Filippo Titi
Studio di pittura, scultura e architettura nelle chiese di Roma
(1674)
Di S. Pietro in Vaticano
[p. 1] Dalla chiesa di S. Pietro ha il principio questa mia fatica, cioè dalla maggior fabrica che tutti i secoli abbino [p. 2] ammirata, né altro motivo ho creduto potermi indurre a ciò fare che quello della di lui grandezza eee magnificenza, per accrescere la quale sono più volte restati esausti i tesori dell’Impero Cristiano. Goda dunque il lettore, nella considerazione di questa, le meraviglie tutte dell’arte e dell’ingegno, già che unitamente hanno questi saputo adunare in una sola fabrica, ciò che nello studio dei secoli trascorsi poterono inventare e maggiormente per esser qui ogn’opera ridotta a quella perfezione, che senza fissarvi l’intelletto non si può pienamente intendere et io resto contento d’introdurlo in un subito quel tempio, ove abbastanza potrà sodisfare alla propria virtù.
Prima dunque di giungere a questa basilica, vedesi una [p. 3] piazza amplissima, circondata da quantità innumerabile di colonne a quattro ordini, che concentriche alla famosa guglia, che in mezzo vi è posta, formano un immenso teatro, per ornamento del quale, posa sopra gli architravi di esso un giro di statue, disegno del Cavalier Giovan Lorenzo Bernino che alla grandezza dell’animo di Alessandro VII ha saputo accoppiare quella di così vasta mole.
Ammirasi poscia la guglia, che per comando di Sisto V sopra una base molto alta, sostenuta da quattro leoni di bronzo dorato, opera di Prospero Bresciano fu mirabilmente dal Cavalier Domenico Fontana inalzata (quale era prima nel Cerchio Massimo), alta con la sua base fino all’estremità palmi centocinquantadue, come [p. 4] afferisce Michel Mercati.
Ai due lati di questa sono le due fontane, che con profluvio di acqua, rendono meravigliosa la vista di sì nobil teatro, da uno dei fianchi laterali del quale si entra nell’immenso Palazzo Vaticano, di cui mi riserbo a dire in altro libro, che dei palazzi principali di Roma e loro maraviglie già procuro ridurre a perfezione; e dall’altro si giunge ad imboccar nel portico grande; ma prima di discorrerne, sono obligato per maggiore notizia di chi legge, dire del principio et augumento di questo tempio. Costantino il grande fondò questa chiesa e l’arricchì d’infiniti tesori, la quale nelle vicende de’ secoli fu altre volte spogliata et altre abbattuta, conforme in più autori descritto si vede, ai quali per brevità mi rimetto. [p. 5] Giulio II fu il primo che fece ingrandirla, essendone l’architetto Bramante Lazzari da Castel Durante, da Giuliano Sangallo e da Frà Giocondo Veronese, doppo da Baldassar Peruzzi da Siena e poi da Antonio Sangallo sotto Paolo III che del tutto lo mutò e Lorenzetto scultore ne proseguì li muri. Finalmente sotto il medesimo pontefice, l’anno 1546, con pensiero ammirabile, Michelangelo Bonaroti fiorentino la ridusse in forma di croce greca. Fu proseguita quest’opera da Giulio III, Paolo IV e Pio IV il quale oltre avervi fatto fare le volte, la fece ornare al di fuori di travertino, del che fu direttore [p. 6] Giacomo Barozzi Sisto V vi fece fare la maravigliosa cuppola grande al pari del famoso Panteon di Marco Agrippa oggi detta volgarmente Santa Maria in Rotonda e si valse di Giacomo della Porta e del Cavalier Fontana, architetti famosi, che tutti seguirono l’eccellente disegno del Bonaroti; e la palla e croce posta nella sommità di essa, che per la sua grandezza è capace di più di trenta persone, la gettò Sebastiano Torrisani detto il Bologna. Clemente VIII raggiustò la confessione dove stanno li corpi de’ SS. Pietro e Paolo et il pontefice Paolo V la fece ridurre in croce latina, avendo fatto gettare a terra quello che era rimasto del vecchio verso oriente e vi aggiunse tre cappelle per parte, con un bellissimo portico con la [p. 7] direzione di Carlo Maderno, che nella facciata principale fece l’ultime prove della sua grand’arte e mirabil ingegno; che ha sotto la ringhiera principale un basso rilievo di marmo scolpito da Malvicino, Ambrogio et ai piedi delle scale sono due statue de’ SS. Pietro e Paolo, opere di Mino da Fiesole.
Da un lato del portico sudetto, che conduce alla maestosa scala del Palazzo Pontificio ordinata da Alessandro VII è la statua di Constantino a cavallo scolpita in marmo e condotta a perfezione dal Cavalier Bernino, che in tutto quello operato con sua direzione superò ogni lode, superando l’imaginazione.
Con suo disegno si mette il celebre mosaico fatto da Giotto fiorentino sopra la porta di mezzo, e si è lastricato di pietra [p. 8] tra il pavimento, nel quale vedesi intersiata l’arme del vivente Pontefice Clemente X e sopra alla porta principale della basilica, che è di metallo figurata con più istorie fatte lavorare da Eugenio IV ad Antonio Filarete in compagnia di Simone, fratello di Donatello fiorentino, sta scolpito in marmo di basso rilievo con molte figure, disegno del Bernino, Nostro Signore quando disse a San Pietro, Pasce oves meas.
Dentro questa magnifica chiesa Urbano VIII ordinò molti ornamenti, come anche Innocenzo X et ultimamente Alessandro VII non tralasciò di studiar modi et invenzioni per ridurla a perfezione e Papa Clemente X rende maestosa la Cappella del Santissimo, facendovi fabricare un ricchissimo ciborio, con l’architettura del [p. 9] medesimo Cavalier Bernino.
Nel mezzo del voltone tutto ornato di stucchi messi a oro, vi è l’arme di Paolo V, composta di mosaico da Marcello Provenzale da Cento e le statue sopra gl’archi delle capelle sono opere di diversi, cioè del Cennino, del Rossi, del Morelli, delBolgi, del Prestinora, del Fancelli, del Chivizzano e d’altri; oltre l’antiche fatte dall’Ambrogini e dal Ruggiero.
Fra gl’altari, il primo da considerarsi è il maggiore, posto questi in mezzo della chiesa sotto la gran cuppola, fabricato per disegno del Bernino, aperto da tutti i lati, già che consiste in quattro colonne di bronzo sopra ai piedestalli di marmo fino, ornate con diversi fogliami e putti che sostengono un grandissimo baldachino pure di metallo, sopra del quale sono [p. 10] molti angioli che scherzano con diversi festoni et arme di Urbano VIII che ne fu il motore, e questi sono opere di Francesco Fiamingo singolare in simili figure; il tutto gettato da Gregorio de’ Rossi romano.
A’ piedi dei quattro pilastri che sostengono la cuppola sono quattro statue, alta ciascuna di esse ventidue palmi, rappresentanti una S. Veronica opera di Francesco Mochi, l’altra S. Elena di Andrea Bolgi da Carrara, la terza S. Andrea Apostolo scoltura di Francesco Guercino fiamingo e l’ultima S. Longino di mano del Cavalier Bernini, di cui è l’invenzione di quest’adornamento, come pure delle quattro ringhiere, che in alto sopra le dette statue sono poste e gl’angioli di esse.
Dei quattro evangelisti collocati negl’angoli sotto la [p. 11] cupola, il S. Giovanni et il S. Luca sono memorie di Giovanni de’ Vecchi dal Borgo S. Sepolcro e gl’altri due di Cesare Nebbia da Orvieto, lavoro molto eccellente fatto a mosaico, ma li puttini et altri ornamenti vengano dal Cavalier Cristofaro Roncalli dalle Pomarancie
Il Cavalier Gioseppe Cesari d’Arpino fece il disegno di tutte le figure et altro, che fatto a mosaico si mira nella volta della cupola e fu eseguito da Francesco Zucchi, Cesare Torelli e Paolo Rossetti, il quale si servì de’ cartoni del Roncalli e di molti lavori di Marcello Provenzale.
