario sesso si vengono parimente a dimostrare fra di loro non poco diversificate, posciaché raccogliamo dalla stessa osservazione che il corpo dell’uomo, collocato nella mediocrità di temperie, età e celeste clima non si palesa per l’ordinario in altezza che circa nove teste, e come suo proprio ottiene con alte, dilatate e ben composte spalle, anco larghezza di petto, e nelle parti discendenti, come fianchi e cintura contraria, se bene non estrema gracilità, e nelle più basse osservarsi natiche e cosce d’asciutta e moderata formazione, le quali parti, con le gambe e piedi, come braccia e mani, ancorché n’appaiano competentemente ripiene di carne, essendo però muscolosa, resistente e risaltata, dimostrano per ogni sito, con le ben scolpite giunture, nervi, vene ed altri ricercamenti, massime ne’ luoghi più remoti86; in modo [p. 60] che il tutto accoppiato con la faccia a proporzione fa conoscere la gran maestria di corpo, il quale con la ragione, e sua rara bellezza si dichiara in ogni tempo fra tutte le creature sublunari il più bello e nobile composto.
Là dove la corporatura di donna, con tutto che sia considerata di somigliante altezza e apparenza, nella formazione però del tutto, e parte viene non poco a diversificare dall’altro, perché se il maschio si ritrova con spalle e torace alto, ed insiememente dilatato, la femmina all’opposto si dimostra con parti simili, ma però strette, raccolte e pieganti al basso. E se il primo in riguardo dell’agilità è ne’ fianchi ristretto ed asciutto, l’altra di natiche dilatate e gravi si fa vedere, come corpo dedicato alla quiete, così ne’ fianchi e nelle parti ordinate alla generazione assai diffuso, come quello che viene dalla natura determinato per contenere in luogo ampio a sufficienza la corporatura del feto in ordine alla necessaria conservazione della specie.
E se nell’uomo si considerano le parti con la moderanza della carne tendere per l’ordinario alla robustezza, nella femmina ritroverà lo studioso, cosce, gambe e braccia con altre estremità accoppiate a faccia delicata e graziosa, e col tutto dimostrare lasciva bellezza, come le membra per lo più carnose, rotonde e fusulari, essendo il proprio di tali parti il dimostrare nelle gionture, articoli e altri estremi più tosto delicati accennamenti, che il contorno di risentite membra, e sicome si riscontra la specie non poco differente, si vengono a considerare altresì discrepanti l’età per esser osservazione assai nota, che ’l putto pe’l soverchio d’umidità ed imperfetto suo stato fa anco conoscere con la grossezza e brevità delle membra la pastosità delle medesime parti, sicome lo stesso corpo posto nel principio d’adolescenza apparire di più sveltezza per esser quello che maggiormente s’allontana dall’imperfetto principio87: dove rincontrato nell’ultimo d’essa adolescenza, terminante il principio di gioventù, si riconosce in somigliante età della maggiore sveltezza, e poco vestito di carne, ottenendo per conseguenza le dieci e anco undici teste, come [p. 61] termine della solita estrema longhezza, e se poscia, giunto a più matura gioventù, non ottenga per l’ordinario che la medesima longhezza, formato però di vantaggio nella latitudine delle parti, si conosce che, in perdendo la sveltezza, acquista successivamente, massime giunto nella consistenza, la più ferma corporatura, dove declinando da questa mediocrità osservasi d’indi pervenire alla prima vecchiezza, e poscia con ordine successivo alla seconda, ed in fine all’ultima decrepità, e così declinando a proporzione il corpo viene fino alle sette teste, e anco circa alle sei a dimostrarsi nel termine estremo, non scorgendosi maggior tozzezza, che insolita e participante di mostruosità.
Osservasi parimente la differenza negli esercizi, come sufficiente per far conoscere diversità nelle figure88, essendo cosa manifesta che le persone dedicate ad ozii e crapule ottengono per lo più corpo ripieno e grosso con la mancanza del buon risentimento; ed all’opposto i corpi faticati, come de’ soldati, ed uomini da campagna, essere forti e di quadrata corporatura, massime nell’età di gioventù e consistenza, quando si ritrovano privi di soverchia umidità, sendoché mediante il continuo esercizio riescono mediocremente carnosi ed abbreviati, e però vengono a dimostrare la statura ferma e moderata circa d’otto facce con i membri forti e muscoli risentiti, e nel tutto e parte benissimo ricercati, che sono riconosciuti per adeguati oggetti dello studioso di pittura, così quelli d’esercizio moderato, col temperamento eccedente nel caldo, come abbandonati d’umori attivi e sottili, pare che talora ne diano a vedere sveltezza straordinaria e molto considerabile, massime quando si ritrovano nel fine dell’adolescenza, e principio di gioventù.
Similmente si raccoglie non poca diversità da climi vari del cielo, venendo a formarsi pe’l consueto sotto i più caldi le corporature brevi, e negli opposti freddi di maggior mole89. Quindi veniamo ad osservare nel buono e bel sito d’Italia per ottenere mediocrità, ritrovarsi ancora una tal parte dell’universo lontana di viziosi estremi, e però nel tutto e parte partecipante di buona temperanza.
[p. 62] Ora con quali e quanti moti si debba, e possa considerare l’umana figura, non è facile il dar a conoscere, massime da chi solo pretende accennare il poco spettante all’universale e suppone la brevità, dove tralasciando il molto che si potria dire, mi ristringo a quello pare che sia nella pittura più necessario e maggiormente desiderabile, e conveniente ad ogni degno virtuoso90. E prima dovrassi considerare, che se bene si ritrova, come regola ordinaria, e vera, in ogni altra cosa, massime nella pittura, che venga laudata la mediocrità, e dannati per conseguenza gli eccessi, con tutto ciò essendo fra di loro contrari, sarà bene anche considerare quello che in fatti riesce meno vizioso e all’occhio più confacevole, per essere in effetto più odioso e inimico maggiore della natura, ed a’ sentimenti stessi la mancanza dell’eccesso e perciò senza difficoltà dovrà il degno professore seguire in occorrenza l’eccesso, della sveltezza, convenendosi alquanto dal mezo allontanare che il contrario mancamento, e in tal modo nel particolare di teste, mani e piedi, e a proporzione dimostrerà nel tutto della figura.
Come n’appare nell’opere del leggiadrissimo grazia, particolare spirito, e rara leggiadria, e al contrario quelli che si ritrovano valevoli e sufficienti, per altro, e hanno palesato nelle loro figure dipinte l’estremo del mancamento, come participanti della dispiacevole tozzezza e soverchia brevità, si vedono coll’operazione molto diminuita di grazia, spirito e desiderata bellezza.
E cosi dovrà parimente anco sapere che la figura posta in qualsivoglia azione, per essere corpo grave, non può di necessità non dimostrare oltre la parte in moto, anco l’immobile, come vero centro della gravità91, e perciò considerarsi piede, ginocchio, o altro proporzionato sostentacolo, e raggirandosi il corpo in vari e quasi infiniti modi con motivi naturali, conoscerà in ogni tempo non potersi questo composto gran fatto allontanare dal centro, come le [p. 63] sfere superiori dal proprio polo. E similmente quello che si muove dimostrare insiememente il centro della gravità nella gamba della possata92; quindi seguire che la spalla di quel lato per dove piomba il tutto del corpo resti più bassa dell’altra, e al contrario, se a caso verrà una di queste spalle dal peso gravata concorrendo ad un tempo con gli spiriti la stessa natura all’offesa del peso, viene tantosto ad apparire la parte incaricata più elevata dell’altra e la fontanella della gola riuscire a perpendicolo alla gamba della parte aggravata, e la testa resta parimente piombando al diretto del piede93, nella maniera che fanno gli edificisopra le loro basi94, ne segue poi anco, che per l’ordinario la faccia venga a riguardare verso il ritto nella punta dello stesso piede, e in occorrenza di moto gagliardo ritrovarsi mai sempre pronta la natura per soccorrere nel bisogno col dovuto equilibrio, dove accadendo di portarsi una parte del corpo per l’avanti, si vede immediatamente ritirarsi altrettanto all’indietro la parte opposta per ischifare il mancamento e la caduta. In modo tale che a guisa d’una bilancia osservasi restar ad un tempo equilibrato il tutto del corpo, e non solamente gambe, braccia ed altri parti estreme mostrarsi pronte per una tal contraposizione, ma oltre le parti estreme e quelle che sono interne, anco l’esterne muscolose e più rilevate, massime nella figura quadrata di buon esercizio osservasi negli atti di piegatura alle parti apparire similmente gli ordinati contraposti. Quindi potremo conoscere aver ottenuto l’uomo sino dalla sua prima formazione nel proprio composto per lo più gemine le parti, a fin che per accidental mancanza dell’una, l’altra possa resistere in ordine alla conservazione dell’individuo, sicome in occorrenza del moto per lo necessario equilibrio del tutto95; e però nel piegarsi il corpo dalla parte destra vien ad accrescersi tantosto dalla sinistra, e sporgere altrettanto al di fuori con obliqua direzione la parte muscolosa, quanto l’opposto si viene ad ascondere, e per regola dell’azioni scoprirarsi concorrere il capo, il quale collocato sopra ogni altra parte del corpo, come membro più degno e unico seggio della ragione, e di sua natura grave conspirare [p. 64] di necessità al proprio centro; onde si viene a vedere nella varietà de’ movimenti diverse belle e ben fondate posature, e nell’inchinarsi delle parti la contraposizione degli annessi membri, come se a caso un occhio ed orecchio vengano per una parte ad innalzarsi, si scuopre ad un tempo l’altre in opposizione abbassate, e in un tal modo bocca, naso ed altre parti si conoscono succedere in ordinato giro. E però gli studiosi di questa virtù nel considerare le più degne operazioni de’ maggiori maestri hanno presa occasione d’iscoprire i facili e graziosi giramenti, e della contraposizione de’ membri, che ordinariamente concorrono intorno la parte immobile, il bello del sfiancheggiare, come dal tutto della figura posta in azione con debita simetria, spirito e buona naturalezza hanno riconosciuto la spiritosa serpillazione; le quali azioni espresse al proposito secondo il convenevole di corpi ben simetriati e debitamente dipinti fanno comparire nelle opere le figure di quella maggiore e più degna sufficienza che possa incontrare nella pittura il gustoso della medesima virtù.
Ma perché queste ed altre non poche parti ed azioni sono considerate in un corpo, che in ordine al fallo de’ primi parenti96 fu indotto per convenienza a ricoprire quella bellezza, la quale, se bene formata con la similitudine della stessa perfezione, restava però senza decoro e onestà ignuda per infelice oggetto delle vicende dei tempi; e però ad un tal fine riconoscerà il curioso della professione venire per l’ordinario a ricoprire il panno l’umana figura, che in riguardo della sua bellezza e nobiltà era degna mai sempre d’osservanza e d’ammirazione. Dove potrà conoscere non essere al proposito quel panno, che incontrerà come fatto a caso senza addossare al vivo, e mostra essere per dispetto e a caso gettato sopra la figura, perché in un simil modo dimostrando in aria alcune mal ridotte pieghe, invece d’ornare il corpo a proporzione, ricuopre ben spesso il tutto senza vestire la parte, e leva talora non meno la conoscenza dell’azione, che il sito de’ membri particolari, facendo riuscire il vestito corpo tozzo, disgraziato ed immobile.
Nemmeno essere che biasmevole quello che al contrario [p. 65] per dimostrare il pittore nella sua formazione gran fondamento di sapere e straordinaria diligenza, fa conoscere legato il corpo con tritumi quasi innumerabili di pieghe improprie, ed appaiono in fatti figure di tal sorte con le membra strettamente infasciate, palesando con vizioso compimento il particolare d’ogni più sminuzzata annotomia; la quale, ancorché fatta di tutto proposito (come ordinariamente si ritrova a caso), pare che nemmeno in corpo robusto di straordinario esercizio si possa ritrovare uno sforzo così affettato.
Conoscerassi adunque vestire debitamente il panno, se in conformità delle persone rappresentate conservi il convenevole decoro, il quale vuole che s’abbia riguardo non meno alla particolar condizione de’ soggetti, che ai tempi e all’età, accioché riesca in ordine alla diversa condizione proporzionato, e così all’occasione confacevole alle deità, sicome a’ Prencipi, a’ mezani ed a vili soggetti, e similmente ad uomini, donne, vecchi, putti ed anco alla varietà degli esercizi, le quali cose diversamente considerate richiedano a proporzione in occorrenza panni longhi, succinti, grossi, sottili, poveri, ricchi, semplici, ornati, mobili, immobili, gravi e in altre diverse maniere confacevoli mai sempre a quel particolar soggetto che l’artefice intende dimostrare. E tale sarà poi laudabile, che vestendo il corpo conforme a quello deve, ricoprirà l’ignudo con pieghe diverse, convenevoli alla propria azione, facili e naturali, le quali nella sommità mancando vengano più tosto a dimostrare leggieri ammaccature, e nel discendere al basso nell’incontro di giunture o piegamento delle parti non appaiono nella propria azione in modo profondate, che non lascino al conoscimento il sodo del vivo, e che restino con vaga dolcezza adorne le membra, in maniera che sempre sia riconosciuto il sito e la simetria anco nelle stesse parti ricoperte. Il che ritrovato proporzionatamente si vedrà arrecare al tutto dell’opera decoro, e all’azione grazia, concordanza e straordinario aiuto per rappresentare al proprio del vero, quello che pretende esprimere al suo proposito il saggio professore; e chi brama di vantaggio [p. 66] procuri di vedere i citati precetti del dottissimo Leonardo da Vinci, mandati pochi anni sono alle stampe del Cavalier Del Pozzo, soggetto veramente famoso ed universale nelle virtù, e in particolare oltremodo gustoso ed intelligente nella professione della pittura, dal quale ebbi occasione di vedere il medesimo libro di Leonardo, dove tratta veramente con modo breve, ma sodo e compito, come raro maestro di teorica e prattica, de’ moti spettanti all’umane figure, de’lumi, colori, panni, e d’altre ben fondate curiosità veramente necessarie alla buona pittura, al che potrà far ricorso chi brama con simili particolarità sattisfare alla delicatezza del proprio gusto.