Sotto il piedistallo di ciascuna delle quattro sopradette statue vi è un altare con quadro in cui si rappresenta l’istoria medesima della statua, che è sopra, di colori ad olio fatti da [p. 12] Andrea Sacchi, romano pittore di eterna memoria.
Di qui si scende alle grotte dove hanno dipinto molti virtuosi, che per aver in esse comunemente operato, non vi è certezza qual lavoro ognuno di essi abbia fatto; onde non potendosi servar l’ordine, che fin qui si è tenuto, dirò solo li nomi delli artefici così antichi, come moderni, fra i quali Bartolomeo da Carrara, Bartolomeo Menduzza, Carlo Pellegrino da Carrara, Guid’Ubaldo Abbatini da Città di Castello, Cosmo Savelli, Emilio Savonanzio bolognese, Giovanni Battista Speranza romano, Giovanni Baccani, Gregorio Grassi, Marco Tullio Motagna, Simone Memmio sanese coetaneo di Giotto fiorentino et altri, dei quali per mancanza di scritture non se ne ha memoria.
[p. 13] Per andare dall’altar maggiore alla porticella laterale, che va a S. Marta, si vede sopra di esso dipinto a guazzo per mano di Giovanni Francesco Romanelli da Viterbo, S. Pietro che libera un’indemoniata.
Il quadro dell’altare, che è posto incontro alla detta porta è del Cavalier Francesco Vanni da Siena, che rappresenta la caduta di Simon Mago, pittura considerabile per la sua vaghezza.
Seguitando il camino in su trovasi l’altare dedicato alla Beata Vergine fatto di pietre, sopra del quale è una delle cupole minori e negl’angoli di essa sono rappresentati a mosaico quattro Dottori della S. Chiesa, essendo il disegno di due di essi di Giovanni Lanfranco e degl’altri di Andrea Sacchi, messo in opera da Giovanni Battista Calandra.
[p. 14] L’altare a questo contiguo è dedicato a S. Leone I in cui si rappresenta l’istoria di questo pontefice contro di Attila, re de’ Goti, fatta in basso rilievo da Alessandro Algardi bolognese, il quale in quest’opera ha saputo render immortale sé stesso per contorno e machina; e non molto avanti, quasi incontro al sopradetto altare vi è un quadro di Ludovico Civoli continente l’istoria di quando San Pietro risana uno stroppiato; et in faccia a questi sopra di una porta è dipinto a guazzo da Antonio Pomaraci, Nostro Signore che dà le chiavi a S. Pietro.
In mezzo della tribuna maggiore si ammira la catedra di S. Pietro ornata di prezioso lavoro di bronzo dorato sostenuta da quattro Dottori della Santa Chiesa di smisurata grandezza pure [p. 15] del medesimo metallo posati sopra a base di marmo, ai piedi dei quali è l’altare, il tutto disegno del Cavalier Bernino gettato da Giovanni Piscina peritissimo in quest’esercizio per ordine di Alessandro VII.
Alla man destra di quest’altare si trova il deposito di Paolo III fatto con statue di marmi e bronzo, sotto la direzione di Michelangelo Bonaroti da Fra Guglielmo della Porta, opera sopra tutte considerabile.
Nell’altro lato è quello di Urbano VIII pur abbellito con statue di marmi e bronzi, invenzione et opera singolare del Cavalier Bernino. Non tralasciando il principiato giro si trova l’altare dedicato a San Pietro, nel di cui quadro ha colorito il Cavalier Giovanni Baglioni l’istoria della [p. 16] resurrezione di Tabida.
Sotto la cuppola minore, che poscia si vede sono due altari: il primo dedicato a S. Petronilla, nel cui quadro ha mostrato Giovanni Francesco da Cento detto il Guercino il potere della sua virtù e talento in colorire; e nel secondo è S. Michele Arcangelo fatto a mosaico arrotato da Giovanni Battista Calandra, con disegno del Cavalier d’Arpino; e gl’angoli della detta cuppola sono fatti a mosaico dal medesimo Calandra in uno de’ quali è S. Bernardo disegno di Carlo Pellegrini, nel secondo S. Greco di Giovanni Francesco Romanelli, nel terzo un altro santo di Andrea Sacchi.
La Navicella di S. Pietro con Cristo e li apostoli, dipinta nell’altare che segue sotto la volta, è opera insigne del Cavalier Lanfranco, tenuto in gran [p. 17] conto da professori.
Incontro alla medesima, sopr’una porta, vi è S. Pietro quando battezzò li guardiani delle carceri di mano d’Andrea Camessei da Bevagna ottimo pittore.
Poco più avanti si entra in un braccio laterale della crociata, ove a mano manca è l’altare di S. Erasmo, il di cui quadro è di Nicolò Pousin francese celebre maestro di sì bella virtù.
L’altro nel mezzo è dedicato alli SS. Processo e Martiniano, et il quadro è opera di Valentino Francese.
In quello contiguo vi sta
dipinto S. Vinceslao, Duca di Boemia, da
Angelo Carosello romano.
Sotto alla volta di una delle capelle, che segue a mano manca di esso, si osserva di subito un [p. 18] altare dedicato a San Basilio Magno, il di cui quadro fu principiato da Girolamo Muziani, terminato poi da Cesare Nebbia, e Giovanni Baglioni sopr’una porta incontro ha dipinto Cristo che lava li piedi a gl’apostoli.
Si giunge poscia alla capella dedicata alla Beata Vergine disegno di Giacomo della Porta e negl’angoli della cuppola sono bellissimi mosaici disegno di Girolamo Muziano, come anche quelli sopra l’altare, e nella parte sinistra della medesima cappella vi è l’altare di S. Girolamo con pittura del detto Muziani, una delle migliori opere che abbia mai fatte.
Sotto la volta verso la Porta Santa si trovano due depositi e quello di Gregorio XIII è opera di Prospero Bresciano.
La Cappella del SS. Sagramento, [p. 19] che immediatamente a questi segue, è ornata tutta di stucchi dorati et il quadro di essa dedicato alla SS. Trinità fu condotto a perfezione dal cavalier Pietro Berettini da Cortona, di cui non solo sono disegno li sudetti lavori, ma anche i mosaici, che sono nella cuppola fatti per mano di Guid’Ubaldo Abbatini da Castello illustre artefice.
Dentro a questa a mano destra nell’entrare è un altare dedicato a S. Maurizio, il di cui quadro è di Carlo Pellegrini e nel pavimento è il deposito di Sisto IV con la di lui figura et altri ornamenti in basso rilievo di metallo fatto da Antonio Palaiolo fiorentino.
Il deposito della Contessa Matilde, che sotto l’arco contiguo per ordine di Papa Urbano VIII fu posto è disegno del [p. 20] Cavalier Bernini, eseguito da Stefano Speranza romano.
La cuppola seconda delle cappelle minori è figurata di mosaici da Guid’Ubaldo Abbatini opera considerabile in questo genere et il disegno è di Pietro da Cortona.
Il quadro dell’altare, che mostra S. Sebastiano martirizzato con quantità di figure, è del non mai abbastanza lodato Domenichino bolognese.
La Cappella del Crocefisso, che è l’ultima dalla parte della Porta Santa, è riguardevole per la pittura della volta fatta da Giovanni Lanfranco e l’immagine del crocefisso è opera di Pietro Cavallini romano. Dentro di questa sono due piccioli altari laterali, non in altro riguardevoli, che per la divozione. La cuppola di fuori si mette oggettoi a mosaico da Fabio [p. 21] Cristofari sopra il disegno incominciato dal cavalier Pietro da Cortona e per la di lui morte terminato da Ciro Ferri romano.
Passando all’altra parte delle navate la prima capella, che vi è, era dedicata alla Catedra di S. Pietro, con la sua volta ornata di stucchi e le pitture sono del Cavalier Gasparo Celio.
L’altare, che immediatamente si trova inoltrandosi nella chiesa è dedicato alla Santissima Vergine et il quadro contiene il fatto della di lei Visitazione a S. Elisabetta, pittura delle migliori di Giovanni Francesco Romanelli, essendovi prima altro quadro del Cavalier Cignani lacerato dall’umidità.
Seguitando il camino verso l’altar del coro si vede dietro a uno dei pilastri, che sostengono la volte delle navate, il [p. 22] sepolcro d’Innocenzo VIII con doppia statua del medesimo pontefice di bronzo gettato da Antonio Palaiolo.
Nel quadro dell’altare della cappella del coro sono espressi S. Giovanni Crisostomo, S. Francesco e S. Antonio da Padova et altri dall’artificioso pennello di Simone Vueth francese, et ivi ammirasi la famosa scoltura in marmo della Pietà fatta da Michelangelo Bonaroti nell’età sua giovenile.
Nella cancellata di questa cappella sta posta in ovato l’effigie di S. Giovanni Crisostomo opera dell’Abbatini; e qui si avverte che non si fa menzione delle cuppole, non essendo per anco ornate dei mosaici, che dovranno esservi in accompagnamento dell’altare.
Sotto la volta dell’arco contiguo sono due depositi: l’uno [p. 23] di Leone X senz’ornamento; e l’altro di Leone XI con la di lui statua grande et altre minori, il tutto disegno dell’Algardi bolognese.
Nell’uscire da quest’arco incontrasi l’altare dedicato ai SS. Pietro et Andrea, detto l’Altare della bugia di Anania, condotto a perfezione dal Roncalli dalle Pomarancie.
Si entra di poi nella cappella detta Gregoriana fatta con disegno di Giacomo della Porta et il quadro dell’altare è pittura di Andrea Sacchi, nel quale si rappresenta S. Gregorio Magno che mostra il corporale insanguinato, et i mosaici e stucchi della cuppola sono disegno del Cavalier Pomarancio.
Poco doppo vedesi un altare laterale nel di cui quadro è espressa la Crocefissione di San Pietro fatto dal Cavalier [p. 24] Domenico Passignano fiorentino. Nel primo delli tre altari della crociata a mano manca è il quadro fatto da Giovanni Antonio Spadarino romano, in cui è S. Valeria e S. Marziale et in quel del mezzo si vedono S. Simone e Giuda dipinti da Agostino Ciampelli fiorentino. Il Cavalier Passignani ha fatto l’altro quadro contiguo in cui si rappresenta S. Tommaso Apostolo che mette il dito nel costato di Cristo.
Entrando poi nella sagrestia si osservano nella seconda capella di essa, posta a man dritta, alcune istoriette colorite ad olio da Francesco Moranzone milanese e sono nelli sportelli dei credenzoni, che servono di custodia per molte reliquie.
Giovanni Francesco Fattore, allievo di Raffaello da Urbino, ha dipinto il quadro della terza [p. 25] cappella, nel quale è S. Anna con altre figure.
Nella quarta cappella vi è la Santissima Pietà dipinta in tavola da Lorenzino da Bologna con disegno del Bonaroti e li due quadri in tela sono opera di Girolamo Muziani da Brescia, avendo in uno di essi espresso Cristo in orazione all’orto e nell’altro la di lui flagellazione.
Fra i quadri che sono intorno alla detta sagrestia è considerabile quello fatto da Ugo da Carpi senz’avervi adoprato pennello et in esso si rappresentano li SS. Pietro e Paolo e S. Veronica.
Una Madonna con il putto in braccio, S. Francesco e S. Crispino con Papa Bonifacio VIII è di mano di Girolamo da Sermoneta. Il S. Antonio di Padova fu [p. 26] fatto da Marcello Venusti mantovano et il quadro con dentro la Resurrezione di Nostro Signore sono opere di Giacomo Zucca fiorentino.
Si conserva nell’archivio un libro di sagre istorie donato dal Cardinale Giacomo Stefaneschi alla medesima chiesa, nel quale sono miniature bellissime fatte da Giotto fiorentino et un altro de’ salmi, non inferiore e di gran prezzo, donato dal Signor Orazio Capizucchi di famiglia antica e nobile romana, allora decano de’ canonici di San Pietro.
Di S. Marta
Dalla porta che esce dalla sagrestia di S. Pietro si va a S. Marta e prima si trova S. Stefano Minore chiesina degl’Ungari e poi San Stefano [p. 27] chiesa degl’Abissini Mori e giunti alla sopradetta, che è di molta divozione et indulgenze, si vede nell’altar maggiore di essa dipinta dal Cavalier Baglioni l’immagine della santa e nella volta della cappella effigiato il Padre Eterno, la Nunziata, la Resurrezione di Lazzaro e diversi santi, il tutto mirabilmente dipinto a fresco da Vespasiano Strada.
Li SS. Giacomo et Antonio Abbate dipinti nel primo altare a man destra del maggiore sono del Cavalier Lanfranco con gran maestria ad olio condotti, che nel secondo altare che segue dipinse S. Orsola.
Nell’altro contiguo l’immagine del Crocefisso di rilievo è opera del Cavalier Algardi, famoso scultore, e nel secondo altare dall’altra parte della chiesa è il S. Girolamo [p. 28] creduto pittura del Muziani, benché altri dicano esser invenzione di Daniello da Volterra.
La Santa Margherita maggiore del vivo dipinta con maniera di gran maestro nel quadro appeso al muro, dove doverebbe esser l’altro altare è fatica di Giovanni de’ Vecchi dal Borgo S. Sepolcro città otto miglia distante dalla mia patria.
Di S. Maria in Campo Santo
Nel ritornar indietro per andare a Santo Spirito si trova prima la sudetta chiesa fabricata da Leone IV. Qui fu la Scuola de’ Longobardi e vi è la Compagnia con l’ospedale de’ tedeschi e fiaminghi.
La Deposizione di Cristo nell’altar maggiore si crede del Caravaggio e dalle bande li [p. 29] quadri grandi con l’istorie di Maria Vergine li dipinse Giacomo de Hase d’Anversa, il sepolcro del quale con un puttino di marmo è di Francesco Fiammingo.
Nella cappella a mano destra della maggiore vi è un quadro moderno colorito da Giacinto Gimignani pistoiese, che vi ha rappresentato il Martirio d’un santo, con molte figure.
La Madonna che va in Egitto et il S. Carlo dipinti nell’altare a man sinistra a fresco sono di Arrigo Fiammingo, e le pitture nella Cappella della Passione di Polidoro da Caravaggio uomo di gran fama.
Di S. Spirito in Sassia
Per la strada che va a Santo Spirito si trova la Chiesa [p. 30] di S. Michele in Sassia abbellita di molte pitture nel tempo di Clemente VIII e poco lontano quella di S. Lorenzo in Piscinola, che del 1659 fu concessa alli padri delle Scuole Pie, che ora l’hanno rimodernata con buon disegno.
Doppo pochi passi si giunge alla sudetta chiesa, che nel grand’ospedale suo contiguo, che ebbe la fondazione da Innocenzo III il quale consegnò anche questo ai religiosi dell’Ordine detto di Santo Spirito, ha un vago altare con la sua tribuna sostenuta da quattro colonne e tabernacolo simile, operato il tutto da Andrea Palladio architetto et il palazzo fatto fabricare da Gregorio XIII per abitazione di Monsignor Commendatore è architettura d’Ottavio Mascherino.
La chiesa poi è disegno di [p. 31] Antonio da Sangallo e la facciata del medesimo Mascherino fatta nel ponteficato di Sisto V. Il ciborio dell’altar maggiore fu architettato da Andrea Palladio e nella tribuna di esso, che è tutta dipinta da Giacomo del Zucca, vi sono alcuni ritratti al naturale di virtuosi suoi amici.