COME I PRIMI MAESTRI ANTICHI E MODERNI, SE BENE FRA DI LORO DIFFERENTI NELLE MANIERE E PARTICOLARI QUALITÀ, FURONO PERÒ NELLE MEGLIORI OPERAZIONI PER OGNI PARTE COMPITI
CAP. X
[p. 67] Sono, non vi ha dubbio (come si è accennato nell’ultimo capo) differenti i composti e quasi che infinite l’azioni ed effetti convenienti e propri, che s’osservano derivare dall’umana figura, e a proporzione in ogni altro animale; e se bene, come tali, siano state imitate in diversi tempi dagli studiosi della professione, l’hanno però dimostrato a maraviglia et al maggior segno i più famosi antichi, e dopo i primi e maggiori capi della moderna pittura, gli uni nondimeno, e gli altri, se bene professori supremi universali97, ed in ogni parte di compita sufficienza, nell’espressione però dell’opere come differenti e variati di genio, si palesarono parimente nelle particolarità diversamente eccedenti e qualificati; e perciò leggiamo nell’antiche istorie, che lo stesso Apelle, con tutto che stimato nella pittura per ogni parte famoso e compito, riuscisse però in alcune prerogative anco ad altri inferiore, come ad Anfione nella furia, a Protogene nella maestria, e ad Esclipiodoro nella prospettiva. Il che pare che similmente venga creduto a proporzione anco alla giornata dalla commune de’ più eruditi della professione de’ soggetti maggiormente celebri e compiti della stessa moderna pittura. Posciaché in occorrenza venendo alla più stretta reflesione, non mancano gli scrutinatori de’ nostri tempi far palese, per qualità singolari ed impareggiabili, il dissegno di Rafaello, come il colorito di Tiziano e l’idea, con la grazia, unione e delicato dipingere d’Antonio da Correggio, e questo non già perché solamente fossero di laudabile [p. 68] sufficienza in riguardo delle particolari parti, ma sì bene per aver ecceduto ogni altro più eccellente con le particolari loro qualificate e supreme prerogative, ancorché siano riusciti in effetto nel tutto spettante alla buona pitturanon poco sufficienti. Perché il dimostrarsi mediante l’operazione di talenti, e maniera diversa, non è che effetto de’ conaturali geni che per l’ordinario vengono ad originarsi da’ climi del cielo, che sono cause universali e remote, come dalle più prossime de’ particolari maestri, da’ propri temperamenti; e da simili accidenti esteriori, che vengono a concorrere per cause maggiormente vicine alla più immediata disposizione. Non resta, però, che non si venga a riconoscere in una tal verità, massime nell’opere dipinte con più esquisito gusto, che questi rari maestri hanno posseduto sopra d’ogni altro il meglio delle qualità sufficienti che si ricercano ne’ più perfetti pittori, sebene dimostra sentire altrimente Giovanni Paolo Lumazzi, mentre per compimento di bella pittura, non stimando adeguata la particolar sufficienza de’ primi e più eccellenti maestri, vole che solo mediante l’unione delle megliori qualità si possa formare la bellissima pittura; e soggionge le seguenti parole: «Chi volesse formare quadri di perfezione come un Adamo ed un’Eva, come corpi nobillissimi, bisognerebbe che l’Adamo si desse a dissegnare a Michelangelo Bonarota, e a Tiziano da colorare, togliendo la proporzione, e convenienza da Rafaello, e l’Eva si dissegnasse da Rafaello, e si colorisse dal Correggio, e questi due sarebbero i megliori quadri che si fossero mai fatti al mondo»98. Pensa ciò a mio credere solo in riguardo dell’invenzione laudabile, ma in effetto di poca riuscita, quando però dalla divina potenzia non venisse prodotto soggetto, il quale eminentemente contenesse da sè solo simili come divine qualità, che sono riconosciute nelli quattro citati maestri, che in un tal caso verisimilmente artefice così prodigioso potria dissegnare e colorire ogni sorte d’operazione, ed esprimere ogni più fina bellezza, e anco superare di vantaggio le maggiori difficoltà; ma considerandosi ciò in ordine all’atto prattico, sendo che per essere vissuti questi straordinari soggetti ad una stessa età, e facilmente ad un [p. 69] medesimo tempo, e però data come possibile l’occasione di un tal congresso per fabbricare di concerto l’opera adeguatissima, conoscerassi in un simil caso non poter sortire verisimilmente, che varie e repugnanti difficoltà per l’unione di queste incompatibili materie in ordine alla lega e forma di perfezione, non avendo in fatti fra di loro la debita simboleità. Il primo si potrà stimare, che mediante il caldo di studiosa applicazione destilasse la materia ed il fondamento de’ buoni contorni, ma il secondo per non essere disposto ad incorporarsi non potria che succedere se non imperfetto il composto, conoscendosi non essere il compito dissegno del Bonarota che una forza e idea di particolar sufficienza, che si ritrova molto più accomodata in ordine a’ sassi che a’ colori. E il più proprio talento di Tiziano essere un modo singolare, che dimostra con gran facilità uniformarsi adeguatamente alle belle operazioni di natura; e però dato anco il caso che il Bonarota dissegni la figura dell’Adamo col solito della sua più esatta sufficienza, questa riuscirà verisimilmente più ricercata d’altre figure d’angeli e di giovani, altre volte dal medesimo dipinti con estremo ed improprio ricercamento, nelle quali il tutto dell’azione col particolar di ciascheduna parte viene a dimostrare con la durezza il troppo artificio. Né mi dica il geloso dissegnatore che il buon contorno non possa dimostrare simili eccessi, e serva mai sempre per l’invenzione e buona simetria, come parte nella pittura maggiormente necessaria, e supplisca solamente il colorito alla delicata naturalezza: perché si potrà anco rispondere che essere necessario pe ’l compimento di buona pittura, che il colorito e dissegno unitamente conspiri alla formazione dell’opera, ed anco il particolar dissegno e puro contorno essere valevole per dimostrare con la proporzione la grazia e vera naturalezza, ed altre buone qualità conforme al proprio talento dell’artefice; e però conosceremo non potere conformarsi ad un tal dissegno la differente maniera di Tiziano. Ritiene il primo un’idea di corpo in estremo risentito, e di studio oltramodo ricercato, e diligentemente l’altro non concepisce l’opera che dentro a’ [p. 70] limiti della stessa natura. Eccoti co’ colori Tiziano a ridurre il contornato del Bonarota, il quale in conformità del proprio genio, tenendo nella mente impresso l’idolo della buona e desiata naturalezza, e così mentre procura col proprio stile uniformarsi al vero, incontrando eccessi ne’ contorni, parte de’ caricati lineamenti con i colori annulla, altri diminuisce e alcuni varia ne’ siti, e conoscendo il più e meno di linea acuta ed ottusa arrecare più facilità, grazia e espressione maggiormente propria, non può che ridurla a forza di colore al proprio gusto. In maniera che dato sopragiunga il medesimo Bonarota, vedendo l’opera ridotta con differentissimo gusto, non resterà che mal sodisfatto, sendo che in questo caso l’aiuto dell’uno non potria servire, che per la confusione dell’altro. Nemmeno vale il dire, che sia detto vulgato e vero non solo del medesimo Bonarota, ma parimente della commune de’ professori, che si debba prima ricercare il buon dissegno, perché dentro al contorno di proposito venga ogni cosa a campeggiare nel mezo, essendo divulgato un simil detto per dimostrare la necessità che tiene il pittore del sufficiente dissegno, né per questo seguire che un puro, ancorché fosse adeguatissimo disegnatore, possa essere stimato compito nella professione di pittura, e nel nostro caso, trattandosi del dipingere opera bellissima e naturale, non sarà valevole il dissegno del Bonarota, quantunque si ritrovi per sé stesso sufficientissimo in conformità mai sempre del molto studio, e sua particolare idea, perché in ordine alla buona immitazione del vero ritrovato lontano, si potrà credere che il gran maestro da Cadoro, come eccellentissimo nel colorito, ed assai sufficiente nel dissegno, in occorrenza non possa di meno di non procurare con gli ultimi ritocchi del suo proprio talento la più desiderata verità, ne’ quali ritocchi si contiene veramente dissegno e colorito, e si può credere ogni cosa di buono per essere in effetto i colpi del compimento, che lasciano l’opera nell’ultimo termine di perfezione, ed in tal modo pare che si possa dire non essere in ogni tempo che ammirabile lo studio ed intelligenza del Bonarota: ma questo suodissegno non [p. 71] poter meglio servire che a se stesso, e per l’opere sue, massime di rilievo, nelle quali si ritrova per ogni parte raro, e per altri artefici solo quanto all’invenzione, e ciò evidentemente si dimostrò per appunto nel caso in prattica a Cavaliere primario della città di Forlì, il quale venendo persuaso da’ gustosi della professione a far dipingere la bella veduta del suo palazzo ad Angelomichel Colonna, che si ritrovava casualmente di passaggio in detta città, e per ciò fatto vedere il sito al detto maestro, restarono che mandasse il dissegno di convenevole prospettiva, affinché potesse di poi venire a perfezionarla: dopo giunto a Bologna mandovvi bello e compito dissegno, con lettera nella quale avvisava, che essendo fatta la maggior fatica ad ogni mottivo saria venuto per operarlo. Onde ciò communicato a persone di poco e nulla d’intendimento, massime ad un pittore volgare, assai della casa domestico, il quale operò per suo interesse a segno che insieme con gli altri persuasero il detto signore che un pittore ordinario l’avria ancora in questa operazione servito di vantaggio, essendo provisto di puntualissimo dissegno, che era il più della fatica; al che acconsentendo il padrone, diede ordine che venisse ad operare quello il quale più aspirava al proprio interesse, che alla buona riuscita; fornì in breve di mal dipingere con poco onore, e riuscì il tutto di poca sodisfazione. Di maniera che poco dopo, ritrovandosi in Bologna uno di quelli che, affidato nel solo dissegno, pensava che il pittore ordinario operasse con un tal mezo straordinarie maraviglie, incontratosi in discorso co ’l sopradetto Colonna, che pur stava ad attendere la risoluzione, sentì a dire che l’opera era stata fatta con mala riuscita, e ciò non era seguito che mediante il fondamento della sua lettera, la quale avvisava essere fatto con esso dissegno la maggior fatica, al che rispose immediatamente il suddetto Colonna, che questa maggior fatica non intendeva essere fatta che per lui, come quello ch’avea adeguata conoscenza del proprio dissegno, e non altrimenti per altri, i quali per ritrovarsi di gusto e sufficienza differenti, non possono debitamente approfittarsi, e di ciò pare, che la ragione sia in pronto, perché [p. 72] quello di meno intelligenza non può conoscere, né tampoco accommodarsi per esseguire adeguatamente l’altrui dissegno, con tutto che tal volta egli sia alquanto sufficiente ne’ colori. Nemmeno potrà in tal proposito ostare l’esempio di Marcello Venusti mantovano, come di soggetto che mediante i dissegni del Bonarota dava a conoscere l’opere anco megliori, e veramente degne d’osservazione; sendo che questo per essere stato longo tempo studioso di quel maestro avea anco occasione d’uniformarsi ad un tal andamento, e per essere languido nel dissegno restava facilmente contento di caminare dentro a quei limiti, che per uscirne non teneva spirito e forza sufficiente, quando non voleva dimostrare più debile ed imperfetto il dipinto, e ’l maestro Bonarota permetteva che colorisse i suoi dissegni per conoscerlo altrettanto mancante nel pensiero e capriccio spettante al buon dissegno, quanto abbondevole di pazienza ed altri qualificati talenti, mediante i quali dava a conoscere nell’opera anco sopra il maestro grazia più eccellente e meglior colorito; e desiderando il curioso della professione vedere opere di tal sorte, ritroverà nel Palazzo de’ Farnesi in Roma il Giudicio del medesimo Michelangelo in picciolo, il quale veramente nelle parti spettanti alla grazia, decoro e delicatezza, appare più compito; e quadro che dimostra parimente un composto raro di questa unione con figure di grandezza simile a quelle del Giudicio, e forsi di maggior perfezione, vedesi in Forlì nelle stanze dell’appartamento nobile del Collegio sopra alla Pace della città nel Palazzo Publico della piazza, il quale fa conoscere eccellentemente la Ressurrezione di Cristo con alcuni soldati alla guardia, dipinto coll’esattissimo dissegno del Bonarota e colorito in modo che palesa il tutto ed ogni minima parte, con graziosa e puntuale osservazione; che in occorrenza potrassi vedere ritrovandosi in tal luogo ben custodito, come merita opera per ogni parte qualificata. Non sarà però l’esempio di questo, che fu assai inferiore nel dissegno, e particolar immitatore del suo maestro Bonarota, valevole per dimostrare il simile di quel Tiziano, che si trovò per ogni parte adeguatamente compito, e solo seguace [p. 73] e sopra a tutti eccellente nell’imitazione di più vera naturalezza.
Che poi nemmeno il pittore di minor fondamento non possa sodisfare appieno a dissegni altrui, con tutto che sia della medesima scuola, l’hanno dimostrato in prattica l’opere che lasciò Guido Reni dopo morte, dissegnate, sbozzate e mezo compite, ed in varie maniere imperfette, le quali ridotte a compimento da vari pennelli per lo più della medesima scuola, ed anco d’altri di laudabile sufficienza, e pure fra questi non è possibil ritrovarne chi nel tutto venga ad adeguare la solita compitezza del maestro, e ciò stimo facilmente derivare, perché per l’ordinario ciascun artefice si ritrova col gusto suo proprio anco la sufficienza determinata, fuori de’ quali limiti non può l’agente ordinariamente operare, ed essendo (come poco dinanzi significai) gli ultimi ricercamenti quelli che danno con la grazia particolare lo spirito più vivo del primo moto e la maggior perfezione, e solo quello ch’avrà co’ talenti di natura anco del pari lo studio ed intelligenza potrà in simili occasioni incontrare l’altrui pincipiato. Ed i soggetti diversi, che hanno dimostrato unitamente concorde il buon esito dell’operazioni nella pittura solo furono quelli che in fatti ottennero uniformi i naturali talenti, lo studio e la sufficienza, in modo che abituati in tal maniera si dimostrarono nell’operazione poco discrepanti, e così come allevati ed assuefatti unitamente nel concorso di maniera e gusto particolare si può credere non potesse in tal coniettura ed unione, che l’uno giovare in occorrenza all’altro, posciaché alle volte arrivando il secondo sopra l’opera incaminata dal primo, che già di mente e corpo si ritrovava stanco, che in tal caso non solo la proseguisse in ordine al compimento, ma anco alla perfezione; e maestri di tal sorte furono i Carracci, i Dossi, [p. 74] nelle Academie dell’Ignudo lo stesso modello, e anco nella medesima vista e positura, perché ciascheduno l’osserva con occhi, mente e gusto differente, parimenti non riuscire che molto vario il dissegnato. E per conoscere una tale difficoltà, il saggio Francesco Barbieri99 in occasione di visitare nella festività di S. Anna la picciola chiesa de’ Padri Certosinidentro la città di Bologna dedicata alla santa, fu ricercato in tal tempo da que’ Padri a dar compimento ad una tavola, che dimostrarono conservare sbozzata dalla buona memoria di Guido Reni; e per ritrovarmi in compagnia di questo maestro sentii anco per risposta che avendo in ogni tempo portato la debita riverenza all’artefice, perciò fino allora non avea accettato l’incominciate pitture, e nemmeno voleva la presente, apportando per sufficiente ragione il dire, che sia assai meglio conservare in tal forma la memoria di un così pregiato maestro ed esser vano il pensare, come essi stimavano, di poter in uno ottenere l’opera, e particolar virtù di soggetti differenti, e ciò con minor studio e fatica dell’ultimo, perché in fatti non potria riuscire che l’opposito, essendo cosa co ne impossibile, che altro pittore venga al compimento di quello sbozzo, e conservi intatta la particolar virtù che si ritrova nel principiato, per essere in effetto l’opera di quello, che concorre maggiormente, e con gli ultimi colpi a perfezionarla, e quando desiderassero il saggio dell’uno e dell’altro compiacendosi del di lui pennello l’avria fatta molto volentieri da sé solo senza veruna obligazione di tal sorte, ma solo in ordine al soggetto che avessero addimandato, e con questo modo avriano sortito l’opere d’amendue.