Il primo altare dalla parte dell’evangelo del maggiore è dedicato alla Beata Vergine et a S. Giovanni Evangelista e le loro immagini sono ingegnose fatiche di Perino del Vaga pittor celebre, a che aggiunge Gasparo Celio nel suo libretto, che li due profeti ivi dipinti siano del medesimo Vaga et il resto del Fattore buono.
L’altro altare contiguo ha il quadro col Cristo morto dipinto di Livio Agresti da Forlì , come anche tutte l’altre pitture [p. 32] della cappelletta condotte a meraviglia bene, in particolare la Resurezione di Nostro Signore et il Presepio.
Nel quadro d’altare nella quarta cappella si vede dipinto Gesù quando fu levato dalla croce di mano di Pompeo dall’Aquila e li quattro evangelisti due per pilastro sono opere d’Andrea Lilio d’Ancona.
La Coronazione della Beata Vergine col nostro Redentore et altri santi nell’altare, che segue, fu condotta perfettamente con tutto il restante della cappella da Cesare Nebbia.
La pittura della Transfigurazione di Nostro Signore nel quadro del primo altare dall’altra parte del maggiore fu fatta da Gioseppe Valeriano Regnarzio avanti che si facesse gesuita. Nell’altare che segue vi è dipinta la SS. Trinità e dalle [p. 33] bande Gesù quando liberò il languido et il cieco a cui restituì la vista, industriose fatiche di Livio Agresti , che anche dipinse l’Assunta di Maria Vergine nell’altro altare con tutto il rimanente, eccettuatane la Natività, che ivi fece Giovanni Battista della Marca , e la Circoncisione, che è pittura di Paris Nogari romano .
Dall’istessa parte nell’altro altare vi è colorita la venuta dello Spirito Santo sopra gli apostoli da Giacomo Zucca con tutto il resto, che è nella cappella, et anche la facciata sopra la porta maggiore è tutta di mano del medesimo Zucca; Cesare Conti d’Ancona vi operò attorno e da una parte la Conversione di S. Paolo la dipinse Matteo da Siena, con la Visitazione di S. Elisabetta dall’altra, quivi medesimamente rappresentata.
[p. 34] Nella sagrestia grande tutta dipinta nella volta et attorno di varie istorie e di chiari oscuri, fatti con tant’eccellenza, che paiono bassi rilievi, dall’Abbatini da Castello, vi è la tavola, che colorì Girolamo Sicciolante, con la Venuta dello Spirito Santo sopra li apostoli.
Di S. Onofrio
La porta posta nella muraglia antica della città dove comincia la Lungara e la salita di S. Onofrio, molti dicono che sia fatta col disegno d’Antonio Sangallo, altri l’attribuiscono a Michelangiolo e di chiunque sia è nobilissima benché non terminata.
Giunti alla sudetta chiesa, che è titolo di Cardinale, fondata da Eugenio IV e dalla famiglia romana de Cupis, [p. 35] oggettoi posseduta col monastero da Frati Eremiti di S. Girolamo, si vede nella sua facciata una divota immagine di Maria Vergine dipinta nel muro con altre figure dal Domenichino et anche tre istorie di S. Girolamo nelle lunette del portico esteriore di tutta perfezione.
Nel claustro del convento si conservano in essere diverse pitture fatte da Vespasiano Strada e da altri e fra queste un’immagine della Vergine Maria opera di Leonardo Da Vinci tanto commendato da Giorgio Vasari ne’ suoi libri.
Nel muro dell’altar maggiore della medesima chiesa l’effigie di Maria con diverse istorie dalla cornice a basso sono opere di Baldassarre Peruzzi, quali volendo rinfrescare furono assai dalla loro prima forma mutate e quelle dalla [p. 36] cornice in su sono di Bernardino Penturecchio perugino.
La Circoncisione di Nostro Signore nella prima cappella dalla parte dell’evangelo della maggiore è opera buona del Penturecchio sudetto.
Nella cappella dall’altra parte vi sta dipinta la Vergine Santissima di Loreto, da Annibale Caracci bolognese celebratissimo pittore, nel rimanente la cappella fu colorita tutta vagamente da Giovanni Battista Ricci da Novara.
In questa chiesa ha il sepolcro Torquato Tasso famosissimo poeta con nobile inscrizione fattali dal Cardinale Bevilacqua et il Barclai uomo dottissimo.
Li Padri della Chiesa Nuova nell’orto contiguo vengono a far gl’oratori in tempo d’estate, li giorni di festa.
Di S. Leonardo
[p. 37]Nel principio della Lungara quasi incontro al Palazzo maestoso de’ Signori Salviati è la chiesina sudetta, che fu data in cura ai Padri Camaldolesi di monte Corona da Gregorio XIII. L’altar maggiore di essa è dedicato alla Beata Vergine et alli SS. Romualdo e Leonardo, l’immagini de’ quali furono dipinte da Ercole Orfeo da Fano.
Della Chiesa di Regina Coeli
Avanzato il camino a mano destra della medesima strada si trova il monastero e Chiesa di Regina Coeli, del quale fu fondatrice Don Anna Colonna, moglie del Prencipe Duca Taddeo Barberini, che si valse dell’architettura di Francesco Contini.
[p. 38]Nell’altar maggiore si venera la Presentazione di Maria Vergine al Tempio colorita e terminata dal Romanelli, che nell’altare dalla parte dell’evangelo ha dipinto S. Giovanni Evangelista, che communica la Vergine Madre, e nell’altra parte effigiata S. Teresa a cui è dedicata la chiesa sudetta. Nel sopradetto altar maggiore è un preziosissimo ciborio ricco di gioie, statuette et altre galanterie di gran prezzo donate alla chiesa da Don Anna sudetta, che vi ha un maestoso sepolcro.
Di S. Croce della Penitenza
Prima di giungere a questa chiesa si vede quella di S. Giacomo in Settignana, dove è un monastero per le Convertite fabricato con la sua facciata dall’Eminentissimo Cardinale Barberino [p. 39] e l’altro che segue con la chiesa sudetta dal Marchese Baldassar Paluzzi Albertoni per le Repentite, che nell’altar maggiore ha Gesù Cristo dipinto che porta la croce, assai divoto di mano di Terenzio da Urbino.
Di S. Pietro in Montorio
Nell’incaminarsi a questa chiesa nel fine della Lungara, è situato il palazzo dei Signori Riari abitato oggettoi dalla Sacra Maestà della Regina di Svezia, che in sé racchiude un tesoro prezioso di pitture de’ maggiori autori, che in questo genere abbia il mondo tutto, e quasi all’incontro quello de’ Serenissimi duchi di Parma già de’ Signori Chigi, celebre anch’esso per l’opere che vi sono del gran maestro Rafaello Sanzio da Urbino [p. 40] aiutato da Giulio Romano, da Gaudenzio e da Rafaellino dal Colle, villa nel territorio di Città di Castello, non lungi dalla strada che conduce al Borgo S. Sepolcro in un’ora di camino, di dove lo fa il Vasari nelle sue Vite de’ Pittori, affezionato allo Stato di Toscana, come anche il Baglioni, il Celio, l’Alvari et altri che hanno trattato del medesimo regolati secondo l’autore sudetto, che per altra certezza di questa verità infallibile ha lassato Rafaellino in diverse chiese e palazzi di Città di Castello sua patria memorie bellissime del suo gran sapere.
Tutti li sopradetti allievi di Rafaello con suoi disegni dipinsero eccellentemente nella loggettoia del moderno palazzo facile a vedersi da ognuno, con Giovanni da Udine, che fece li [p. 41] festoni et animali attorno all’istorie e sono opere di somma intelligenza.
Passata poi Porta Settignana e lassate le Chiese di Santa Dorotea e S. Giovanni della Malva e l’altra a mezzo la salita della strada, che a man destra conduce al Gianicolo, si giunge a San Pietro Montorio, chiesa ristorata da Ferdinando Re di Spagna, et allora concessa alli Padri Osservanti et ora Riformati di S. Francesco.
Il quadro del suo altar maggiore, che rappresenta l’Assunta della Beata Vergine è l’ultima opera che facesse Rafaello d’Urbino famosa per tutto il mondo.
Nella cappella dalla parte dell’evangelo vi sono due statue di marmo una di S. Pietro, l’altra di San Paolo lavorate a meraviglia da Daniello da Volterra e l’altare è dedicato a [p. 42] S. Giovanni Battista dipinto in tela da Nogari fiorentino.
La quarta cappella dalla detta parte rinuovata dal Cavalier Bernino ha la statua di S. Francesco scolpita da Francesco Baratta et altre scolture con bassi rilievi. Il S. Francesco dipinto nella volta, com’anche tutti li medaglioni a chiaro oscuro e quantità di puttini fatti con studio singolare, sono fatiche ben condotte dall’Abbatini da Castello.
Il quadro dove sta colorita l’istoria delle Stimmate di San Francesco nella cappella contigua fu dipinto e benissimo terminato da Giovani de’ Vecchi con disegno del Bonaroti.
Nella prima cappella dall’altra parte della maggiore, che ha l’altare tutto di marmo, vi è il quadro con la Conversione di San Paolo dipinto da [p. 43] Giorgio Vasari aretino, che non volendola far simile a quella del Bonaroti nella Paolina, fece il San Paolo giovine quando viene condotto dai soldati cieco ad Anania, che l’illuminò con le sue mani; è anche suo il disegno e modello della sepoltura del Cardinal del Monte, con la cappella di Giulio III e le statue, che sono nella sudetta, furono mirabilmente scolpite da Bartolomeo Amannato.
Fra Sebastiano del Piombo veneziano dipinse nella quarta cappella et ultima la Flagellazione di Cristo alla colonna con tutto il resto in sei anni, che per esser stata con disegno di Michelangelo benissimo fatta, si tiene che anche la ritoccasse.
Nel coro vi sono due facciate dipinte a fresco con la Crocifissione di San Pietro e la caduta di Simon Mago fatte da [p. 44] Paolo Guidotti lucchese, pittore molto stimato; e la sepoltura del Massa nella chiesa è disegno e scoltura di Giovanni Battista Dosio. La cappelletta rotonda, che è nel mezzo del claustro, dove fu crocifisso S. Pietro, è bell’architettura di Bramante, et uno delli due claustri che sono nel convento, lo dipinse assai bene Giovanni Battista della Marca et il secondo Nicolò dalle Pomarancie.
Di S. Maria della Scala
Alle radici di detto monte è questa chiesa con il convento, che è disegno di Matteo da Città di Castello, che anche cominciò e condusse a buon termine l’Acqua Felice, che fa mostra alle Terme Diocleziane, opera poi finita sotto il [p. 45] Pontefice Sisto V da Giovanni Fontana; la fece fabricare il da Cardinal Como l’anno 1592 alzata fin’alla cornice col disegno di Francesco da Volterra e compita da Ottaviano Mascherino con la facciata.
Fu concessa alli Padri Riformati di S. Teresa e vi si vede di notabile il terzo altare dalla parte dell’evangelo del maggiore, architettato con invenzione vaga e bella da Onorio Lunghi, che ha il Transito di Maria Vergine dipinto da Carlo Veneziano.
Il medesimo mistero quivi dipinse Michelangiolo da Caravaggio e perché non piacque fu levato e oggettoi si trova nella Galleria del Duca di Mantova.
Nella quarta cappella dalla detta parte il quadro con la Beata Vergine che dà l’abito a S. Elia è opera del Cavalier Roncalli.
[p. 46]La pittura nell’altare dall’altra parte vicina alla sagrestia con S. Teresa la condusse Giacomo Palma e quella nella terza cappella con Maria Vergine, Gesù Cristo e San Giacinto, di buona maniera, Antiveduto Grammatica la colorì.
Nell’ultima vi è la Decollazione di S. Giovanni Battista espressa dà pennelli di Gherardo fiammingo opera molto piaciuta.
Il deposito di Muzio Santa Croce è parto dell’ingegno dell’Algardi, e Maria Vergine a fresco nel coro è pittura del Cavalier d’Arpino.
Desideroso che questo mio libro si possa portar seco in saccoccia, tralascierò di nominare molte chiesine e monasteri di questo rione per [p. 47] esservi poco o niente di buono, che ve ne sia memoria, et anche S. Apollonia, che fra l’altre pitture ha la volta della chiesa tutta dipinta da Clemente Maioli; con S. Egidio delle Monache del Carmine, che nell’altare a man sinistra hanno un bel quadro con l’effigie del santo del Cavalier Roncalli e nel maggiore un altro con Maria Vergine che dà l’abito a un santo della loro religione dipinto dal famoso Andrea Camassei.
S. Maria in Trastevere è la prima chiesa che fosse dedicata alla Beata Vergine, il primo titolo di Prete Cardinale e Collegiata insigne. Nicolò Papa V la rinovò, valendosi dell’architettura di Bernardo Rosellino suo amorevole et il Beato Pio V santissimo in ogni sua operazione vi eresse il Capitolo de’ Canonici e Benefiziati, che l’offiziano presentemente.
[p. 48]La sua tribuna è ornata di mosaici rimodernati da Pietro Cavallini et il dipinto nel coro con lavori dorati sono opere diligenti terminate da pennelli d’Agostino Ciampelli.
Nella cappelletta vicino alla porta di fianco vi è un quadro dove è un santo vescovo assalito da un manigoldo dipinto di buona e gagliarda maniera dal Cavalier Giacinto Brandi.
La cappelletta dedicata al santissimo Presepe, che è la quarta da questo lato, la dipinse Rafaellino da Reggio, degno per le sue bell’opere di molta lode.
Nell’altro altar che segue, dedicato al Crocefisso, l’immagini dalle bande di Maria Vergine e di S. Giovanni fatte con amore e buona maniera, sono d’Antonio Viviano da Urbino, detto il Sordo, allievo del Barocci.
[p. 49] Dall’altra parte dell’altar maggiore è un deposito di marmi, pietre e figure, con la Santissima Nunziata di sopra colorita dal medesimo Sordo da Urbino.
La prima cappella dalla detta banda, architettata da Onorio Lunghi, è tutta dipinta da Pasquale Cati da Iesi, dov’è fra l’altre il Concilio di Trento ne’ tempi di Pio IV con il medesimo pontefice, che fa cappella, e sopra l’altare è il suo ritratto con quello del Cardinale Marco Sitico de’ Conti d’Altemps. Di fuori vi sono altre pitture di mosaico fatte da Paris Nogari romano.
La terza cappella passata la porta della sagrestia, dove è il quadro di S. Francesco la dipinse il Cavalier Guidotti con diversi fatti del santo.
All’ultimo della chiesa si [p. 50] vede una nicchia fatta in forma di cappella col disegno di Onorio Lunghi, nella quale sta il fonte battesimale, e le pitture sono del Cavalier Celio.
La Vergine Maria che va in cielo, con diversi angioli, figurata nel mezzo del soffitto è opera di Domenico Zampieri, che anche fece un puttino che sparge fiori ne’ scompartimenti della Cappella della Madonna a man sinistra dell’altar maggiore, et il palco della chiesa con la medesima è sua architettura.
Il fregio bellissimo composto di fogliami e cherubini, che sta attorno alla nave di mezzo della chiesa fu dipinto da Cesare Conti d’Ancona.
Di S. Callisto
Paolo V concesse questa chiesa, quasi contigua [p. 51] alla sudetta di S. Maria, alli Monaci Cassinensi col palazzo già del Cardinale Morone in correspondenza dell’abitazione presa ai medesimi monaci del Monte Quirinale per accrescimento del Palazzo Pontificio, e fu rifabricata da loro nel modo che si vede.