Fu laudato per buono, e molto prudente il pensiero; diedero il soggetto nel tutto al principiato diverso, e fu compita in breve la tavola, che riuscì di non ordinaria bellezza, la quale si vede al presente nella chiesa de’ medesimi Padri Certosini, che è fuori della città di Bologna, e dimostra dipinto con gran sufficienza S. Bruno loro fondatore, con la Beata Vergine che tiene il Cristo in braccio, angeli e paese; e nella chiesa di dentro conservano lo sbozzo di Guido Reni, e il tutto seguì con onore, e universale soddisfazione.
AVERE DIMOSTRATO CIASCUNO DE’ SOPRACITATI MAGGIORI MAESTRI NELLE LORO PIÙ COMPITE OPERAZIONI L’EPILOGO DELLA SUPREMA ECCELLENZA, CHE S’OSSERVI NELLA PITTURA, E COME SOGGETTI MORTALI NON AVERE OPERATO CON ASSOLUTA PERFEZIONE, NÉ ESSER LE LORO OPERAZIONI DELLA MEDESIMA SUFFICIENZA
CAP. XI
[p. 75] Essendosi già dimostrato nell’antecedente capo, essere difficilissimo, e come di repugnante riuscita l’accoppiare in opera sola vari soggetti di gusto e sufficienza differenti, serviranno parimente le stesse ragioni per far conoscere restar altresì ingannato Paolo Pino100, mentre vuole che pure mediante l’attività e sufficienza di Michelangelo riunita all’altra di Tiziano si possa ritrovare in fatti il tutto delle maggiori eccellenze di pittura, come se Rafaello e Antonio da Correggio non concorressero del pari, e forsi anco di vantaggio nelle qualità supreme e maggiori perfezioni di questa virtù; e perciò lasciandosi da parte coteste vane immaginazioni, come chimere dell’intelletto per ogni parte lontane dall’effetto desiderato della real essistenza, diremo che similichimerizate perfezioni di pittura si ritrovano in fatti nell’opere più isquisite de’ sopracitati primi capi e maggiori maestri, dove consiste al presente l’epilogo vero delle somme perfezioni di questa pregiata virtù, che del continuo si possono godere da’ gustosi della professione. Di maniera tale che il virtuoso, compiacendosi osservare dissegnati e dipinti di figure ignude con supremo studio e adeguatezza, gustando in particolare con lo studio la più bella simetria e straordinario ricercamento, avrà commodità di sodisfarsi nelle camere del Vaticano, e desiderando maggior avanzo nella natural perfezione, come di ritrovar ascoso il ben posseduto fondamento [p. 76] dell’arte, ritroverà tra l’altre della maggior Loggia detta de’ Ghisi nella città di Roma alcune femmine ignude, che dimostrano diverse vedute alquanto sopra l’occhio, col tutto che si ricerca alla più eccellente bellezza; e fra i dipinti della seconda Loggia ritroverà pure del medesimo Rafaello la molto delicata e graziosissima Galatea, la quale coll’intervento di belli e ben intesi ignudi di varie meze figure insieme con alcuni putti palesa sopra un’intelligenza estrema un eccesso di spirito, rilievo e delicata naturalezza , sicome nella tavola di S. Pietro in Montorio fra l’altre figure di maravigliosa bellezza, che si considerano diversamente vestite, e in guisa di persone viventi con lo spirito e vari movimenti animate, vedrà un mezo nudo di figura così egregiamente studiata in ordine alla più fina perfezione, che al dicerto palesa un estratto della singolar naturalezza ; e però sarà credibile, che un tanto artefice, avesse anco in occorrenza da sé solo dipinto corpo di figura ignuda per ogni parte compito e sufficiente. E Tiziano per esprimere convenientemente al vivo gli effetti della stessa natura forsi avrà bisogno dell’altrui pensiero? Questo potria essere, quando il fine del buon pittore fosse l’imitazione d’un’altra natura; che in tal caso richiederebbe facilmente l’altrui direzione per aggiungere e diversamente mostrare con modi duri e violenti i corpi espressi. Ma in effetto pare non si ritrovi, che la natura abbia dimostrato in altra guisa le proprie operazioni di quello che palesasse co’ colori il medesimo Tiziano, e se il Lumazzi ed altri bramavano in un coldissegno e colorito uomini vestiti di viva carne, e compiti con membra ed azioni come del tutto alla natura uniformi, dovevano osservare nella città di Venezia le mura esterne della fabbrica straordinaria detta il Fondaco de’ Tedeschi, che avriano ritrovate figure ignude rappresentanti con debita proporzione e buona naturalezza, e tralasciando le altre stupende eccellenze della gran tavola di S. Pietro Martire, che si vede ne’ Padri Domenicani di detta città, bisognava che considerassero al minuto il corpo denudato di quel ribaldo uccisore, che nello stesso tempo avriano ritrovato col dissegno [p. 77] e conveniente proporzione anco lo studio di ricercato ignudo, coll’espressione dell’atto proprio, riunito il tutto a tanta verità, che pare non potesse assolutamente la stessa natura dimostrare di vantaggio, e quello che fabbricò un tal composto così uniforme alla bella naturalezza, avria anco dipinto verosimilmente in occasione da se solo l’Adamo con ogni proporzione e più rara imitazione di natura, e un Giudicio Finale coll’aggiungere alla sufficientesimetria il solito carattere della più vera maniera, e si potrà facilmente credere che avesse arrecato uno spaventevole inganno, e commosso ad un tempo l’animo de’ riguardanti, avendo fra l’altre bellissime operazioni espresso in S. Spirito, chiesa poche miglia distante dalla medesima città di Venezia, istorie alla propria vista del di sotto in su con alcuni grandi ignudi d’estrema bellezza, come un corpo per ogni parte grande e straordinario diGolia gigante, e la storia del sacrificio d’Isaac, come un’altra diCain quando ammazzò Abello, ignudi di tanta bellezza, i quali fanno conoscere cotanto d’intelligenza, maniera talmente tremenda, rilevata, vera e così proporzionata alla propria vista dal di sotto in su, che al di certo quello che viene a vedere operazioni di tal sorte non resta a desiderare cose maggiori. Io però giunsi a godere d’una così grata vista mediante l’amorevole essortazione di Francesco Albani, soggetto veramente erudito e sufficiente al pari d’ogni altro, che co’ detti e fatti esercita a’ nostri giorni la professione, ed egli fra l’altre cose che mi fece avvisato, mentre da giovane mi ritrovava a Venezia, fu, che non dovessi partire da quelle parti prima di farmi trasportare a detta chiesa, dove per essere restato da così degna vista consolatissimo non posso in tal caso non essortare i più gustosi di questa virtù in occorrenza di ritrovarsi nella città di Venezia a mirar quivi in sei gran quadri espresse a tutte le vedute, e con maniera differente i più eccellenti dipinti del gran Tiziano, e della stessa moderna pittura. Ma perché dubbitare nel compire una rara bellezza del mirabile pennello d’Antonio da Correggio? Forsi egli in occorrenza non ha dimostrato un’idea di singolare ed insolita perfezione? Non credo che l’intelligente [p. 78] e gustoso della professione sia per concepire una tal difficoltà, quando si compiacerà avere il dovuto riguardo alla maggior parte de’ suoi dipinti, perché eglino non palesano che eccessi di bellezza; tralascio da parte, per trattare in ordine agli oggetti terreni, gli angeli, che sono nella maggior cuppola del Duomo di Parma, i quali nel dimostrare un’espressione insolita e rara bellezza del Paradiso non hanno comparazione coll’idea delle più scielte bellezze della terra. I putti, quali veri, che sono nella tavola detta di S. Pietro Martire appresso il Serenissimo Duca di Modana, e ’l corpicciuolo, come divino rappresentante la città di Modana nella tavola detta di S. Sebastiano, che si vede pure nel medesimo luogo; così i putti parimenti, che sono nella tavola di S. Antonio di Parma, altro non danno a conoscere, che parti prodigiosi dimaraviglia; e ’l simile a proporzione nell’opere medesime il corpo ignudo del S. Sebastiano, e l’altro del S. Giovanni Battista entrambo espressi nella adolescenza e principio di gioventù , così il corpo del S. Giorgio, e quello del Cristo morto ne’ quadri che sono nellaChiesa di S. Giovanni nella città sudetta di Parma, i quali ignudi dimostrano età più ferma tra l’ultimo dellagioventù , e principio di consistenza; e quello del S. Girolamo nella mentoata tavola di Parma non dimostra in chiaro corporatura di vecchio vigoroso, e una più fine idea dello studio, enaturalezza maggiormente bella, e conveniente?
Non porrò alla considerazione l’Ecce Homo del Conte Prati, che pure si ritrova in Parma, come quello, che per esprimere al maggior segno l’umanità coll’annesso divino di Cristo si ritrova più tosto cosa sopranaturale, che umana operazione. E questa osservando sufficientemente il virtuoso conoscerà essere una serie di corpi ignudi, che dalla prima fino all’ultima età dell’uomo rappresentano proporzionatamente al vivo i corpi delle più eccellenti, e perfette bellezze. Dove da questi potrà dedurre facilmente il gustoso della professione, cheartefice così egregio avria anco potuto dissegnare in occorrenza e dipingere ogni maggior bellezza e desiderata perfezione che nell’uomo, e anco nel corpo della donna si venga ad osservare, [p. 79] avendo in fatti nelle sue più rare operazioni dato saggio di sufficienza suprema.
E però dovrassi confessare che questi principali e maggiori soggetti abbiano dimostrato intendere ed esprimere del pari sopra d’ogni altro moderno la fabbrica maravigliosa, che dimostra nell’esterno l’umanacorporatura, come quelli che hanno espresso in ogni età compitissimi ignudi, ed accoppiato alla proporzione e sufficiente ricercamento la delicatissima e più veramaniera con decoro e grazia di tal sorte, che mediante simili operazioni danno chiaramente a conoscere non essere stata espressa la più bella, e perfetta imitazione di natura. E per ostare a così chiara probabilità non sarà sufficiente il dire, che tali artefici abbiano anco fatto conoscere qualche volta opere debili, e dalle mentoate differenti e mancanti; perché trattandosi de’ soggetti che hanno operato al maggior segno di bellezza, e come uomini mortali sottoposti agli accidenti mondani, e agli errori, non si pretende dimostrare l’opere loro d’assoluta perfezione, le quali solamente s’attendono dall’immediata virtù divina, ma come creature dependenti, essendo disposti ed essercitati conforme all’ordine di natura, non hanno potuto che per l’ordinario esprimere l’operazioni dell’età immatura ed imperfetta, debili e mancanti, e quelli che sono pervenuti all’ultima, e declinante età, hanno parimente palesato mancanti gli effetti de’ propri dipinti, e ancora in altri tempi vari, e differenti, perché in fatti la vita umana non è che un inegual composto per lo più partecipante d’instabilità.
E per ciò se dobbiamo raccogliere e conservare i frutti di buona maturità in riguardo dell’ordine di ben regolata natura, a che fine ricercargli insufficienti e mancanti avvanti e dopo il debito tempo? Perché far mostra di quelli che, oltraggiati dagli accidenti, appariscono per disgrazia viziati e mostruosi? E però in questo proposito si potrà dire quello che una volta sentii rispondere da Giovanni Francesco Barbieri, soggetto primario de’ nostri tempi a curioso della professione di pittura, che gli addimandava il suo senso intorno a mancamenti, che stimava riconoscere nell’opere [p. 80] de’ maggiori maestri. Cioè, «ch’egli non avea mai creduto, che opere di tal sorte fossero fatte immediatamente dal sommo facitore, e per conseguenza senza veruna menda, ma avea bensì ritrovate in esse così belli, ed eccellenti gradi di perfezione, che altrove non riconosceva una bellezza eguale, se bene fossero per altro laudabili e sufficienti, e per ciò rimirava ed ammirava simili dipinti come migliori d’ogni altro a fine d’approfittarsi, e non altrimenti per iscoprire i mancamenti, riconoscendo in opere di tal sorte sempre più abbondanti le perfezioni, e le qualità in ogni tempo ammirabili, ed in simil modo poteva anch’esso sodisfarsi senza ricercar di vantaggio nell’osservazione dell’umana sufficienza, essendo mai sempre degni d’imitazione e lode quegli artefici, i quali con minori errori d’ogni altro hanno saputo operare a gloria di Dio i più compiti dipinti, e poterono in occorrenza esprimere le maggiori difficoltà, essendo anco credibile, che avessero espresso le cose di minor momento nel loro buono stato, quando i disgraziati accidenti non fossero concorsi ad impedirli»101. Dovransi adunque ammirare in guisa di singolari prodigi l’opere migliori de’ primi e supremi, ed anco d’ogni altro qualificatomaestro, e compatire a proporzione i dipinti in qualche parte mancanti ed imperfetti, derivanti bene spesso dall’imperfetta età, come dalle disgraziate vicende che vengono per l’ordinario ad impedire per incognita causa gli umani pensieri, massime nel maestro da Correggio, che per fortuna del mondo e de’ pittori, nacque con talenti divinizati, ma per istraordinaria disgrazia altrettanto infelice. Né mi dica in tal proposito il Lumazzi102, che emulando Apelle esponeva ancor esso in publico l’opere sue, perché in effetto fu ad esso tanto uniforme nelle qualità virtuose, quanto contrario nella meritata fortuna, sì che potrassi veramente dire che sia stata fra di loro diversa la sorte, e però farà anco credibile che avessero differenti i fini; il primo come quello che operava coll’intento di publicare e perfezionare ad un tempo coll’opere il nome; l’altro stimasi forzato dalla necessità a fine prima di vivere con la fameglia, e poscia di propagare la virtù, e così violentato dal bisogno per sodisfare alle sue necessità, come poco dianzi accennai nel quarto capo, diede ad uno [p. 81] speciale, al quale dovea quattro scudi un quadro di Cristo nell’Orto103, che fu poscia anco in breve venduto scudi cinquecento; e mi viene ultimamente riferito da Luigi Scaramuzza pittore di buon gusto e sufficienza, che un quadro rappresentante Cristo nell’Orto meno d’un braccio nella città di Milano, (che facilmente si può credere essere lo stesso mentuato dal Lumazzi) fu comprato ultimamente dal Marchese di Caracena, Governatore d’essa città, dal Conte Pirro Viscontisettecento cinquanta doppie. Dove potremo conoscere che se veniva ad esporre Apelle i propri dipinti a fine di maggiormente perfezionargli, l’altro da Correggio, quantunque bramoso egualmente con un tal modo d’approfittarsi, in riguardo però del suo povero stato era prima astretto dal bisogno a publicare l’opere che verisimilmente nissuno ricercava nel privato di sua casa, e così necessitato dava a creditori per corrispondenza del poco, dopo aver prima forsi trovata in publico la minor promessa, e cosa però credibile, che egli non potesse altrimenti risolvere, come quello che, per necessità, assai più aggradiva un debile aiuto che un’abbondante conseglio; quindi è che il ritrovarsi per l’ordinario privo di tempo, e di necessarie commodità, e coll’operazione di suprema eccellenza fa che si debbano anco stimare come prodigiosi i di lui migliori dipinti, e non a mancamento quelle cose che tal volta s’incontrano di minor perfezione, sempre più perfette e stupende in ordine allo stato di così sfortunato maestro, e però si determini pure col dire in tal caso che Apelle in paragone di Antonio da Correggio dipingea per gusto e giuoco, convenendo al secondo essercitare ad ogni strada come forzato il proprio talento. È vero che Antonio Allegri fu per avventura fra moderni il primo, a cui venne fatto di esprimere in su le labbra a maraviglia il riso, e’ l riso uscente dal suo pennello fu tanto più mirabile, quanto che non poté frastornare la di lui lagrimosa povertà, fu un riso veramente da pittore tutto finto, e più tosto sardonico, che vero; mentre riferiscono gli scrittori della medicina di quei tempi104, che ridevano i sardi, ma con riso cagionato dal malore, il [p. 82] quale apportava doglie e morte, benché si dimostrasse con aspetto d’allegrezza105. Ma non fornisce la disgrazia di questo virtuoso infelice. Eccolo, come per fatal destino disgraziato; il medesimo Lumazzi non manca di proporlo più volte in esempio per eccellentissimo al pari d’ogni più degno e qualificato; e pure in occasione della particolare scielta de’ più meritevoli e perfetti si può dire a caso, e per manifesta offesa della verità viene tralasciato contro ogni ragione e dovere: ma però chi si sia conoscerà essere chiara ingiustizia il non venir chiamato fra gli eletti quello, che ha fatto al pari d’ogni altro l’opere buone, il quale insieme con gli altri due ha illuminato ed arrecato la somma perfezione alla pregiatissima virtù della pittura.
QUALI SIANO STATI OLTRE I PRIMI, E PIÙ PERFETTI MAESTRI, QUELLI CHE HANNO PREVALUTO NELLA PITTURA CON TALENTI PARTICOLARI E PIÙ ECCELLENTI QUALITÀ
CAP. XII
[p. 83] Vari però, oltre i più perfetti, e altri di successiva sufficienza nell’universale, vengono riconosciuti concorrere proporzionatamente degni con diversi talenti per compire il Microcosmo di gloriosa pittura, e fra copia de’ più riguardevoli pare che prima si palesi di merito maggiormente considerabile, medianti l’opere dotte e copiose diVenezia, il fondato e risoluto operare di Giacomo Robusti, detto il "Tintoretto" 106, come si raccoglie esattamente dal Cavaliere Rodolfi, che in vero potrassi dire aver ancora ecceduto ogni altro dalla grandezza de’ pensieri e presta effettuazione de’ rari ritrovati, in modo che quando egli avesse accoppiato a queste singolari qualità il desiderato e dovuto compimento, saria facilmente riconosciuto primo nella professione.
E Giulio Romano, se nel colorito, come ingrazia e perfezione adeguato per ogni parte, si fosse dato a conoscere sufficientemente compito, come nell’invenzione, buona disposizione e straordinaria attitudine, avria potuto senza difficoltà concorrere più per eguale, che per seguace, ed inferiore delmaestro Rafaello.
Polidoro parimente da Caravaggio prevalse in maniera nella particolare operazione di chiaro oscuro, massime nell’invenzione espressa con decoro, spirito, facilità e primo moto, che se tale fosse riuscito nell’universale, forsi non saria stato ad alcun moderno secondo.
Riuscirono ancora di non poca eccellenza in questo particolar modo d’operare, benché inferiori al primoPolidoro, [p. 84] a quei giorni il Fattor buono, Maturino, Domenico Beccafumi, Baldessarra da Siena, ed altri.
Successe immediatamente a’ sopracitati straordinari maestri Livio Agresti da Forlì,che fu nell’istoria e facilità del buon dissegno non poco eccellente e qualificato, come hanno dato a conoscere diversi essattissimi componimenti in particolare dipintia fresco, ma però se bene dotto artefice, a’ primi maestri ineguale, e mancante, osservandosi solo assolutamente impareggiabile nel dipingere nelle tele d’argento, delle quali fu l’inventore, e in un tal modo d’operare più eccellente d’ogni altro.
Quanto nel particolare d’opere notturne, oltre l’universal sufficienza, ne’ riflessi di fuoco, ed altri lumi, come nella rappresentazione d’ogni sorte d’animali, e di massarizie di casa sia stato singolare Giacomo e Francesco da Bassano, e altri successivamente di detta casa, ciò del continuo testificano le di loro copiose e come stupende operazioni, massime con simili soggetti, i quali per esser espressi dalla forza di genio connaturale, mostrano ogni altro dipinto oltrepassare.
E chi non sa quelli che fossero più adeguati ne’ dipinti d’architettura, e ben regolata prospettiva, legga Sebastiano Serlio Bolognese107, il quale in occasione d’insegnare quello che vada dipinto per le volte delle fabbriche, ritroverà dichiarare per maestri maggiormente sufficienti nel dipingere, al proposito del di sotto in su, Andrea Mantenga da Mantua, e Melozzo da Forlì, amendue se bene in maniera antica, però dottissimi, e in simili fondamenti impareggiabili; e se il virtuoso avrà curiosità in questo particolare d’opera più moderna, veda in Roma la Sala Clementina, e altre operazioni simili di Giovanni e Cherubino dal Borgo. E di simile stile, massime d’architettura, e prospettiva in Venezia, e Brescia, di Cristoforo e Stefano fratelli, di Tomaso Sandrini, e anco diDomenico Bruni, e Giacomo Pedrelli suoi seguaci.
E senza partirsi al presente dalla scuola, di Lombardia, continua scaturiggine d’ogni sorte di virtuosi, vedrà massime nella città di Bologna l’opere di Girolamo Curti, e [p. 85] oltre di queste riconoscerà anco ritrovarsi al presente come veri eredi della stessa, ed avvantaggiata virtù Angelomichel Colonna e Agostino Metelli, i quali ormai per ogni parte dell’Italia hanno lasciato non poco saggio del proprio talento, e sopra d’ogni altro eccellenti e prattici nel fresco de’ muri, onde non mancano cotidianamente in abbondanza gli effetti rari della loro particolare operazione.
Come poi sia riuscito sufficiente, e qualificato Antonio Tempesta nelle battaglie, caccie, massime nell’esprimere con ogni studio ed attitudini d’ogni sorte i più spiritosi cavalli, lo dimostrano massime l’opere di Roma, che vivono per contrasegno di gran talento, e singolar inclinazione. E nell’invenzioni copiose, capricciose e bizarre di figure picciole il Calotta, e anco al presente il suo seguace detto Stefano della Bella.
Abbiamo similmente osservato a’ nostri giorni il famoso Guido Reni nello studio per ogni parte della figura molto valevole e adeguato, e nella facilità e grazia come divina, panneggiamento e bel concerto dicolorito delicato veramente singolare.
Fu altresì riconosciuto agli anni passati in Fiorenza sua patria Cristoforo Alori, e poco dopo in Roma N. detto lo Spagnoletto amendue molto qualificati, e straordinari in riguardo di bellissimo colorito, ma perché si dimostrarono languidi nelle parti spettanti al buon dissegno, però solo riescono in poca operazione considerabili.
Alla giornata viene pure a conservarsi per gloria della pitturaGiovanni Francesco Barbieri, soggetto universale, e nella maniera di buona, e bella naturalezza come nella rara contrapposizione di ben concentrati colori espressi con forza e granrilievo veramente eccellentissimo, e perciò stimato per ogni parte famoso e straordinariomaestro.
Come similmente al presente Francesco Albani, il quale nel concerto d’istoria congrazia e decoro, massime nell’operazione di picciole figure s’è dimostrato a’ nostri tempi singolare.
Straordinario ancora si dimostra tutta via a’ nostri giorni [p. 86] inRoma Pietro Beretini da Cortona, massime nel particolare della copiosaistoria ne’ freschi de’ muri; e ne’ ritratti al naturale il giusto pittore oltramontano.
Furono in oltre anco diversi soggetti considerabili, e molto qualificati, alcuni nella varietà di paesi insoliti, con invenzioni di mostri, ed altri capricciosi ritrovati non poco spiritosi, compiti e naturali, che in vero hanno dato a conoscere particolarità insolite e maravigliose, comeil Brugolo e il Civetta in simili ritrovati in picciolo, e ne’ paesi d’ogni sortePaolo Brillo, ed altri diversi soggetti oltramontani, e fra questi si potria anco collocareGioseffo Arcimboldo, come pittore ingegnosissimo e fantastico, il quale come si raccoglie da moderno scrittore della professione108, per aver dipinto fra gli altri non pochi fantastici capricci un Vertunno formato di frutta e una figura di Flora con diversità di fiori molto capriccioso e commendato, non cessa esso scrittore di celebrarlo con lodi supreme. Ma talenti di tal sorte, se bene per se stessi laudabili, in paragone poi de’ più universali e perfetti maestri riescono in fatti, come di virtù, anco di merito inferiori. Lo dimostra di vantaggio uno de’ maggiori cultori della passata antichità, il quale in questo caso asserisce, «che in tali tempi quelli, che dipinsero paesi, animali, verdure, ed altre simili capricciose vaghezze, spettanti», com’esso dice, «all’ornamento di campagna, che non sortirono veruna gloria, ma solo quelli, che dipingevano le tavole»109. E così credo che anco a’ nostri giorni si possa dire quello che lasciò scritto moderno autore in proposito dell’essere buon pittore e poeta. «Atro ci vuole per essere stimato buon pittore, che contrafar bene un velluto, una fibbia da cintura. Il fatto sta ne’ bambocci come disse Giovanni da Udine ad alcuni che si stupivano delle grottesche mirabili, che sono di sua mano nella Loggia di Leone, e nella Vigna di Clemente»110. E però pensava invano di concorrere fra degni pittori quello che si ritrova con la sola immitazione di naturale, privo di conveniente dissegno, e buona idea, ancorché ne’ soli paesi, frutti, fiori, panni ed anco ne’ ritratti riesca sufficiente; e se tal volta soggetto ordinario a forza d’ostinata diligenza dimostrerà finalmente opera di buon [p. 87] gusto e sufficiente, non potrà con ragione pretendere il nome di buon pittore, sendo che conforme n’insegna il compitissimo da Vinci: «non è laudabile il pittore, che fa bene una sol cosa, ma conviene, che faccia il tutto»111.
Dove questi, ed altri simili per non essere riusciti nella pronta ed universale operazione, corrispondenti di longa mano a’ più compiti, prattici, e per ogni parte sufficientissimi maestri, saranno stimati per conseguenza ad essi improporzionati ed inferiori. Non avendo in fatti comparazione col fonte il rivolo, né il tutto con la parte.
PER QUALE STRADA S’INCAMINASSERO I TRE PRIMI E PIÙ ECCELLENTI MAESTRI ALLE MAGGIORI SUBLIMITÀ DELLA PROFESSIONE DI PITTURA, E COME SIANO I VERI CAPI DELLE TRE PIÙ FAMOSE SCUOLE DELL’ITALIA
CAP. XIII
[p. 88] Ora verrassi anco facilmente a conoscere, come poscia sopra d’ogni altro della moderna professione Rafaello, Tiziano e Antonio da Correggio, sopracitati primi e maggiori maestri spiegassero il volo in guisa di triplicata fenice dell’Italia alle più eccelse sublimità, ogni volta che osservaremo questi straordinari soggetti, come dotati di maggior disposizione, spirito ed arte, aver anco dimostrato in breve le più compite ed eccellenti operazioni di pittura, perché in effetto hanno inteso non essere infine l’operato di buon dipinto, che un artificioso composto del bello di natura, il quale non viene a manifestarsi di convenienza se non a vista determinata, e scoprendo la di loro trascendente cognizione, che per l’ordinario gli antecessori per abbondare nel superfluo d’estrema finitezza avevano già errata la sicura strada del bene operare, come quelli che, tralasciando il necessario studio delle parti, e scorrendo smarriti nel mare di tanta virtù, terminavano nell’estremo scoglio dell’abbominevole siccità; dove resi privi di moto, spirito e desideratanaturalezza, dimostravano per lo più l’opera viziosa ed imperfetta.