L’altar maggiore è dedicato alla Beata Vergine e la sua effigie con quella d’altri santi la dipinse diligentemente Avanzino Nucci da Città di Castello, artefice di buon nome.
Il quadro dipinto nella seconda cappella a man destra della maggiore dove sta istoriato il Martirio di S. Calisto è di mano di Giovanni Belinert fiorentino.
Nel soffitto della chiesa vi è colorita l’istoria di Palmazio opera del sudetto Avanzino scompartita in tre quadri.
Di S. Francesco a Ripa
[p. 52] Li Padri Benedettini donarono questa chiesa, che si trova nel fine d’una spaziosa strada, che va a Ripa grande, a S. Francesco d’Assisi, che qui abitò quando venne a Roma, la cui fabrica ingrandì e raggiustò nel 1231 il Conte Ridolfo dell’Anguillara; et ultimamente Lelio Biscia l’ampliò, con avervi fatto il coro, che Alessandro Vipereschi maggiormente ha dilatato. Quivi abitano li Zoccolanti Riformati di S. Francesco.
L’altar maggiore ha il tabernacolo, e li SS. Giovanni Battista e Lorenzo li dipinse nei pilastri Paolo Guidotti. Nel coro si conserva il quadro del Cavalier d’Arpino con un S. Francesco che va in estasi, donato dal Cardinal Sfondrato, e l’altre pitture [p. 53] sono di Giovanni Battista Ricci da Novara.
La cappella prima dalla parte dell’evangelo fatta buona parte di marmi è disegno di Giacomo Mola et il quadro con la Beata Vergine e S. Anna con l’altre pitture è opera del Cavalier Gasparo Celio.
Il quadro dell’altare nella cappella contigua dove è istoriato Cristo morto con le Marie vien tenuto uno dei preziosi lavori lassati in quest’alma città da Annibale Caracci bolognese; et il deposito di Laura Mattei, disegno del Peparelli, ha la statua scolpita da Nicolò Menghino, col basso rilievo antico incontro che è notabile.
Nella terza cappella vi è il quadro della santissima Nunziata operato da Francesco Salviati, pittore di buon nome et il resto lo condusse felicemente [p. 54] Giovanni Battista da Novara.
L’ultima di questa parte ha nel quadro dipinta la Concezione di Maria, di mano di Martino da Vos; dai lati l’Assunta è di Antonio della Cornia, la Natività di Simone Vueth, la volta d’un suo allievo et il deposito è disegno di Giacomo Mola.
Fuori dalla cancellata della cappella maggiore dalla parte dell’epistola è un altro deposito di marmo con alcune figure fatto da Francesco Fontana lombardo e le pitture a fresco intorno alla chiesa sono opere antiche di Pietro Cavallini, secondo che dice il Cavalier Celio.
Ora nella cappella della Beata Ludovica Albertoni, li Signori Principi Altieri fanno metter la di lei statua in marmo scolpita perfettamente dal Cavalier Bernino.
Di S. Maria dell’Orto
[p. 55] Concorsero a fabricare questa chiesa, poco distante dalla sopradetta, in onore di Maria Vergine, molti suoi divoti, che fu circa l’anno 1489 servendosi per architetto di Giulio Romano. Ora è Confraternita di Pizzicaroli e Ortolani, dove fanno le loro orazioni. La sua facciata è disegno di Martino Lunghi e la tribuna di marmo di Giacomo della Porta.
La volta dell’altar maggiore e la muraglia dietro al medesimo è dipinta per mano del Cavalier Baglioni e le Sibille incontro all’organo sono di Cesare Torelli.
In una lunetta della volta della chiesa vi è una cartella con puttini, festone e due figure intorno, con dentro la Visitazione e lo Sposalizio di Maria Vergine [p. 56] opere di Federico Zuccheri allora giovinetto, che vi si portò di maniera che si vidde il principio di quell’eccellenza che oggettoi è in lui manifesta et in Taddeo suo fratello, che fece l’istoria della Natività di Cristo di bellissimo colorito, ambedue da S. Angelo in Vado, città dello stato di Urbino poco distante da Città di Castello.
Nella prima cappella alla destra della maggiore, dove è il S. Francesco in legno intagliato, vi sono diverse pitture di Nicolò da Pesaro, et il quadro con Maria Vergine, S. Ambrogio, S. Carlo e S. Bernardino, nella cappella contigua, è di mano del Baglioni con tutto il rimanente, come anche nella quarta l’immagine di S. Sebastiano e l’altre pitture che vi sono.
Molte figure, che stanno nella prima cappella dall’altra [p. 57] parte dove è il Cristo crocefisso di legno, sono stimate di Nicolò da Pesaro sudetto, e quelle della Beata Vergine, delli SS. Giacomo, Bartolomeo e Vittoria nella cappella che segue, del medesimo Cavalier Giovanni Baglioni.
La SS. Nunziata dipinta nel muro dell’ultima cappella fu condotta perfettamente da Taddeo Zuccheri.
Di S. Cecilia in Trastevere
Il Cardinale Paolo Emilio Sfondrato fece restaurare tutta questa chiesa del 1599 con un pavimento intorno all’altar maggiore tutto di alabastri intersiato di gioie e pietre orientali. Ne hanno cura le Monache de’ Camaldoli, che abitano nel contiguo monastero et è dipinta intorno da Pietro Cavallini con istorie del vecchio e nuovo [p. 58] Testamento; li puttini nella volta sopr’alla porta grande sono di mano di Marzio di Colantonio e li paesi di Fabrizio Parmegiano benissimo toccati.
Dalla parte manca della nave sono diverse pitture fatte da Tarquinio da Viterbo, con l’aiuto di Giovanni Zanna detto il Pizzica che dipinse anche li SS. Eremiti nella facciata dove le monache hanno le grate, e S. Agnese, S. Urbano Papa e S. Benedetto, con diversi puttini nella volta, sono opere di Vincenzo Conti, quali tutti unitamente colorirono a fresco quasi tutta la chiesa.
L’istorie dalle bande dell’altar maggiore sono del medesimo Zanna e l’imagine di Maria Vergine in un tondino dell’altare è celebre pittura di Annibale Caracci, et un’altra simile è di Guido Reni con due quadri dentro [p. 59] del bagno, che è la Decollazione di S. Cecilia nell’altare et incontro un tondo grande, dove è l’angelo che incorona la santa e lo sposo Valeriano a mano destra della porta della sagrestia, dove nella volta sono molti paesi coloriti da Paolo Brillo in quest’essercizio eccellente et altre buone pitture.
La tribuna la dipinse Nicolò Circignano dalle Pomarancie e la S. Cecilia sopra della confessione fu scolpita in marmo da Stefano Maderno, e nell’altare di sotto dove sta il corpo della santa, vi è l’effigie della medesima che muore et una donna li rasciuga il sangue, opera ben toccata dal Cavalier Francesco Vanni senese e tre altri quadri nel medesimo luogo sono del Baglioni.
Il primo altare, che si trova risalendo in chiesa dalla parte [p. 60] dell’evangelo è dedicato alla Beata Vergine et appresso vi sta un quadro dipinto dal sudetto Vanni con Nostro Signore battuto alla colonna, et un altro nel terzo altare con S. Andrea coronato da un angiolo è pittura del Cavalier Baglioni e l’altare con le immagini de’ SS. Pietro e Paolo dall’altra parte del maggiore è pur suo.
Di S. Crisogono in Trastevere
Questa antichissima chiesa fu rifatta da’ fondamenti dal Cardinal Giovanni da Crema, et il Cardinal Scipione Borghese la ristorò ultimamente con la facciata e soffitto; quivi è il monastero de’ Padri del Carmine della Congregazione mantovana.