E però scelta la scorta di perfetta antichità da primi e maggiori capi, ed incontrata in occasione con le più rare bellezze di natura, vennero in tal maniera ad iscoprire le più belle osservazioni e maggiori difficultà dell’arte, e specolando con indagine straordinaria la real fabbrica de’ veri composti, vennero in fatti a conoscere più virtuali, che [p. 89] realmente espressi i contornati estremi, e solo manifestarsi diversi i siti, mediante la differenza e sufficiente concordanza de’ colori, i quali scoprivano le parti successivamente degradate, ed eglino a forza di dovuto rilievo separare coll’oscuro i luoghi più bassi e meno illuminati, e distinguere i più sublimi e quelli di mezo, mediante diversità di riflessi emeze tinte, che venivano a dimostrare diversità de’ luoghi, ed a tutti ritrovarsi sufficiente l’unione, la quale con artificiose miste di colori concordava i mezi e degradava gli estremi, dove in somigliante modo incitati ingegni così eccellenti, vennero posciaad imitare queste rare bellezze con dotte mistioni di tinte, e, ben modificate, a porgere in occorrenza dell’operare lumi ed ombre alla già ben contornata figura, ed a indurre per conseguenza le vere sfuggite e gl’ingannevoli scorzi, e a dimostrare nel piano il rilievo di soda rotondità, e perciò poterono formare adimitazione del vero un artificioso inganno, che alletta la vista di chi si sia, e sopra d’ogni altro poi sempre gode l’intelligente spettatore, ed avendo felicemente oltrepassato le durezze dell’imperfetta siccità, dovranno con ogni ragione trionfare de’ maggiori onori, e con essi susseguentemente i loro seguaci, come laudabili imitatori, i quali col mezo dell’opere si danno a conoscere per membri più immediati a’ stessi principali nella formazione del Microcosmo di questa virtù; imperoché aiutati da tali buone qualità, già nati, nodriti e conservati nella bella Italia, come da fecondissima madre, e perciò ottenendo connaturali le straordinarie disposizioni vennero anco ad operare nella strada sicura, e a concorrere condegni alla partecipazione della gloria, e ciò potrà facilmente conoscere lo studioso112, ogni volta, che venga ad osservare con dovuta riflessione non ricercare infine le più nobili operazioni dell’umano intelletto in ordine al commune sentimento de’ migliori intelligenti, che sopra le parti concernenti alla debita formazione la stessa moderanza, e buona temperie degli umori, la quale per derivare dalla qualificata e buona temperatura del composto pare che poscia si venga a scoprire che quelli, che nascono e si [p. 90] conservano nel più idoneo e temperato clima, vengano anco di facile ad ottenere nel proprio individuo simili sufficienti disposizioni, dove soggetti di tal sorte per essere maggiormente disposti applicandosi all’acquisto d’ogni virtù sortiscono sopra d’ogni altro il desiderato possesso, e però sarà anco ragionevole il dire, che gli abitatori fortunati dell’Italia, come quelli che hanno avuto in sorte di nascere nel raro sito di parte forsi la più famosa e degna dell’universo, conforme all’attestato de’ migliori scrittori113, siano per conseguenza soprastanti per l’ordinario nell’operazioni virtuose, e di maggior spirito ad ogni altra nazione, ed in particolar nella pittura essere riusciti di suprema eccellenza. Il che ponderandosi dall’erudito, conoscerà in chiaro che dopo i più compiti, e famosi eroi della Grecia non ha qualificato il cielo veruna nazione al pari di quella dell’Italia, ed in tal maniera che chiaramente si viene a conoscere avere stanza in questa singolar parte tre principali, e più famose scuole della pittura, e da così feconda terra germogliare in ogni tempo i più degni effetti di questa virtù, e del continuo persistere il seggio dell’operante virtuoso. La prima delle quali dirassi originata nella Toscana 114, e nel tempo del Bonarota, come del Vinci acquistando straordinario augmento, conosceremo col mezo di così eccellenti soggetti restasse non poco fondamentata, dove poscia succedendo a questi l’immediato Rafaello la rese al supremo segno di compimento in maniera che si potrà credere la prima e ben radicata essersi ritrovata in riguardo dell’origine, e sodo fondamento nella Toscana, e dopo in ordine alla più adeguata perfezione di Rafaello nell’alma città di Roma, e conservarsi successivamente in cotanta città, medianti i successori di così degna scuola,, soggetti per lo più di straordinario fondamento, e nella pittura celebri e sufficienti, e però stimo come superfluo l’accennare al presente la vaglia di tanti e tali soggetti, de’ quali fin ad ora non sono mancati diversi scrittori di quelle parti115 per far conoscere assai diffusamente in vari modi insieme con ogni maestro anco le particolari operazioni. E passando alla secondascuola, dello Stato Veneto veramente [p. 91] copiosa e molto laudabile, la quale mediante la sublime virtù del famosissimo Tiziano116 ottenne gli ultimi gradi di perfezione, eposcia successivamente dalla straordinaria operazione di Paolo Veronese, ed altri eccellenti soggetti per lo più derivanti dallo stesso primo ed eccellentissimo Tiziano, fu nobilitata, si moltiplicò a segno che al presente per ogni parte di merito ne vive al mondo famosa ed immortale. E per esser il tutto da penna molto erudita, e sufficiente dato alle publiche stampe, rimetterò ad una tal lettura il degno virtuoso, acciò che venga appieno ragguagliato de’ maestri, come dell’opere copiose, e qualificate della seconda scuola. E trapassando con debita ponderazione alla terza dell’Italia, che è la mirabile di Lombardia117, riconoscerà in questa la virtuosa curiosità oltre il Parmegianino, Carracci, ed altri non pochi straordinari maestri dar vita nel cospetto dell’universo tutto con sufficienza di qualità più eccellenti e raffinate il divino Antonio Allegri da Correggio, perché se bene pare non fosse nel tutto del corso di sua vita che un tipo dell’umane infelicità, questo però dovrassi credere permesso dall’infallibile providenza dell’Onnipotente. Imperoché egli non riconosciuto di longa mano per tale, privo di spirito ambizioso, con animo ben composto e sensi moderati non isdegnò accoppiare ad alto d’intelligenza l’impropria viltà del suo stato col vivere a se stesso senza pensiero d’avvantaggiare la fortuna in paesi remoti nelle principali città, e appressoprencipi grandi, avido per lo più di propagare gl’immortali talenti dell’Altissimo, non procurò procacciarsi occasioni, se non sufficienti al vivere ne’ paesi de’ propri contorni. Dove in tal caso mancante di mezi sufficienti, quando si debba acconsentire all’attestato di buone tradizioni, che si raccogliono in abbondanza da paesani e circonvicini, bene spesso egli sollecitato da necessario bisogno, ancorché fosse di volere, e commodità repugnante, come di occasione dello studio e dovuti instrumenti, le quali cose, se non del tutto, almeno si ritrovano in buona parte convenienti, e talvolta necessarie alla buona operazione; si potrà dire che si ritrovasse necessitato, mentre convenne molte [p. 92] volte operare senza mezi ed aiuti necessari, privo d’occasione, di tempo e studio conveniente, dove avvilito egualmente da malevoli, come vilipeso dagl’ignoranti, e per l’ordinario fu contracambiato con prezzo in estremo vile questo primo antecessore sufficiente da correggere in ogni tempo coll’eccellenti sue qualificate prerogative l’altrui imperfezioni; di maniera tale che intorno a questo straordinario caso del prodigioso maestro da Correggio, pare che si riconosca vivere un tal desiderio, nell’interno a molti curiosi della professione, di sapere se questo singolar soggetto avesse anch’egli ottenuto l’occasioni più degne, come gli altri due suoi pari, con tali mezi si fosse potuto verisimilmente sperare più maravigliosa e perfetta l’operazione, opure al contrario; dove nel seguente capo ponderandosi una tal proposizione in ordine alla curiosità virtuosa con le ragioni dell’una e l’altra parte, si verrà infine a raccogliere il più ragionevole e verisimile sentimento.
PARTICOLARE PONDERAZIONE SOPRA ANTONIO DA CORREGGIO PER RICONOSCERE VERISIMILMENTE SE EGLI FOSSE VISSUTO ED OPERATO COME ALTRI SUOI PARI CON LA CONVENIENTE FORTUNA, SIA CREDIBILE CHE AVESSE AVANZATI I TALENTI DELLA PROPRIA VIRTÙ
CAP. XIV
[p. 93] Resta pur tutta via, non v’ha dubbio, particolar incentivo nel degno gustoso di quella nobilissima professione a discoprire, col mezo di considerato discorso, se il prodigioso artefice Antonio da Correggio, quando ancor esso avesse incontrato al pari de’ primi e più fortunati occasione di prencipe grande, che l’avesse sollevato con ricognizioni ed onori al suo merito corrispondenti, ragionevolmente si fosse potuto sperare opere di maggior isquisitezza di quelle che al presente si ritrovano, le quali non sono che eccessi dell’arte.
E però in ordine alla parte negativa si ritrova con gli altri l’autorità del primomaestro di questa professione118, il quale con ragioni assai probabili non sa credere che occasioni d’altra sorte, con tutto che fortunate e degne, avessero in tal caso se non servito per deviare dalla solita sua suprema e connaturale sufficienza, mentre stimano che non avesse potuto ricevere veruna mutazione senza la sicura perdita; apportano per pruova della loro opinione, che egli incitato dalla natura ed essendo giunto mediante l’aiuto del proprio talento ad operazione eccellente e sublime, né poter per lo più che osservare differenti e inferiori dipinti, dove stimano che di facile l’avriano potuto levare dalla buona strada, e in somiglianteguisa per seguir l’incerto avrebbe di facile perduto anco il sicuro, asserendo che se bene venga considerato all’applicazione de’ maggiori maestri di primascuola,, pare però non possa [p. 94] che restar contrariato anco in buona parte con lamaniera il propriogenio, dovendosi rendere in tal caso principiante ed inferiore di quelli, a’ quali si considera al presente eguale, ed anco maggiore, e per corroborazione di ciò adducono male l’esempio del valorosissimo Annibale Carracci, ed altri buoni maestri, i quali, ancorché fossero di non ordinaria sufficienza, e forsi dotati di miglior maniera, hanno posciadato a conoscere dopo l’osservazione dell’opere di prima scuola, invece d’avanzarsi, aver in parte diminuito i loro straordinari talenti, facendo vedere in ultimo più tosto con apparenteartificio quello che prima ne’ dipinti era conosciuto sopra competente sapere, ridotto con genio e talento più naturale, e facile espressione. Ragioni le quali, sicome per altro non appaiono fuor di proposito, riescono parimente in qualche parte concludenti: ma però in occasione del primario da Correggio stimarei non fossero che inadeguate; posciaché un tal soggetto, il quale per se stesso si può dire, col vigore, del proprio talento ha potuto trascendere i limiti ancorché sublimi non ritrovarsi che impareggiabile, e per conseguenza d’esempio del Carracci, ed altri simili non riuscirà proporzionato, stante che questi, benché fossero dopo riconosciuti osservatori della prima scuola,, non resta però che per l’avanti non venissero a formarsi compiti aproporzione nella seconda e terza, e con tal adeguatezza bastevole per rendere il mentuato Carracci se non fra primi il maggiore, almeno in paragone di quelli che si considerano successivi forsi a nissuno di tal ordine secondo, e per se stesso assai sufficiente per formar scuola, molto degna e riguardevole, come in effetto con fratelli e parenti hanno fatto conoscere a’ nostri giorni essere stati i veri riformatori della pittura odierna, e la vera e rara scaturiggine de’ più eccellenti soggetti della nostra età. Con tutto ciò in comparazione del primo maestro Antonio da Correggio, ed altri simili che furono essenzialmente tali, sono considerati come parti dalle prime derivanti; mentre dalla secondascuola dello Stato Veneto, e dopo maggiormente dalla terza di Lombardia si può dire che ’l mentoato Carraccicon altri parenti [p. 95] abbiano ricevuto il compimento della propria straordinaria sufficienza.
Nientedimeno in riguardo della prima ben radicata pittura del medesimo Annibale, pare che non si possa dire mutazione e perdita di gran momento quella che viene ad osservarsi fra i primi dipinti di Lombardia e gli ultimi della città diRoma, non si dovrà però negare, che i primi non appaiano alla vista del riguardante assai più facili e di migliorgusto, ed alla verità e vista maggiormente uniformi. Onde ne segue, che quelli d’ordinario talento, i quali sono per ogni parte vacillanti, e si levano dalle più belle maniere per fondamentarsi in altre più ricercate, ed al propriogenio bene spesso diverse, danno a conoscere non raccogliere infine per frutti di longhe fatiche, che l’ignoranza e confusione; dove potrassi facilmente dedurre, che a quello che desidera incamminarsi nella professione della pittura a segno di buona riuscita, fa di mestieri, oltre la buona naturale disposizione, che prima già reso in qualche parte sicuro nella prattica del dissegno, e sufficiente simetria, dia principio dallo studio della primascuola, come dalla vera origine di ben fondata delineazione, e posciaassodato nel fondamento potrà facilmente ricevere dalla seconda, e terza scuola, la formazione di più vera, e bella naturalezza; essendo oltre le naturali disposizioni l’ordine stesso di tanta necessità al buono incaminamento d’ogni virtù, che senza di questo bene stesso si rende il fine di laudabile operazione se non del tutto impossibile, almeno non poco repugnante.
E però quello che di già si ritrova al segno, non avrà che faticare per giongere alla desiata meta; e se in tal caso venissero alle volte a rappresentarsi oggetti di non ordinaria considerazione, non sarà facile il credere che quello, il quale si ritrovava per natura saggio, venga presto ad abbandonare il proprio e sicuro già ad esso connaturale per seguire l’altrui di genio lontano, che non si può dare nella maggior parte migliore; nemmeno potrà la medesima natura, massime regolata dalla ragione, aborrire [p. 96] quel bello e buono, che nel ritrovarlo avrà per anni e lustri il soggetto incessantemente affaticato, non potendosi di leggieri sradicare quello che si ritrovava impresso a forza di naturale istinto.
Quindi è che, portato alla considerazione delle famose maraviglie di Roma con alcuni amici il dignissimo Paolo da Verona, si raccoglie che, dopo ebbe goduto la singolar vista delle fabbriche ed osservate le stupende scolture ed i dottissimi dipinti de’ maestri della prima scuola,, come di Rafaello e d’altri, non tralasciasse di lodare l’ingegno, e studio singolare di così eccellenti maestri e ebbe a dire, che «se bene ad esso piacevano tali dipinti, non per questo desiderava la loro imitazione»119. Forsi come quello, che si ritrovava altamente radicata operazione molto sufficiente, dall’altre diversa, ma però più facile e naturale.
E se tale, come corre la fama, si palesò il sentimento dimaestro, il quale se bene è riconosciuto di straordinaria eccellenza e dotato dalla natura di singolar facilità e buona naturalezza, venne però a participare in buona parte gl’incaminamenti delmaestro Tiziano, il quale per esser prima, e vera scaturigine di maggior maniera, ha potuto dimostrare un tal ruolo, ancorché grande e straordinario; e però molto di vantaggio potremo stimare d’Antonio da Correggio, che tenendo, come per natura, e propria essenza una così rara virtù non riconosciuta altronde derivare, che dagli effetti immediati della Divina provvidenza, per ritrovarsi possessore connaturale al maggior segno non sarà verisimile il pensare, che l’osservanza dell’antichità, di Rafaello, e d’altri migliori artefici di pittura avessero potuto indurre nuove idee, e di tanto compiacimento, che fossero state bastanti per estinguere con dubbia novità la certa sufficienza. Dove, riconosciuta quasi che repugnante la perdita de’ ben radicati talenti di così raro artefice, se poi in oltre si possa probabilmente pensare, con tutto che al presente sia riconosciuto al maggior grado di virtuosa sublimità, avesse anco potuto accrescere col mezo di straordinarie occasioni la propria bellissima [p. 97] operazione, stante quello che vengo ad accennare nell’ultimo capo di questo primo libro, non stimo che possa apportare all’intelligente veruna difficoltà il darsi a credere che avesse accelerato il corso a gran passi con tali mezi alla più eminente perfezione, perché in fatti le commodità, che per l’ordinario vengono ad arrecare la quiete maggiore, e le congetture di servire a personaggi grandi, ed amatori della virtù, come gl’impulsi d’amore e d’emulazione, e l’osservanza d’oggetti naturali ed artificiali d’eccessiva bellezza sono i veri motivi, come ne fa fede la stessa sperienza ne’ successi de’ più eccellenti e famosi, che hanno esercitato gloriosamente la virtù di commendata pittura, i quali con tali mezi giunsero col nome alla sospirata eternità. S’aggiunge in oltre l’efficacia delle ragioni; perché simili congetture, accadendo per l’ordinario alla particolar inclinazione dell’artefice, fanno che vengano conseguentemente ad operare con spiriti più intensi e puri, i quali in tal caso impressi di specie oltramodo belle e pellegrine, e queste riunite ad un ardente desiderio di bene operare, accagionanoposciache simili soggetti vengano per lo più ad esprimere le rare maraviglie della professione.
E però si potrà probabilmente determinare che, già considerato Antonio da Correggio nello stato di prima vaglia nella migliore e più pronta disposizione, essendogli concesso le maggiori occasioni per osservare ed esercitarsi, come di debite ricompense dove, con talimezi, eccitati gli spiriti, ed egualmente dall’emulazione sollecitato, come inanimato da graziose ricompense, e meritati doni, non sarà che molto credibile il pensare che avesse moltiplicato quella virtù, che non si riconosce al presente, se non eccedente e singolare; oltra ciò il grande da Correggio in guisa di sole avria potuto fissare i raggi del suo purgatissimo giudicio, non solamente nell’opere de’ migliori, ma anco in altre non del tutto perfette, le quali ottengano tal volta qualità considerabili, e come tali riconosciute da supremo intendimento, che per appunto viene [p. 98] in guisa di sole ad attraere la parte maggiormente pura alla propria sfera, senza restar inquinato dal restante bene spesso brutto ed imperfetto; e così proporzionatamente attraendo a sé quello chedal vero e finto avesse stimato conveniente in ordine al proprio bisogno, senza veruno detrimento avrebbe in tal maniera accresciuto con modo quasi insensibile aggregato di pure materie al suo intelletto, le quali dopo a tempo e luogo potevano far conoscere, se non a sensi l’ingrandimento del corpo, almeno all’intendimento de’ buoni studiosi gravida la più nobil forma dell’animo, a termine di partorire effetti che al presente non potendone anco la mente concepire, solo si possono considerare riposti nell’erario dellaDivinità.
COME DAL PRIMARIO MAESTRO ANTONIO DA CORREGGIO NE DERIVASSERO, MEDIANTE L’IMITAZIONE, GLI STUDIOSISSIMI CARRACCI, I QUALI, COME RIFORMATORI DELLA PITTURA DE’ LORO TEMPI, HANNO LASCIATO, OLTRE LA STRAORDINARIA BELLEZZA DELL’OPERA, LA PIÙ FAMOSA ED ECCELLENTE SCUOLA DE’ NOSTRI GIORNI
CAP. XV
[p. 99] Intanto se bene dal tutto della sua vita non si raccolga che venisse ad esperimentare lo stesso Antonio da Correggio, se non continuati effetti d’infelicità, trattandosi in ordine al proprio esercizio della pittura, ora, che si considera già la persona al mondo perduta, dirassi però essere restato il nome di così eccellente virtù a segno che vivrà degnamente al pari d’ogni altro professore di pittura famoso ed immortale, non potendo non essere confessato da’ soggetti di sano intendimento, che gli straordinari eccessi di virtuose operazioni non possono soggiacere alla forza di tirannica fortuna, che per accidente incarcerati e con modo improprio, perché infine a guisa d’elementi più nobili e puri, e maggiormente spiritosi rompono con la forza del proprio merito ogni riparo, e con lo sforzo della violenza procurano volare ad onta di casual impedimento alla sfera della gloria, dove come oggetti sublimi ed ammirabili, risiedono eminentemente trionfanti. E però non restano fin ad ora a desiderarsi vari ad osservare, ed in copia per imitare la sublime virtù d’Antonio da Correggio, i quali tirati per ogni parte dalla moltiplicata fama de’ suoi stupendi dipinti se ne vengono del continuo ad illuminarsi a questi chiari splendori, e si conosce per l’ordinario ricevere a proporzione gli effetti desiderati di questa soprafina maniera; e in un tal modo la virtù della pittura non poco pregiata, e dal suo maggior vigore mancante [p. 100] fu come rigenerata da’ maestri, i quali con saggio di gran prudenza, col mezo d’insolita operazione si dimostrarono correttori di varie e mal nate imperfezioni; e fra gli altri basterà il solo esempio de’ studiosissimi ed immortali Carracci; posciaché eglino sono degnamente stimati maestri molto eccellenti e rari riformatori, e degni capi dell’odierna pittura concorrenti per le copiose e straordinarie loro prerogative co’ la virtù de’ più chiari soggetti della professione, dove già ripieni di gran prontezza e spirito molto delicato ricercarono maestri oltre le proprie parti per la di loro insolita capacità, e però si videro bene spesso trasportati dall’impeto di gusto adeguatissimo allo studio delle più degne bellezze della professione, come delle maniere venete ed altre simili in conformità del proprio estremo conoscimento; e finalmente come buoni Lombardi s’applicarono con genio particolare all’opere esquisitissime d’Antonio da Correggio, del quale si palesarono in effetto veri imitatori, e riuscirono egualmente eredi de’ talenti virtuosi e sue rare qualità, e della sua connatural disgrazia.
Nondimeno restò dopo la di lor mancanza un seminario d’operazioni egregie, dal quale s’è veduto pullulare in breve scuola numerosa di laudabili virtuosi, che operando con gusto speciale di maniera facile, naturale e studiosamente vaga, a tal segno che, uniformandosi nel dipingere con un simil modo alla commune del genio, si conoscono tuttavia anco buona parte viventi, oltre a quelli che sono mancati col corpo al mondo, per vivere mediante l’opere straordinarie fortunati e gloriosi; ed eglino, come meritevoli soggetti della scuola di Lombardia, se bene noti per ogni parte dell’universo, sono però riconosciuti avere particolar residenza nella degna città di Bologna, come nella real metropoli de’ buoni virtuosi, ed antico ricetto d’ogni sorte di virtù, avendo in effetto questa feconda madre partorito, alimentato e conservato la maggior parte degli odierni e più famosi maestri. E per la manifesta dimostrazione di ciò basti la sola memoria di particolar soggetto, abbondante di buoni talenti, come di prospera fortuna, [p. 101] dico di quel Guido Reni, il quale non fu riconosciuto in vita che per l’unico centro degli applausi, e la prima gloria della pittura, che per l’ordinario avendo la residenza nella sua dignissima patria, in guisa di nuovo Orfeo tirò co’ la fama del suo nome virtuosi e gran personaggi dall’uno all’altro polo per ottenere coll’opere anco talvolta la vista di così eccellente e rinomato maestro. Ora di già mancato alla professione artefice di tal sorte, è restato al presente in detta città, vero seggio delle maggiori virtù, Giovanni Francesco Barbieri, maestro sufficiente e qualificato a mantenere col commune applauso il posto primario, il quale, sicome per altro tempo si dimostrò più d’ogni altro eguale nella virtuosa concorrenza, ora parimente nella famosa operazione viene osservato di continuato valore, e risplendere continuamente in ogni parte come trionfatore del maggior grido. E di consimile eccellenza fu di già l’eccellente Zampieri, il presente Albani, ed altri non pochi, che sono conosciuti famosi e degni; tutti poi sempre derivanti dalla fioritissima scuola degli studiosi ed eccellenti Carracci, e finalmente poi sempre dal primario Antonio da Correggio real fonte della Lombardia, e degno capo del Microcosmo della Pittura, il quale per se stesso fu in ogni tempo straordinario e molto considerabile, ed ora al pari d’ogni altro più perfetto maestro. Dove parimente i soggetti che diversamente vengono a derivare da tale e tanto principio, procurando continuamente medianti le belle operazioni darsi a conoscere per veri imitatori, e seguaci di così egregio maestro verranno facilmente col tempo ad essere commemorati, et a proporzione del proprio merito dimostrati alla posterità; ed io, per non aver che l’intento della sola rimembranza di quello che ritrovo accadere in ordine all’incominciato discorso, tralascerò intanto al maggior talento di più prattico e purgato scrittore l’essatta descrizione, e dovuta rimembranza di questi e d’ogni altro meritevole professore.
SI DIMOSTRA, CON TUTTO CHE I PRIMI TRE MAGGIORI MAESTRI ABBIANO POSSEDUTO COL BUON DISSEGNO E COLORITO LA PRATTICA UNIVERSALE DELL’OPERARE, AVERE PERÒ DIMOSTRATO ALLE VOLTE DEBILI DIPINTI, E DA PITTORI DI MINOR SUFFICIENZA ESSER USCITE OPERE D’ECCEDENTE BELLEZZA
CAP. XVI
[p. 102] Proseguendo in ordine all’incominciato discorso, dirò, che dalla maggior parte de’ buoni virtuosi venga riconosciuta come infallibile l’opinione che il vastissimo corpo della pittura in guisa di smisurata machina cammini sodamente per l’ordinario con duplicati piedi, che sono oltre il primo di sodo dissegno, anco l’altro di sufficiente colorito, l’ultimo de’ quali pare che, mediante la continuata osservazione di buona naturalezza, venga ad acquistare il particolar gusto di soggetto alla pittura disposto assai sufficientemente. Ma il primo, come più difficile e diffuso, si ritrovava altresì più degno, come quello che richiede la maggiore applicazione dell’intelletto, dove pare che, per conseguenza, non si possa ottenere se non con lungo studio e straordinaria fatica. E questo copioso fonte diramasi parimente in vari ruscelli, molto necessari in ordine alla di lei sufficiente cognizione, come n’appare in chiaro ne’ buoni componimenti delle storie; posciaché nissuno al di certo potrà al proposito comporre senza la debita sufficienza dell’invenzione. E chi saprà in oltre disporre, privo dell’intendimento della convenevole degradazione e buon fondamento di prospettiva? E questi, parimente mancante d’erudizione universale e dell’intelligenza nell’ordinate regole d’architettura, non potrà in occasione che dimostrarsi imperfetto, perché in fatti si conosce camminare con ambedue questi piedi una tal virtù, [p. 103] e l’uno come quello, che si diffonde alla convenienza di tante e così differenti osservazioni e però ne deriva che bene spesso in riguardo del mancamento di queste necessarie basi appaia conseguentemente il composto della pittura mancante.
Per rendersi adunque soggetto veramente considerabile, et anco ad altri superiore, sarà necessario che il buon maestro si dia a vedere nel moto della consueta operazione franco e snello sopra questi due piedi, e tale sarà creduto dal gustoso intelligente, quando, nell’osservare il particolar dipinto, riconoscerà in esso, dopo il debito esame, il tutto spettante alla puntualità del dissegno, come all’unione e delicatezza del vero colorito; posciaché diportandosi felicemente nel dipingere in occasione dell’opera non farà conoscere difficultà nel grande né tampoco nel piccolo, e così parimente nel fresco al par dell’olio, et a proporzione in ogni sorte d’operato, perché venendo a possedere sul sodo i veri fondamenti, esprimerà francamente in tutte le maniere con buona sufficienza i propri dipinti, e farà come facili apparire per l’ordinario le stesse difficoltà; le quali prerogative s’osservano a meraviglia raccolte ne’ primi già mentuati maggiori e più eccellenti soggetti, e negli altri diversamente mancanti; e perciò devano con ogni ragione prevalere l’opere di questi più perfetti ad ogni altro maestro.
Ma avendo fin ad ora discorso e veduto assai chiaramente coll’occhio del ragionevole i più egregi e sublimi maestri della moderna pittura, resta per coronide d’adequato conoscimento il distinguere non solo fra queste le più compite, e laudabili operazioni, ma anco il proprio e differente operato d’ogni altro professore, conoscendosi talora con la manifesta esperienza che l’uomo, ancorché saggio all’ultimo segno, per ritrovarsi alle volte co’ spiriti confusi e discomposti in riguardo degli umani accidenti, non opera per ciò continuamente allo stesso termine di sufficienza, ma bensì in ordine alla particolar disposizione del proprio stato, e così ne accade che l’opere [p. 104] ancora, come effetti derivanti da cause più e meno temperate ed unite, vengono poscia a dimostrarsi non poco differenti, mediante la transmessa operazione, e però sarà ufficio del prudente accorgimento l’usare in occorrenza adequata ponderazione per non essere in fatti sempre bastevole il sol nome di famosissimo autore a rendere l’opera d’infallibile perfezione, la quale anco tal volta adulterata, e finta, mediante la viziata diligenza, ed affettazione dell’arte può rappresentarsi all’aspetto del riguardante imperfettamente illuminata, et in un tal modo essendo creduto per originale, viene ad arrecare, oltre il danno allo studioso, non ordinaria offesa della propria riputazione, e di ciò non mancano continuati e manifesti gli esempi, essendo ancora fallace alle volte il credere che i pittori di minor grido debbano mai sempre far conoscere corrispondente ed eguale la propria operazione, venendo talora co’ chiari effetti la stessa esperienza a dimostrare altrimenti.
Il che si può vedere in Forlì nella Chiesa di S. Mercuriale, posta nella publica Piazza, nella capella degli Orsi, dove nel passare avrà occasione di vedere il curioso della virtù una tavola di Girolamo da Cotignola, nella quale scoprirà dalla parte di sopra la Beata Vergine sedente col Cristo bambino leggiadramente stante, figure poco meno di naturale, rappresentate a proporzione alquanto sopra l’ordinaria veduta con tanto di sufficienza, grazia e delicatezza, che per opera del maestro Rafaello non saria (come rassomigliante) disdicevole. E dilungandosi ancora, spinto da virtuosa curiosità fino alla Chiesa chiamata communemente la Madonna della Grata, posta sopra le mura della detta città, ritroverà nel volto della capella maggiore, oltre gli altri dipinti a fresco, il rappresentato d’un Dio Padre sopra le nubi, attorniato da copia di putti, che in vari belli modi mostrano servirlo, figure al naturale espresse adequatissimamente alla propria vista del di sotto in su, dipinte da Francesco Minzochi da Forlì con tanto di sapere, e con tal naturalezza, forza e spirito, che di tal vista non credo si dovrà pentire il gustoso della professione [p. 105] d’aver speso qualche passo per sodisfare alla virtuosa curiosità, e da questa operazione molto simile a quella di Giovanni Antonio Licinio da Pordenone suo maestro verrà in cognizione se in altri dipinti sia stato seguace ed inferiore, in questo straordinario però ritrovarsi eguale ed anco supremo.
E per riconoscere opere tali non essere in effetto, che per accidente, come per isforzo di natura, si viene immediatamente ad iscoprire mediante l’osservazione dell’altre figure, che sono non meno nella citata tavola ad olio che nell’altre del fresco, che s’osservano nella medesima cappella dalle parti ad esso Dio Padre, le quali appariscono assai inferiori, come dipinti proporzionati alla solita sufficienza di simili maestri, e sicome soggetti di tal sorte hanno tal volta dipinto opere particolari di eccedente perfezione, così i primi maestri e maggiormente compiti, alcuni per vari accidenti e altri nel principio delle loro operazioni hanno tal volta palesato dipinti ad essi impropri ed imperfetti, et in riguardo della solita straordinaria eccellenza indegni di così pregiati autori; e ciò per appunto accaderebbe a chi si sia, che volesse dedurre la solita straordinaria sufficienza di Francesco Manzuoli detto il Parmegianino dalle sole operazioni che il medesimo già dipinte nella Chiesa della Steccata di Parma fuori d’ogni sorte d’inclinazione, ed anco violentato, conforme al commun sentimento degli scrittori120; e similmente dalli dipinti del dottissimo Rafaello, che appaiono come del tutto uniformi al di lui maestro da Perugia, quali sono quelli della tavola de’ Baglioni nella Chiesa di San Francesco di detta città, che in tal occasione ritrovando un’Assunta della Beata Vergine co’ gli Apostoli, sicome in altre di Città di Castello, le quali s’osservano di prima e più debil maniera, non potria il curioso della pittura che indarno dedurre da simili operazioni l’estrema sufficienza di tanto maestro; e così del pari a proporzione rimarrebbe ingannato dalla sol vista de’ primi e [p. 106] più languidi operati del grande da Correggio, che si vengano a vedere fra gli altri nel cumolo stupendo e singolare del Serenissimo Duca di Modana, perché da questi tali dipinti non può in effetto chi desidera il bello e buono di pittura, che restare confuso e mal sodisfatto. Ma però compiacendosi considerare più distintamente il tutto, verrà poscia a comprendere non essere, infine, che tale l’ordinario corso di ben regolata natura; avvengaché anco l’origine per lo più delle cose maggiori si dimostra tenue ed imperfetta, e però non darà punto di maraviglia se parimente rapiti i frutti degli alberi più degni intempestivi, si ritrovano poi imperfetti ed acerbi.