Nel mezzo del soffitto dorato vi è dipinta con buona e gagliarda maniera l’immagine [p. 61] di S. Crisogono per mano del Guercino da Cento e sopra il ciborio Maria Vergine col figlio in braccio che dorme è opera del Cavalier d’Arpino.
Il Crocefisso, la Vergine e S. Giovanni, che stanno coloriti nell’altare a man destra, sono di mano del Cavalier Paolo Guidotti e nel secondo, li tre angioli con buon gusto effigiati, sono di Giovanni da S. Giovanni.
In un altro altare a mano manca della chiesa sta figurato S. Domenico e S. Francesco con altri puttini coloriti con amore, il tutto dal Cavalier Guidotti suddetto.
Di S. Bartolomeo all’Isola
Questa chiesa, che è nell’Isola del Tevere, fu rifatta da Gelasio II, poi abbellita et ornata dal Cardinal S. Severina, avendovi fatto rassettar la [p. 62] tribuna, col ciborio dell’altar maggiore, che lo compose di quattro colonne di porfido Martino Lunghi, sotto del quale colorì ad olio quattro teste de’ santi, assai ben intese il Cavalier d’Arpino. Il Cardinal Tonti abbellì alcune cappelle e si fece fare la facciata alla chiesa con l’architettura del medesimo Lunghi, il soffitto e portico, per una lassita fatta dal Capitano Zannelli e copiosa elemosina del Cardinal Trescio l’anno 1624.
Quivi abitano li Padri Zoccolanti, che vanno sempre accrescendo commodità al convento loro contiguo con denaro, a quest’effetto contribuito dalla generosa mano d’eminentissimi Barberini.
Nella seconda cappella a man destra entrando in chiesa, consecrata a S. Carlo Borromeo quale sta dipinto nel [p. 63] quadro dell’altare in ginocchione, che è tutto spirito e vivezza, e da una delle bande l’istoria di quando il santo communicò gl’appestati, con quella dall’altra parte e la sua volta, il tutto fu colorito da Antonio Caracci, nipote et allievo perfetto d’Annibale.
La cappella contigua dedicata a S. Bonaventura la dipinse dappertutto, con diversi fatti di questo santo et altre figure, Girolamo Nanni romano.
Quella del santissimo vicina all’altare maggiore fu colorita tutta a fresco con
varie istorie di Maria Vergine da
Giovanni Battista Mercati dal Borgo S. Sepolcro, che vi si portò assai bene.
L’altre tre cappelle dalla parte dell’evangelo della maggiore furono parimente dipinte dal detto Antonio Carracci, e la prima è della Passione, l’altra di Maria Vergine e [p. 64] l’ultima di S. Antonio da Padova, dove benché giovane fece pompa del suo maturo giudizio, particolarmente in quella della Vergine Maria che è là di mezzo.
Di S. Giovanni Collavita
Nell’isola di S. Bartolomeo sta situata questa chiesa con l’ospedale dove stanno religiosi detti Ben Fratelli. Il Cavalier Gioseppino d’Arpino colorì la prima cappelletta a man diritta con diverse istoriette della Madonna et alcuni santini a fresco assai graziosi, e la lunetta per di fuori la dipinse il Cavalier Mattia Calabrese.
Il quadro nella cappella incontro con Maria Vergine, Gesù e due altri santi è opera di Giovanni Battista cortonese; e la pittura nell’altar maggiore, come anche le laterali, sono d’Andrea Generoli [p. 65] detto il Sabinese.
Questi padri hanno nel loro convento una Natività, originale di quella che va in stampa, creduta di Rafaello d’Urbino, e tutte le pitture a fresco nella volta dell’ospedale sono di Giovanni Paolo Todesco.
Di S. Sabina
Non avendo l’altre chiese, che s’incontrano nel camino, che si fa dall’isola a S. Sabina, cosa concernente al nostro discorso, tralascierò di nominarle.
La chiesa sudetta molto antica fu ristorata da molti pontefici et ultimamente rifatta del 1441 dal Cardinal Giuliano Cesarini; et anche Sisto V li rese grandezza e splendore nel 1587. Onorio III la donò ai Padri Domenicani e qui fondò il [p. 66] monastero et abitò S. Domenico.
La cappella dell’altar maggiore è opera di Taddeo Zuccheri, tenuta da tutti in gran conto e venerazione, e quella del Cardinal Berniero da Correggio frate domenicano l’ha tutta colorita Federigo suo minor fratello. Il quadro però dell’altare dedicato al santo, che sta fra due colonne d’alabastro, è bell’opera di Lavinia Fontana bolognese, ove è anche dipinta una Madonna col figlio in braccio e S. Giacinto in ginocchione.
Di S. Paolo
Incaminandosi verso la basilica sudetta si trova prima S. Alessio, chiesa antica e divota, che è de’ Padri di S. Girolamo, quali nel tempo che n’era protettore il Cardinal Gonzaga la ristorarono, vi fecero dipinger la [p. 67] tribuna et inalzar un bel ciborio; il Cardinal Paravicino et il Padre Generale Lanceo l’abbellirono et ornarono et ora pure si migliora con buon disegno.
Il nobile sepolcro a mano manca con la statua del Cardinal de Bagno, fu scolpito da Domenico Guidi; e lassando di nominar l’altre chiese di poco momento per questa nostra strada fuori e dentro di Roma. La chiesa di S. Paolo sudetto, che è fuori di Roma più d’un miglio nella via Ostiense, di smisurata grandezza, ebbe la sua prima fondazione da Constantino il Magno, fu poi abbellita da diversi pontefici e data alli Padri Benedettini, che servono di penitenzieri. Le porte sono di bronzo intagliato con diverse figure fatte al tempo di Alessandro IV e l’arme di Clemente VI nella facciata della chiesa verso il [p. 68] Tevere fatta di mosaico è bel lavoro di Pietro Cavallini romano.
Dentro la chiesa, dai lati della porta principale, sono collocati
due altari di marmo con ornamenti e figure di basso rilievo opere antiche moderne molto ben composte, e nelle muraglie vecchie della medesima vi sono molte
pitture antiche del Vecchio Testamento fatte dal detto Cavallini.
Dalla parte dell’altar maggiore, che guarda la tribuna, vi è un altare dedicato a S. Brigida, che vi si cala per alcuni gradini, e la figura in marmo scolpita in atto di far orazione è opera di Stefano Maderno romano.
Nell’altare a man destra del maggiore vi è il miracoloso Crocefisso che parlò a S. Brigida, fatto da Pietro [p. 69] Cavallini, secondo che dice l’Alberti Romano nel Trattato de Pittura.
Il quadro, che è nell’altare in mezzo alla tribuna con l’istoria di quando seppelliscono S. Paolo, è bell’opera di Lodovico Civoli fiorentino, per mancamento di vita da lui non in tutto fornita.
In quattro ovati del vano della nicchia vi sono altri fatti di S. Paolo; la prima, che sta posta vicino all’altare è la decollazione, l’altra il miracolo del serpe nell’isola di Malta; dall’altra banda S. Paolo rapito al terzo Cielo, e quando vietò al custode delle carceri che non si ammazzasse il Dottore delle genti con altre istorie tutte dipinte con buona e diligente maniera da Avanzino Nucci da Città di Castello.
Fuori della cappella maggiore in due grandi piedistalli [p. 70] dai lati vi sono le statue de’ SS. Pietro e Paolo lavorate in marmo da Francesco Mochi fiorentino.
Nel primo altare appresso alla sagrestia vi è un quadro con l’Assunzione di Maria Vergine e li apostoli dipinto per mano di Girolamo Muziani, e l’altro che segue con la lapidazione di San Stefano fu colorito da Lavinia Fontana.
In faccia a questo dall’altra parte vi è un altro altare simile, il di cui quadro dipinse Orazio Gentileschi pisano con la Conversione di S. Paolo; et in quello contiguo la pittura di S. Benedetto, che va in estasi con molte figure è di Giovanni de’ Vecchi dal Borgo.