DAL BUONO INTELLIGENTE ESSERE RICONOSCIUTE LE QUALITÀ NECESSARIE ALLA DEGNA PITTURA, ED INSIEME L’INGANNO DE’ VOLGARI. RICERCANDOSI LA CAGIONE, PERCHÉ I MIGLIORI ODIERNI VENGANO A MUTARE IN PIÙ CHIARA LA PROPRIA MANIERA, E SI DISCORRE PER RICONOSCERE LA MIGLIORE
CAP. XVII
[p. 107] Ora reso già a sufficienza stabilito il giudicio di sodo osservatore nel vero conoscimento del buono spettante a questa dignissima professione121, verrà anco susseguentemente a riconoscere in fatti non essere in ogni tempo la tanto desiderata bellezza che riflesso di supremo lume, e come raggio d’espressa divinità, la quale n’appare composta con buona simetria di parti, e concertata con la soavità de’ colori, lasciata in terra per reliquia e caparra della celeste ed immortale; e per conseguenza conoscerà derivare come qualità speciale risultante da questo proporzionato concerto, in guisa di forma e particolare idea, ed effetto di qualificata causa l’unione della mai sempre riverita grazia, la quale derivando dalla perfezione e degna corrispondenza di tutte le parti si manifesta una tale straordinaria venustà per sé stessa sufficiente a rapir gli animi ad amore, et a generare occultamente obligo e benevolenza122, e questa venendo sollevata sopra le basi diverse di bene stabilite misure e convenevoli adequatezze, si palesa anco diversamente effigiata, come nella rappresentazione di maestose e tremende deità, che all’occorrenze vengono dimostrate con le proprie convenienze più e meno gravi, severe, benigne e nelle vili ed umili a proporzione. Così ritrovando il particolare al tutto sodamente corrispondente nel proprio dell’azioni dovute al rappresentato, verrà tosto ad iscoprire il molto dagl’intelligenti stimato decoro123; [p. 108] le quali parti tutte sommamente riguardevoli e del pari necessarie saranno benissimo riconosciute dal buon virtuoso124 per degno compimento di laudabile dipinto, e rincontrate espresse in eccellenza nelle opere più perfette de’ primi e veri maggiori maestri, che del continuo vivono alla vista del buono intelligente per vera regola dell’arte. Laonde si può sufficientemente conoscere, quanto si ritrovino lontani alcuni professori de’ nostri tempi alla necessaria compitezza di buona pittura, ancorché da vari di poca cognizione venga pensato altrimenti, e sia ancora tal volta contrario il senso di quelle persone, che per ritrovarsi raccolta di pittori odierni ad essi per ogni parte cari, e perché non vogliono, o non sanno riconoscere sopra la vaga chiarezza de’ colori, non cessano di palesare simili dipinti per li più belli e migliori che si possono osservare e fra questi ritrovasi soggetto per altro di non ordinaria venerazione, e debita riverenza, il quale non manca in occasione di magnificare in estremo opere, che si ritrova in copia di maestro veramente fra i viventi odierni, come qualificato e sufficiente, anco laudabile, ed in conformità d’appassionato senso non cessa predicare, che un tale artefice ha fatto conoscere ne’ suoi dipinti, non meno in riguardo di più esatta istoria, che d’ogni altra particolar sufficienza, la maggior perfezione di quello, che abbia mai dimostrato nell’opere sue il dottissimo Rafaello, e stima che una tal pensata, come sicura verità, sia per essere riconosciuta in breve per infallibile dai migliori intelligenti di questa professione.
Ma lasciamo da parte simili soggetti, i quali si dimostrano assai più autorevoli co’ beni di fortuna, che mediante la sufficienza delle ragioni e l’evidenza del fatto, come quelli che, per non penetrare il recondito della pittura, non possono, nemmeno ancorché vogliano, cavare la sostanza di quelle perfezioni che in occasione riconoscono i veri intelligenti nelle compitissime operazioni del supremo Rafaello, e nelle altre parti debitamente principali del già formato Microcosmo della Pittura, in quale dovendo comparire nel cospetto del mondo, se non di fatto reale, almeno di forma al vero [p. 109] proporzionato, non dovranno concorrere quelle parti, che sono insufficienti e non poco lontane dall’apparenza del vero, e così ritroveremo non solo ostare sentimenti di tal sorte al ragionevole, ma anco alla commune de’ più purgati intelligenti della professione, i quali in tal caso sentono concordemente, che buona parte degli artefici odierni, ancorché si dimostrino alquanto manierosi, ed anco dotati di buone qualità, si ritrovino però nell’essenzial fondamento, e vera naturalezza di longa mano inferiori a primi moderni e più perfetti maestri, né tampoco del tutto eguali a primi loro seguaci e più sodi antecessori, e di ciò ne potrà all’occasione pigliar il saggio la studiosa diligenza del virtuoso dal paragone che si dimostra in diversi studi delle principali città dell’Italia, dove n’appare fra l’opere di molti la chiara differenza, e però direi con pace di così fatti umori non generarsi altronde opinioni cotanto erronee, che dalla violenza del di loro affetto, il che offuscando il conoscimento deprava anco ad un tempo l’immaginazione in modo tale che simili soggetti, come per se stessi ordinariamente poco intelligenti e malamente impressi, vengono poscia molto più col senso, che mediante la ragione a palesare gl’imperfetti e guasti lor gusti, nemmeno mi posso dar a credere che professori di tal sorte facilmente assai più proveduti di fortuna, che di sufficienza vengano pe’l troppo affetto di loro stessi ad ingannarsi in credere di soprastare a quel valore che al di certo come lontani possono bene ammirare, et in qualche parte imitare, ma non già emulare col pensiero d’uguagliarsi.
E quando pure questi tali bramassero, che simili soggetti ancor essi convenissero per la formazione del Microcosmo di Pittura, saria forsi ragionevole il determinare che gli eccellentissimi Carracci furono stimati laudabili riformatori, avendo procurato ai loro giorni, quando veniva esercitata la professione con maniere declinanti dalla bella e buona naturalezza, di participare mediante uno studio industrioso gli effetti dell’opere più eccellenti de’ migliori maestri, corrispondenti alle principali parti d’un tanto Microcosmo, et in un tal modo poterono comporre [p. 110] particolar maniera in eccellenza temperata125, bella e naturale, che fu poscia sicura norma de’ futuri professori, ond’eglino con altri principali della loro scuola si può dire che abbiano servito, come temperata cute e membrana universale per ricoprire, e terminare, il già ben formato Microcosmo della Pittura, e nella guisa che dalla stessa cute ne deriva la successiva cuticola126, parte più ignobile e meno necessaria dell’umano composto, similmente nel nostro gran corpo di pittura possono servire per cuticola altri buoni soggetti, ma però meno principali di detta scuola, i quali tutti unitamente concorrono in ordine all’esterno compimento di un tal composto, e così non restando in oltre che aggiungere in riguardo delle parti integranti, e necessarie se non quelle, le quali solo ora appariscono per accidente, che sono alle volte nelle parti estreme le escrescenze collose e dure, ed altre escrementizie dell’ultima cuticola, come diversi fuchi e somiglianti superflui abbigliamenti, le prime prodotte dall’eccedenti fatiche, e gli altri somministrati alla superficie da persone viziose p’apportare sciocca bellezza a quel nobil composto, che fu già perfettamente compito nel suo essere dalla Madre Natura. Or mentre dobbiamo considerare costoro nel Microcosmo della Pittura ritroveremo gli uni, che si resero per la soverchia diligenza duri e superflui corrispondenti alla parti collose, e gli altri del pari per l’estrema ed impropria chiarezza de’ colori, come fuchi, ed altri accidentali sbellettamenti superflui ed impropri, che solo vengono a deturpare indebitamente l’umana figura. E perché non sono in fatti, che gli stessi Carracci quelli, che vennero co’ soggetti principali della loro scuola a rendersi valevoli e sufficienti con la singolare lor virtù per aggiungere con la cute, e susseguente cuticola il debito complimento, e però dandosi a questi meritamente la gloria si verrà a tralasciare altre soverchie escrescenze come superflui mai sempre viziose ed abominevoli.
Onde potrà scoprire il giudicio versato nella pittura quanto s’abbagli alla giornata copia de’ volgari nel vedere alterati dipinti, i quali rappresentano indifferentemente [p. 111] fucate bellezze, che resi sodisfatti del primo cognito, né valendo per inoltrarsi col giudicio alla debita intelligenza dell’opera, stimano solo per ultimo termine di buona pittura una mera rappresentazione di più chiare tinte, che palesano ordinariamente lascive vaghezze, prive della necessaria proporzione e prospettiva, dipinte bene spesso a fine di palesare un’idea casualmente fabbricata, et un’effigie, se bene ad un tal vero in qualche parte rassomigliante, priva nondimeno del sufficiente fondamento, riesce poi, anco da quello che pretendono esprimere, non poco lontana. E per il campo loro apportano tantosto l’esempio del famoso Guido Reni, il quale, come questi asseriscono, fu ricolmato de’ più eccelsi pregi, e mediante la sua straordinaria vaghezza tirò a sé a guisa d’incanto gli occhi de’ maggiori regnanti, ed ogni altri più curioso di questa virtù, e nel rischiarare la particolare operazione rese anco ad un tempo il suo nome più chiaro, ed immortale, quindi deducono che non si debbano se non laudare coloro, che s’affaticano nella strada di così commendata operazione.
Ma io professando aderire molto più al sodo de’ buoni intelligenti, che all’apparenza de’ volgari, dirò in tal caso che il più e meno del bianco e nero non si considera nella pittura che per accidente, e solo in ordine al debito compimento esterno del corpo naturale, e però si potrà credere essere veramente laudabile quella tal maniera che apparirà sopra i buoni fondamenti dell’arte co’ la puntuale imitazione della natura, et in questo modo rappresentata, ottenendo il fine del proprio intento, lo stesso artefice non dovrà poscia turbarsi nell’animo, quantunque dimostri il gusto di chi manca di cognizione ricercare maggior vaghezza et altre qualità dal vero lontane. E quando le pitture della prima maniera dello stesso Guido Reni dimostrano in fatti maggior sufficienza e naturalezza, se bene a geni plebei di minore stima, non so perché queste non debbano, come tali, essere sopra delle altre anco dell’artefice lodate ed imitate.
Non istudiano che invano, i principianti della pittura di seguire quella maniera che solo riesce alla vista facile [p. 112] et a quel maestro, il quale, oltre lo straordinario talento, si può dire che l’abbia espressa a forza di studio incessabile e con la continuata pratica dell’operare, e benché non sia che tale la mia credenza, non è però mio il fondamento di questo pensiero, ma bensì raccolto nella scuola e discorso avuto col suddetto Guido, allora che s’agitava in quel luogo la causa della difficile riuscita de’ professori, soggiunsero alcuni signori, che si ritrovavano casualmente nella circonferenza, col dire non essere, in effetto, che straordinario dono di Dio il giungere al di lui termine nell’operare, e di ciò era evidente prova l’osservarsi molti all’incominciare il cammino, ma pochi, per non dir nissuno, giungere alla desiata meta; al che, reso come impaziente, il maestro sentì rispondere che molti desideravano al sicuro la sufficienza anco maggiore di Guido, ma però non aveva conosciuto fra copia non ordinaria de’ suoi scolari uno che, mediante il molto di fatica e lunghezza dello studio, avesse seguito le sue pedate, stimando con la buona inclinazione, anco sicura la riuscita migliore, apportava per chiaro argomento di ciò alcuni disegni de’ suoi scolari, che dimostrò essere fatti in età debile, e con poco studio, dove appariva quello che lo stesso maestro Guido non aveva di gran lunga espresso ne’ suoi, che dava a vedere essere stati fatti in età assai maggiore, e con più anni di applicazione, e pure (come esso diceva) quello che meglio operava, non riuscì per l’impazienza, ed egli con tutto che fosse di minor talento per aver proseguito con incessabile studio ed operazione era in qualche parte giunto al sospirato fine; e così verremo a conoscere che molti per l’ordinario desiderano la sufficienza nella pittura, ma pochi vogliono continuare nella strada della pazienza.
Non ho dubbio, che l’anima di questa virtù non venga assai meglio ad infondersi in quel composto, il quale tiene la sufficiente disposizione, come il suggello che più facilmente s’imprime nella cera ed in simile molle materia, che nel macigno, ed in altra più repugnante durezza.
Si crede, però, che anche tal volta colla lunghezza del tempo il ferro meno acuto mediante il continuo dell’azione [p. 113] viene finalmente a penetrare quel duro, che talora il più puntuto già rintuzzato lasciò imperfetta la principiata operazione. Non occorre ricercare il miracolo, dove adequano le ragioni di natura: dicasi pure che giungesse il detto Guido Reni al tempio dell’onore127, ma prima però stanziasse a sufficienza nell’antecedente della fatica, ordine stimato come necessario dagli antichi romani per giungere al porto della desiata immortalità128; assioma infallibile di quel vero che non può mentire, che non debbano ottenere la corona della gloria se non quelli che sodamente faticando continuamente vengono a meritarla: e la facilità, grazia, vaghezza ed altri simili talenti qualificati di questo degno maestro, come effetti derivanti dalla longhezza dello studio e pratticata operazione, mediante l’aiuto del di lui particolar genio, non potranno imitare certi soggetti, i quali nuovi nella professione riescono anche privi de’ convenevoli fondamenti e debita prattica; e se allettati verranno all’imitazione di simil bellezza, riusciranno, in fatti, a guisa di quelli che danno inconsideratamente il bianco alla fabbrica non istabilita.
E per ispiegare più al proprio determinata maniera assai meglio alla vista, che in ordine all’imitazione, non saprei dopo longo pensare, che finalmente rapportarmi a quello, che già disse a questo proposito un cavaliere per nascita e virtù degno al pari d’ogni altro, che nella pittura, oltre a molti suoi straordinari talenti, diede più volte col discorso ed operazione saggio di molta lode, vuo’ dire Don Ascanio dalla Cornia, che per ritrovarmi allo studio di Perugia sua patria ebbi fortuna di sentirlo discorrere in occasione di un quadro, che in quel tempo era stato mandato dal sudetto Guido Reni al conte Angelo degli Oddi, il quale era della seconda manieria, dove egli per riconoscerlo veramente in grazia, vaghezza e gran facilità non poco laudabile, se bene in molte parti lontano dalla naturale imitazione, concluse, dopo averlo in lungo considerato, essere l’opera per se stessa bella, ma favolosa, per appunto in guisa dell’opere degli odierni scrittori, i quali per l’ordinario co’ romanzi loro apportano alla considerazione [p. 114] un simile d’istoria, o favola che vogliamo dire così puntuale e ben adornata, che il modo della particolare espressione allettando in estremo, fa che goda parimente l’osservatore, benché per lo più dal vero lontano.
Ma queste, come libidini d’ingegni straordinari, non dovrà seguire chi è per se stesso debile, e non intende che fabbricare sopra il sodo della realtà, essendo a tutti noto che l’istoria prevale per ogni parte di merito a favolosi ritrovati, ed esser maggiormente degni gli effetti che dimostrano il fisico che il chimerico e fantastico, con tutto che si ritrovi con raro artificio composto.
D’onde poi nasca che lo studioso artefice, il quale non intende se non operare mai sempre in ordine all’avantaggiata perfezione, venga infine per lo più ad esprimere con la successiva eccedente chiarezza anco più debili i suoi dipinti fuori del proprio intento, dirà che, dopo aver più volte considerato, ritrovo finalmente che vari possono essere gli accidenti che vengono a causare una così fatta mutazione nell’operare, e la prima causa, ed anco più commune, la quale raccolti sino da primi anni che io mi ritrovai in Bologna in occasione di simil discorso, era l’avere osservato lo stesso Guido Reni l’opere de’ primi professori, ed in particolare quelle degli studiosissimi Carracci, ancorché fossero poco avanti dipinte, ritrovarsi non poco oscurate, e guaste, e però avea intanto pensato di supplire a simili accidenti coll’estremo del chiaro alla successiva mancanza, a fine che il tempo co’ la maggior durata riducesse l’opera alla convenevole mediocrità.
Ma lasciamo una tal ragione per insufficiente, perché deve chi opera dopo la debita preparazione sodisfare con ogni potere in ordine alla presente prima veduta, e poi tralasciare alla prima causa del tutto gl’incerti effetti del futuro. E discendendo a ragioni più universali, ed adeguate, osservandosi simili mutazioni non solamente nell’opere della seconda maniera del medesimo Guido Reni, di Pietro Paolo Rubens, ma anco alla giornata in quelle di Giovanni Francesco Barbieri, di Francesco Albani, e similmente negli ultimi operati di Pietro da Cortona, i quali tutti essendo a’ [p. 115] nostri giorni i più sufficienti e famosi maestri, hanno poscia nel tempo del maggior grido inclinato il proprio modo di operare alla maggior chiarezza; pare che sia anco più valevole ragione quella che già in tal proposito mi significò il medesimo pittore da Cento, venendomi a dimostrare ciò succedere per ritrovarsi di tal forma il gusto della maggior parte, e di quelli in particolare che vengono a richiedere l’opere loro, e l’aver egli sentito più volte dolersi coloro che possiedono i dipinti della propria sua prima maniera, per ascondere (come essi dicono) gli occhi, bocca ed altre membra nella soverchia oscurità, e per ciò non avere stimato compite alcune parti, coll’asserire bene spesso non conoscere la faccia, e tal volta anco l’azioni particolari delle figure, e così per sodisfare a tutto potere alla maggior parte, massime quelli che col danaro richiedevano l’opera, aveva con modo più chiaro manifestato il dipinto.
Ma io quantunque mi dia a credere che una tal causa sia in parte sufficiente, ardirei però dire non essere la più sicura, che la maggiormente commune dell’età; perché sicome una volta essendo mostrato un dissegno a Francesco Albani, maestro soprastante all’Accademia di Bologna, da soggetto che per mancanza di sufficiente vista pareva col troppo chiaro aver sodisfatto ad ogni altra parte, li disse al primo incontro, con la sua solita prudente arguzia, per dar ad intendere la bianchezza superflua che era nevato fuor di stagione; così potrassi ancora verisimilmente credere che l’inverno dell’età sia la principale e più potente causa di simil neve, per esser il proprio anco della prima vecchiezza il debilitare parimente in parte col corpo gli stessi spiriti sendo che per l’ordinario i medesimi buoni maestri, che si ritrovano nella loro verde età, sono assuefatti allo studio delle più rare bellezze d’oggetti artificiati, e al ricercamento de’ migliori naturali, come quelli che si ritrovano col robusto del corpo, ancora gli spiriti più puri e velocissimi, e le specie maggiormente pronte nella mente, mediante le quali vengono poscia al buon ricercamento de’ corpi naturali ed a palesare con più adeguata puntualità [p. 116] in ordine alle proprie operazioni non solo l’estremo del chiaro ed oscuro, ma anco framezzate ad un tempo diversità di meze tinte in varie forme, le quali distinguono con differenti riflessi le parti fra di loro, e rappresentano all’occhio un’esattissima imitazione del vero.
Dove venendo poscia successivamente a debilitarsi l’umano composto, non riesce che insufficiente per le straordinarie fatiche dello studio, e le specie del passato insieme col tempo si sfumano nella memoria, in modo che restano per l’ordinario con la vista mancanti; e sicome riescono più tardi e debili i sentimenti e gli spiriti, così del pari già diminuite le cause, non possono per conseguenza gli effetti della successiva operazione non dimostrarsi languidi e viziati. Oltre ciò si potrà anco dire che soggetti di tal sorte hanno già acquistato mediante il passato loro studio lodabile la proporzione, e coll’età grave la più sicura prattica, nella quale vengono poi sempre maggiormente a prevalere, altrettanto quanto a mancare nella diligenza de’ necessari ricercamenti. Quindi è che in un tal tempo non si obbligano per lo più nel loro solito studio, che all’osservazione de’ primi chiari e maggiori oscuri, i quali dopo procurano concordare col mezo di sentimenti debilitati, e con la prattica di bene riunito colore, e perciò vengono a dimostrare a forza di soverchia chiarezza il vero di lontano e adulterato, celando bene spesso la maestria del colorire quello che i buoni studiosi potriano facilmente desiderare di vantaggio.
Vagliano però anco tal volta queste seconde operazioni di simili maestri per dimostrare sopra le solite buone proporzioni l’eccesso di più qualificate prerogative, nelle quali pare che vengano osservati assai riguardevoli, sicome Guido Reni, oltre la conservata simetria, si stima ancora venisse a palesare in opere di tal sorte la maggior prattica e facilità d’operare insieme con la più vaga e bella idea; e Giovanni Francesco Barbieri uniformandosi ad un somigliante gusto, vogliono i buoni intelligenti che nella mutazione abbia facilmente perfezionato la simetria con più decoro e grazia, come il maggiore studio e naturalezza dei panni.
[p. 117] E se per avventura nelle pitture di questi e d’altri, ancorché di gran fama ed eccellenza, incontrassi di quelle che in effetto facciano assai più pompa con la chiara vaghezza de’ colori, che col mezo di conveniente studio e debita naturalezza, a guisa di scogli nocivi dovrà in ogni tempo fuggire non solo chi opera, ma quello ancora, che viene ad applicare coll’osservazione della pittura solamente per sodisfare al genio connaturale.
Né pensi già il versato della professione, che io sia per dannare la bella e vaga chiarezza della pittura, sapendo benissimo che i più perfetti hanno diversamente operato conforme all’occorrenze, che si sono rappresentate, come s’osservano talora vari i gusti e gli oggetti di natura, e fra gli altri l’eccellentissimo Tiziano, e dopo il seguace Paolo da Verona hanno dato a conoscere talora nelle figure, e altri rappresentati in chiaro con tanto d’artificio, prattica ed intelligenza di lumi diversi, meze tinte delicatissime e vari riflessi in ordine alla più bella e vera naturalezza, ed anco qualche volta senza l’apparenza dell’opposto oscuro, massime il medesimo Tiziano, sopra d’ogni altro in opere di maraviglia, dovrà però avertire lo studioso, che tali uniformità di natura non si ritrovano in fatti, che fabbricate coll’artificio di detta mischianza de’ colori, e non altrimenti di pura bianchezza, come procurano dimostrare diversi artefici alla giornata di gusto depravato, operando assai più in ordine al compiacimento del volgo, che per sodisfare al debito di buon pittore. Ma questi tali, che molto più col nome, che mediante la debita operazione si dimostrano professori, come quelli, che non possedono così degno artificio, quando non vogliano prestar credito alla debolezza del mio dire, potranno leggere il sottilissimo Girolamo Cardani129, dove tratta dell’ordine, che il pittore deve tenere per ben disporre i colori, e sentiranno «convenire all’opera la necessaria varietà de’ contrari per ornamento, e decoro della professione, e finalmente, che si debba guardare il pittore, come dal veleno dall’uso dell’estremo bianco», apportando ad un tempo la ragione col dire, «perché leva col troppo di chiarezza la bella gravità dell’opera, e insieme non meno oscura i colori, che offenda [p. 118] il contrario dell’ombre», e quando anche ciò non sia bastante, leggano in oltre il dottissimo Leon Battista Alberti130, il quale nel riconoscere al suo tempo forse simile abuso, in trattando della pittura, ebbe a dire in tal proposito, «che sono degni di molto biasimo quei pittori, che si servono del bianco intemperatamente, e del nero senza veruna diligenza, che però desiderava, che fosse il color bianco assai più caro al pittore delle preziosissime gemme»; sentimento che pure si raccoglie fosse continuamente predicato a loro giorni dagli stessi Carracci, e come tale l’autenticarono mediante i rari effetti delle loro operazioni, imperoché eglino, già addottrinati nella seconda e terza scuola, e col grande del proprio conoscimento avendo diligentemente scrutinato gli effetti della natura, conobbero non essere che per ogni parte viziosa l’estrema bianchezza, e perciò da questi straordinari maestri fu saggiamente con detti e fatti abbominata, come quelli, che conoscevano in effetto, non essere i chiari nelle parti maggiormente illuminate, che gli stessi colori più e meno dalla luce chiarificati, e in ordine al primo, secondo e terzo lume, che suole diversamente ferire il corpo naturale a proporzione mai sempre della dispostezza del medesimo composto che viene a riceverlo. Il che si può maggiormente riconoscere nelle figure degl’ignudi, i quali per essere composti di carne non possono dimostrare altra bianchezza, che lo stesso misto della carne diversamente chiarificato conforme la diversità de’ colori, e del più e meno della luce, che giunge a rischiarirgli; così ne’ panni ed altri corpi colorati ritrovasi la varia chiarezza, come di giallo, rosso, verde od altro composto; e ciò similmente s’osserva ne’ riflessi, i quali per l’ordinario rendono diversa sorte di colori, in quella guisa che in vari modi illuminati vengono a ricevere il lume, e il tutto per l’ordinario colla mistione particolare di temperati colori. Restando solo la rappresentazione delle cose puramente bianche, come di neve, latte, gigli e panni candidi, che in tal congiuntura non ricercandosi che la maggior bianchezza, pare anco che ne’ lumi, massime principali debba per necessità servire il puro bianco, cosa che di rado suole accadere a’ buoni [p. 119] professori, perché come saggi vengono con prudenza a sfuggire simili occasioni, già consapevoli del gran nocumento che suole apportare al concerto dell’opera colore in tal maniera disgregante. Quindi è che i mentoati Carracci instassero assai più nello studio delle figure, che nell’apparenza del colore, e per ciò hanno facilmente dimostrato opera dotta di gran naturalezza, e mai sempre degna di lode e d’imitazione, quantunque si dimostrino ne’ loro dipinti di poca durata per disgrazia universale de’ virtuosi, massime de’ seguaci della professione, dove potrà cavare lo studioso della virtù, che se bene vengano talora sublimati da sciocchezza volgare cotali operanti con impropria fortuna, come sopra machine d’apparenza, non ottengono però nella lor gloria che labile il fondamento, e in guisa di corpi aerei, tosto che sono agitati dal discorso di prudenti osservatori, restano in preda alla distruzione.
E quando in oltre perseverasse l’impuro giudicio coll’asserire che, essendo questi tali al presente laudabili e fortunati, debbano anco al pari d’ogni altro esser debitamente stimati: direi infine che a simili spettatori dall’ignoranza, confusi ed abbagliati dalla chiarezza superflua de’ puri colori dovessero essere tralasciati dall’erudito senza veruna osservazione, perché ritrovandosi ciechi insieme co la fortuna de’ loro parziali artefici, come tali ed affatto privi d’intelligenza, non possono né tampoco devono distinguere l’artificio de’ colori. Imperoché soggetti di tal sorte, che mostrano per l’ordinario di non sodisfarsi del commune giudicio, lasciaremo che vengano a ricercare il più sicuro del tempo, che infine scopre gli occulti diffetti del tutto per essere padre della verità, e giudice senza passione, che suol dare della vita e morte dell’opere giusta sentenza131.
CO’ GLI ESEMPI ANTICHI E MODERNI SI DIMOSTRA ESSERE RIUSCITI VERAMENTE ECCELLENTI E FAMOSI QUEI MAESTRI CHE, INNAMORATI DELLA PROFESSIONE, NON HANNO TRALASCIATO INDUSTRIA, NÉ FATICA, NÉ ALTRO MEZO PER ACQUISTARE LA DESIDERATA VIRTÙ
CAP. XVIII
[p. 120]Vien creduto a’ nostri giorni, secondo l’opinione di molti, essere ridotto il mondo a termine che, dimostrandosi del continuo sempre più depravato, non resti al presente che a desiderare la felicità de’ tempi passati, e ciò ci è rappresentato coll’apparenza del vero a segno che il volgo senza maggiormente inoltrarsi co’ la considerazione stima in tal proposito per indubitato quello che già cantò il poeta quando disse
Or conosco ben io, che il mondo instabile
Tanto peggiora più, quanto più invetera132.
Ma in fatti, ponderandosi il tutto più sensatamente, si viene a determinare col prudentissimo Castiglione non accadere già una cotanta differenza tra l’uno e l’altro secolo133; avengaché per esser stato in ogni tempo un epilogo di bene e di male, con ogni sorte d’enti, e questi fra di loro contrari, ne segue facilmente che quelli i quali dimostrano in secolo particolare copia e qualità di tristi, ignoranti ed imperfetti, non hanno osservato del pari in un tal tempo i buoni e virtuosi soggetti suoi contrari, e se talora sono fra di loro confusi, e gli uni invece degli altri riescono coll’arte di simulata rappresentazione, si dovrà però avertire, che un tal moto come violento, e fuori dell’ordine di bene regolata natura, non può ottenere che breve durata, e solo appresso volgari, sapendo benissimo quelli di buon conoscimento, che le fallacie e simili simulate operazioni non possono riuscire all’indefesso corso dell’eternità, [ p. 121] ma solo resistere l’opere di quelli artefici, che da dovero innamorati negli esercizi E per prova di ciò, mi sia data licenza di palesare maggiormente questo virtuoso ardore con un lume della mia patria, ancorché molto oscurato dalle tenebre dell’antichità; e questo siasi il sopracitato Melozzo da Forlì. Egli, quantunque per retaggio de’ suoi maggiori assai commodo de’ beni di fortuna, bramoso nondimeno di fare buono acquisto nella pregiatissima virtù della pittura, allettato dalla fama de’ maggiori maestri de’ suoi tempi, si studiò diportarsi in paesi remoti, dove per sortire occasione di studiare e pratticare con esso loro al meglio possibile, venne a posporre ogni altro rispetto all’ardente brama di questa virtù, ed in occasione non ritrovando miglior opportunità per sodisfare al proprio gusto, non aborrì l’aggiustarsi nel posto di fameglio in casa de’ primi professori con la carica fra gli altri bassi servizi di macinar colori. Quivi stancando egualmente le braccia su la macina, come gli occhi sopra l’opere diverse de’ maestri, con sommo contento se n’approfittò, in guisa che egli sorse dal pistello al pennello, e medianti fatiche fatte dalla pazienza di genio innamorato della virtù, s’avanzò ad operare in modo che, tra l’altre occasioni che se li rappresentarono, ne diede sufficiente contrasegno nella città diRoma nell’occorrenza del dipingereil volto dell’altare maggiore
de’ Santi Apostoli134, dove si viene a vedere le buone proporzioni e il ben posseduto fondamento di prospettiva et architettura, essendo stimata continuamente da buoni intelligenti per opera di bonissimo pennello: ancorché il Vasari, per la somiglianza de’ nomi ne’ suoi primi libri, che stampò delle vite de’ pittori, voglia che il Melozzo sia inteso e riconosciuto il Benozzo, allettato altrettanto dall’amore delle proprie parti, quanto questo singolare amatore della virtù fu inimico del suo nome, e p