Vi è un’altra Cappella del SS. Sacramento architettata da Carlo Maderno da Como, la cui volta è a fresco dipinta; sta [p. 71] nel mezzo il Re David, che prese dal Sommo Sacerdote il Pane benedetto dipinto con tutto il resto da Anastagio fiorentino.
Dalla cornice in giù vi erano diversi quadri ad olio in teladipinti dal Cavalier Giovanni Lanfranco parmigiano, che rappresentano, la Cena, il Miracolo delli due pesci et altri fatti di Nostro Signore che ora si conservano nella sagrestia, levati per l’umidità; e vi è restato solo il quadretto dell’altare con angioli, et anche la pioggettoia della manna, e delle coturnici e l’istoria de’ serpenti, del medesimo Lanfranco, che per essere colorite a secco si vanno consumando.
Di S. Vincenzo et Anastasio alle tre Fontane
Seguitando il camino per la via Ostiense medema, si [p. 72] trova la chiesa sudetta antica e fatta alla gotica. Fu edificata da Onorio I, Leone III la rifece da fondamenti e vi stanno li Monaci Cisterciensi.
Nelli pilastri tra li archi di essa vi sono a fresco dipinti li dodici apostoli, quali vengono da alcune stampe di Rafaello d’Urbino.
La Madonna col figlio in braccio, colorita con due santi per parte, nella tavola dell’altar maggiore, è di maniera antica assai buona e diligente, con altre figure attorno.
Di S. Maria Scala Coeli
Vicino alla sopraddetta è questa chiesa rifatta con bel disegno dal Cardinal Alessandro Farnese, da fondamenti del 1582 e poi dal Cardinal Pietro Aldobrandini ridotta a perfezione [p. 73] con l’architettura di Giacomo della Porta.
Nella nicchia a man manca, assai ben lavorata di mosaico, vi è la Vergine con Gesù in braccio in una nuvola e sopra due puttini che l’incoronano, a mano destra S. Bernardo Abbate e S. Roberto Abbate suo fratello fondatore dell’Ordine Cisterciense, e Papa Clemente VIII inginocchione; a mano sinistra li SS. Vincenzo et Anastasio Martiri et il Cardinal Pietro Aldobrandini pur inginocchione, da Francesco Zucca fiorentino con disegno assai ben inteso di Giovanni de Vecchi dal Borgo.
Di S. Paolo alle tre Fontane
Dal Cardinal Aldobrandini è stata da fondamenti fabricata la presente chiesa, non lungi dalla sopradetta, con [p. 74] bellissima architettura di Giacomo della Porta, sopra il frontispizio della quale in una parte è la statuetta di S. Pietro e nell’altra quella di S. Paolo, scolpite da Nell’altare a man destra dentro alla nicchia vi è dipinta sopra la tela ad olio la Decollazione di S. Paolo con il miracolo delli tre fonti, di mano di Bernardino Passerotto bolognese, e nella nicchia della parte sinistra vi è sopra l’altare colorita in tela ad olio la Crocifissione di S. Pietro apostolo, opera eccellente di Guido Reni.
Di S. Sebastiano
Nella Via Appia, fuori di Roma un buon miglio, è la Chiesa di S. Sebastiano edificata già da Constantino, quale [p. 75] essendo doppo molti antichi ristori mal ridotta, il Cardinal Borghese nipote di Paolo V la rinovò tutta con bellissima tribuna, di maniera, che non v’è parte di essa che non sia abbellita e rifatta, e la diede alli Monaci di S. Bernardo, per li quale diede ordine che si fabricasse il monastero, come oggettoi si vede.
In chiesa vi sono belle pitture, e fra l’altre, passato l’altare dedicato a Santa Francesca nella facciata a man destra, dove è una porta che conduce alle catacombe, in faccia alla sua scala sono a fresco diversi santi da Antonio Caracci di tutta perfezione.
Il San Girolamo lavorato a fresco nel terzo altare che segue è d’Archita perugino.
Dall’altra parte della chiesa, il primo altare che si trova nell’entrare, ha il quadro dove è dipinto [p. 76] ad olio il Martirio di S. Sebastiano da Pietro Paolo lucchese.
La cappella di questo santo fu rinovata dal Cardinal Barberino con disegno di Ciro Ferri, ricca di pietre et altri nobili ornamenti, e la statua del santo in marmo è scultura del fratello d’Antonio Giorgetti. Nel terzo altare che segue vi è a fresco dipinto S. Bernardo da La tribuna con la sua cuppola e lanternino e gl’adornamenti col disegno dell’altare maggiore è architettura cominciata da Flaminio Ponzio milanese e finita da Giovanni Fiamingo, nel quale è dipinto a fresco il crocefisso con la Madonna e San Giovanni da Innocenzo Tacconi bolognese, allievo d’Anibale Caracci.
A mano manca dell’altare è [p. 77] una porta, che va alla confessione, et in faccia al corridore vi sta un bell’ornamento con dentro dipinta Maria Vergine et il figlio in braccio a sedere in mezzo a molti pellegrini, fatto il tutto dall’Albino col disegno dell’Albano; altri però hanno oppinione che sia lavoro d’Antonio e Sisto Badalocchi, allievi d’Annibale e del Tacconi.
Calando alla confessione sudetta, si vedono sopra un altarele teste de’ SS. Pietro e Paolo, scultura in marmo di Nicolò Cordieri, e ritornando di sopra per l’altra scala, vi è una balaustrata di marmo, et in faccia sono a fresco dipinti per terra morti li SS. Pietro e Paolo per mano del cavalier Lanfranco. Il Bellori però nel suo libro delle Vite de’ Pittoridice che sia lavoro del Badalocchi.
Di S. Nereo et Acchilleo
[p. 78] Nel ritornare in Roma per la Porta ora detta di S. Sebastiano, si trovano molte chiese, e fra l’altre dentro la città: la Cappelletta di S. Giovanni, ante Portam Latinam, tutta dipinta da Lazzaro Baldi, che è delle meglio opere che abbi fatto; la Chiesa di S. Giovanni, con il suo soffitto dipinto da Paolo Perugino per ordine dell’Eminentissimo Rasponi, che ha fatto restaurare tutta la chiesa; S. Cesario de’ Somaschi, titolo di Cardinale; S. Sisto col convento de’ Padri Domenicani, il di cui modello et architettura è di Baccio Pintelli, e poi S. Nereo et Achilleo.
Questa chiesa era antica e mal ridotta, il Cardinal Baronio, avutala in titolo, la ristaurò tutta e poi la rifece da [p. 79] fondamenti e diede in cura alli Padri della sua Congregazione dell’Oratorio.
La facciata della chiesa la dipinse a fresco Girolamo Maffei, et il quadro di S. Domitilla, con due altri santi, posto sopr’un altare a man manca, è opera del Cavaliere dalle Pomarancie.
Di S. Balbina
Sta situata nel Monte Aventino S. Balbina, chiesa ristorata da molti antichi pontefici, come da S. Gregorio II e III et altri, e poi dal Cardinal Pompeo Arrigone, che l’aveva in titolo; stette finalmente sotto la cura degl’Eremitani di S. Agostino, e Pio IV l’unì al capitolo di S. Pietro.
La tribuna è dipinta con diversi santi dal naturale a fresco, figurati [p. 80] da Anastagio Fontebuoni fiorentino.
Di S. Prisca
Prima di giungere a questa, se ne trova un’altra dedicata a S. Sabba, che da Gregorio XIII fu concessa a S. Apollinare per fondazione del sepolcro antico di marmo di Vespasiano e Tito imperatori romani.
La Chiesa di S. Prisca è titolo di Cardinale e l’hanno in cura li Frati di S. Agostino; ultimamente il Cardinal Benedetto Giustiniani rifondò la facciata e l’innalzò a miglior forma, rinovò dentro la confession